La politica che c’è è imbarazzata, la piazza è comprensiva

Andrea Carugati il Manifesto 6 novembre 2022
Pd in corteo con tante linee sulla guerra
Letta: «Coerenti con le scelte fatte», per lui qualche contestazione. I dubbi di Boccia e Delrio su nuove armi. Bindi: con la guerra non si aiuta l’Ucraina


Quelli del Pd sfilano tra le Acli e la comunità di Sant’Egidio. Sono a metà del corteo che lentamente scivola verso piazza san Giovanni, con le loro cinquanta sfumature di pacifismo. «Mi sento a casa», spiega Walter Verini, mascherina gialla e blu, parla a lungo con un gruppo di donne ucraine. Ci sono Debora Serracchiani, Anna Rossomando, Matteo Orfini, Marco Meloni. Marco Furfaro è entusiasta: «Alla fine il Pd c’è, è questo che conta».

STEFANO BONACCINI È UNO dei primi ad arrivare: «Dobbiamo provare a tenere insieme le ragioni di chi è parte dell’Ucraina, ma contemporaneamente chiedere un di più di diplomazia per arrivare a una pace giusta». Arriva anche Dario Nardella, suo potenziale avversario al congresso: «Per favore non fatemi fare ancora polemica con Calenda e Renzi, sono qui perché voglio un negoziato di pace».

Già, la manifestazione del terzo polo a Milano: parecchi dem sono andati dalla concorrenza, tra loro Cottarelli, Casini, l’assessore Maran. Era prevista anche la responsabile esteri Lia Quartapelle, che alla fine dà forfait: «Non sono andata a nessuna delle due manifestazioni». Il grosso del gruppo dirigente nazionale sfila a Roma. Il vicesegretario Peppe Provenzano allarga le braccia: «Milano? Ognuno di noi è libero di andare dove si chiede pace, forse hanno avuto qualche problema logistico». Sorride amaro.

FRANCESCO BOCCIA è perfettamente a suo agio: «Il nostro popolo è qui, in questa piazza ci sono la testa e il corpo del Pd. Abbiamo sostenuto la resistenza ucraina, ora è il momento che la Ue guidi un negoziato di pace e non subisca decisioni di altri. Questa piazza dice che la richiesta di pace è maggioritaria tra gli italiani». Che fare se si dovessero votare altri invi di armi? «Il nuovo Parlamento deve fare una discussione su come andare avanti».

Boccia non segue non la linea «mai più armi» di Conte. Ma apre al dialogo. Anche Delrio (con una giacca della guardia costiera i solidarietà ai migranti in attesa di un porto sicuro) è dialogante: «Conte dice che le armi non sono servite alla causa ucraina? Per noi hanno impedito che la prepotenza russa portasse all’annessione. Ora il tema non sono nuovi invii di armi, ma una conferenza internazionale per il cessate il fuoco». «L’Europa si deve svegliare», sospira Delrio: «Se il governo proporrà nuovi invii ne discuteremo».

LETTA ARRIVA PER ULTIMO, a corteo già iniziato. «Nuove armi? Vaglieremo le proposte del governo. Lavoreremo in continuità con quello che si è fatto, in linea con le alleanze europee e internazionali». Il segretario ci tiene molto a non mostrare cedimenti: «Noi siamo a nostro agio in una piazza che chiede pace, per noi la pace vuol dire la fine dell’invasione russa. Restiamo favorevoli al sostegno alla resistenza ucraina». Attorno ai dem Pancho Pardi guida una delegazione di ucraini, che gridano «Putin fascista».

Il leader Pd prova a dribblare le tensioni con M5S e Calenda: «Non voglio fare polemiche tra le diverse piazze, anche qui a Roma ci sono sensibilità diverse». Spunta anche qualche contestatore: «Guerrafondaio», «Filoameriano del c…», gli grida un gruppo con una bandiera tricolore con la stella rossa, che richiama i vessilli delle brigate partigiane Garibaldi. Boccia prova a sedare: «Si può contestare senza offendere». Loro insistono con i «vaffa».

Letta decide di affrettare il passo, lascia il corteo e si dirige dietro il palco, nella zona destinata alle autorità. Nel tragitto molti lo riconoscono. «È in ritardo, ma almeno è arrivato», grida un anziano. Un paio di ragazzi lo segue, gridano «fascista». Maurizio Acerbo di Rifondazione lo sfotte: «È un guerrafondaio infiltrato tra i pacifisti».

SPUNTA ROSY BINDI, sorridente. Ha le idee chiare: «Con la guerra non si difendono le ragioni del popolo ucraino». E il Pd? «Se sono venuti qui vuol dire che condividono l’appello per un negoziato, spero che ascoltino la piazza». Fratoianni, uno dei pochi a votare no alle armi già a marzo, era stato facile profeta: «Eravamo soli, oggi il fronte si è allargato: inviando armi la guerra non finisce, anzi». Arturo Scotto, che ha sfilato con Bersani e Speranza, si sbilancia: «Nuovi invii vanno discussi in Parlamento. Il nostro sì non è scontato».

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