Papa Francesco: Problema europeo, va affrontato politicamente.

Gian Guido Vecchi Corriere della Sera 7  novembre 2022
Papa Francesco sui migranti: «L’Italia non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa». Il grazie di Meloni
Il Pontefice di ritorno dalla visita in Bahrein: «Necessaria una politica di collaborazione e di aiuto, non si può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano sulle spiagge»

 

SUL VOLO PAPALE – Il volo GF 7028 da Manama ha passato la penisola arabica quando Francesco, dopo quattro giorni di viaggio in Bahrein, raggiunge i giornalisti in fondo all’aereo. Gli auguri al governo Meloni («grazie per l’incoraggiamento. Nelle sue parole saggezza e carità», ha detto la premier in serata) la critica all’Europa sulla gestione dei migranti, «non può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna la responsabilità di tutti coloro che arrivano sulle spiagge». E ancora la guerra in Ucraina e la «terza guerra mondiale», in corso, «quando gli imperi si indeboliscono hanno bisogno di fare guerra per sentirsi forti e anche per vendere armi», l’Iran e la repressione delle donne: «Una società che cancella le donne dalla vita pubblica si impoverisce. Il maschilismo è brutto, uccide l’umanità».

Santità, i migranti. Quattro navi al largo della Sicilia con centinaia di donne, uomini, bambini in difficoltà. Ma non tutti possono sbarcare. Lei teme che in Italia sia tornata una politica dei porti chiusi dal centrodestra? Come valuta su questo la posizione di alcuni Paesi del Nord Europa? E che impressione ha del nuovo governo italiano che per la prima volta è guidato da una donna?

«Eh, è una sfida! Sui migranti, il principio è che vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se non si possono fare questi quattro passi, il lavoro con i migranti non riesce ad essere buono. Seconda cosa che dico, ogni governo dell’Unione europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere. Perché al contrario sono quattro Paesi, quelli che ricevono i migranti: Cipro, la Grecia, l’Italia e la Spagna, i più vicini per i migranti del mare. E la vita va salvata.

Oggi il Mediterraneo è un cimitero, forse il più grande del mondo. Ho letto un libro in spagnolo che si chiama “Hermanito”. È la storia di un ragazzo africano che, seguendo le tracce del fratello, è arrivato in Spagna. Cinque schiavitù ha subìto prima di imbarcarsi. Molta gente, racconta, viene portata di notte alle barche, se non vogliono salire, sparano loro e li lasciano sulla spiaggia. La schiavitù di quella gente, il rischio di morire in mare. La politica dei migranti va concordata fra tutti i Paesi. Non si può fare una politica senza consenso. E l’Unione europea su questo deve prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, Grecia, Italia e Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano sulle spiagge.

La politica dei governi fino a questo momento è stata di salvare le vite, questo è vero. Credo che questo governo abbia la stessa politica, non penso voglia andarsene via, credo che abbia fatto già sbarcare i bambini, le mamme, i malati, da quello che ho sentito, almeno l’intenzione c’era. Ma l’Italia, questo governo, o pensiamo uno a sinistra, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa. La responsabilità è europea.

E poi io vorrei citare un’altra responsabilità europea rispetto all’Africa. lo ha detto una delle grandi donne statiste che abbiamo avuto e abbiamo, Angela Merkel: ha detto che il problema dei migranti va risolto in Africa. Ma se pensiamo l’Africa con il motto “l’Africa va sfruttata”, è logico che la gente scappi da quello sfruttamento. L’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo in Africa. Pensate che in Africa alcuni Paesi non sono padroni del proprio sottosuolo che ancora dipende dalle potenze colonialiste.

È un’ipocrisia, risolvere il problema dei migranti in Europa: no, andiamo a risolverlo anche a casa loro. Lo sfruttamento della gente in Africa è terribile, per questa concezione. Il primo novembre ho avuto un incontro con studenti universitari dell’Africa, ma questi studenti hanno una capacità, una intelligenza, uno spirito critico, una voglia di andare avanti ma a volte non possono per la forza colonialista che ha l’Europa nei loro governi. Se noi vogliamo risolvere il problema dei migranti definitivamente, risolviamo i problemi dell’Africa, aiutiamo l’Africa».
E il nuovo governo?
«Il nuovo governo incomincia adesso, io sono qui, gli auguro il meglio. Io sempre auguro il meglio a un governo perché un governo è per tutti. Gli auguro il meglio perché possa portare l’Italia avanti. E agli altri, quelli contrari al partito vincitore, che collaborino, con la critica, con l’aiuto, ma un governo di collaborazione, non un governo dove ti fanno cadere se non piace una cosa o l’altra. Per favore, su questo io chiamo alla responsabilità: è giusto che dall’inizio del secolo fino ad adesso l’Italia abbia avuto venti governi? Ma finiamola con questi scherzi».

Lei ha invocato seri negoziati di pace per l’Ucraina. Come stanno andando da parte vaticana, ha parlato con Putin o intende farlo?
«Il Vaticano è continuamente attento, la Segreteria di Stato lavora, e lavora bene. Si fa un lavoro di avvicinamento, cercando soluzioni, la Santa Sede fa quello che deve fare, di fronte ai prigionieri, cose che si fanno sempre, la Santa Sede predica per la pace. Mi colpisce ciò che accade, l’Ucraina martoriata, la crudeltà: non è del popolo russo, forse, è un popolo grande, ma dei mercenari che vanno a fare la guerra, preferisco pensarlo così perché ho alta stima del popolo russo, dell’umanesimo russo, basta pensare a Dostoevskij che fino a oggi ispira noi cristiani. Ho un grande affetto per il popolo russo e un grande affetto per il popolo ucraino. All’inizio forse una guerra ci fa coraggiosi ma poi stanca e fa male e il male si vede. In un secolo ci sono state tre guerre mondiali, ’14-’18, ’39-’45 e questa, perché questa è una guerra mondiale, sai? Quando gli imperi si indeboliscono hanno bisogno di fare guerra per sentirsi forti e anche per vendere armi. Oggi credo che la calamità più grande che c’è nel mondo sia l’industria delle armi. Per favore, mi hanno detto che se in un anno non si facessero armi finirebbe la fame nel mondo. L’industria delle armi è terribile. Mio nonno aveva fatto il Piave, mi ha raccontato. A Redipuglia ho pianto. Quanti ragazzi sono rimasti sulla spiaggia della Normandia? Dicono trentamila. Chi pensa a quei ragazzi? La guerra semina tutto questo, voi che siete giornalisti parlate contro le guerre, siate pacifisti, lottate contro le guerre».

Lei appoggia le proteste e l’impegno delle donne in Iran?
«Dobbiamo dirci la verità: talvolta, per i diritti della donna, è una lotta continua, perché in alcuni posti la donna arriva a avere una uguaglianza con gli uomini ma in altri posti no. I diritti sono fondamentali, ma come mai oggi, nel mondo, non possiamo fermare la tragedia dell’infibulazione alle ragazzine? È terribile questo, che oggi ci sia questa pratica, che l’umanità non riesca a fermare questo che è un crimine, un atto criminale. Dobbiamo continuare a lottare per questo, perché le donne sono un dono, Dio non ha creato l’uomo e poi gli ha dato cagnolino per divertirsi, no, ha creato due uguali, uomo e donna. E una società che non è capace di mettere donna al suo posto non va avanti, abbiamo l’esperienza. Ogni volta che una donna entra a lavorare in Vaticano le cose migliorano. Una società che cancella le donne dalla vita pubblica è una società che si impoverisce. Uguaglianza di diritti ma anche di opportunità, perché al contrario la società si impoverisce. Il maschilismo uccide l’umanità».

Il documento sulla fratellanza umana firmato con Al Tayyib, grande imam di Al-Azhar, ad Abu Dhabiu, nel 2019. Poi la visita a Bagdad, il Kazakistan, ora il Bahrein. Il cammino con Islam sta dando frutti?
«La parola chiave è dialogo, e per dialogare bisogna partire dalla propria identità, avere una identità. Adesso il Segretario di Stato Vaticano e il grande imam di Al Azhar sono sullo stesso aereo dal Bahrein al Cairo, insieme, come fratelli. Questa è una cosa che commuove. In questi giorni abbiamo parlato col grande imam di come è venuta l’idea del documento di Abu Dhabi. Lui era venuto in Vaticano per una visita di cortesia, e abbiamo avuto la visita protocollare, se ne andava e nel cammino domandai: ma dove va a pranzare lei? È stata una cosa da dentro, seduti a tavola abbiamo spezzato il pane e lo abbiamo dato uno all’altro: un gesto di amicizia, offrire il pane. Verso la fine, non so a chi è venuta l’idea, “ma perché non facciamo uno scritto su questo incontro?”, così è nato il documento di Abu Dhabi. Non si può pensare a questo senza pensare ad una speciale benedizione del Signore in questo cammino. Mi sembra giusto che voi sappiate come il Signore ha ispirato questa strada. Non sapevo neanche come si chiamava il grande imam e siamo diventati amici».

Nei giorni scorsi molti fedeli francesi hanno scoperto nella stampa che era stata tenuta segreta la condanna nel 2021 di un vescovo ora in pensione che aveva compiuto abusi negli anni Novanta. Molti cattolici desiderano sapere se la cultura della segretezza della giustizia canonica dovrebbe cambiare e diventare trasparente.
«Questo il problema degli abusi sempre c’è sempre stato, non solo nella Chiesa, dappertutto, come l’abitudine di coprire. Nella Chiesa ha cominciato a cambiare con lo scandalo del cardinale Law a Boston, la Chiesa ne ha preso coscienza. C’è ancora gente dentro la Chiesa che ancora non la vede chiara, è un processo che stiamo facendo con coraggio e non tutti abbiamo coraggio, a volte c’è la tentazione dei compromessi, ma la volontà della Chiesa è chiarire tutto. Ho ricevuto negli ultimi mesi due lamentele di abuso che erano state coperte, non giudicate bene dalla Chiesa, e subito ho detto: si studia di nuovo, e si sta facendo un nuovo giudizio: revisione di giudizi vecchi non ben fatti. Siamo peccatori, la prima cosa che vogliamo sentire è la profonda vergogna per questo. La vergogna è una grazia. Per questo Ignazio di Loyola, negli Esercizi spirituali, dice che bisogna arrivare fino alla vergogna e se non hai quella grazia non puoi andare avanti».

La Chiesa in Germania (impegnata in un sinodo riformista, ndr) perde ogni anno 300 mila credenti, una crisi profonda. Cos’ha da imparare dalla Chiesa piccola ma vivace e piena di speranza del Bahrein?
«Ai cattolici tedeschi dico: la Germania ha una grande bella chiesa evangelica, non ne vorrei un’altra che non sarà tanto buono come quella. La voglio cattolica, in fratellanza con l’evangelica. Delle volte si perde il senso religioso del santo popolo di Dio e cadiamo nelle discussioni eticiste. Ma la radice è lo schiaffo che ti dà il Vangelo: da lì il coraggio apostolico. Se non ci sarà un incontro con Gesù Cristo, ci sarà un eticismo travestito da cristianesimo».

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