Ferdinando Cotugno Domani 7 novembre 2022
Inizia la Cop27, la tappa più indecifrabile e complicata
La Cop27 a Sharm el-Sheikh è la più indecifrabile e probabilmente la più difficile del lungo cammino di negoziati Onu sui cambiamenti climatici iniziato a Berlino nel 1995. L’obiettivo ufficiale del vertice in Egitto è: implementazione.
Non ci sono un trattato da scrivere, come a Parigi nel 2015, né un patto da stringere, come a Glasgow nel 2021, ma una serie di obiettivi vaghi e allo stesso tempo decisivi: proteggere il processo di decarbonizzazione da guerra, crisi energetica e inflazione, rafforzare una fiducia tra i blocchi mai così bassa, riparare la frattura che si sta spalancando tra i paesi che hanno causato il grosso della crisi climatica e quelli che ne stanno soffrendo gli effetti peggiori.
Come ha detto l’inviato italiano per il clima Alessandro Modiano, «sarà una Cop di transizione», ma in questa edizione di passaggio c’è poco da guadagnare e molto da perdere.
I TEMI IN AGENDA
Come ha spiegato Alden Meyer, senior associate del centro studi E3G, «c’è da capire se immaginiamo un’azione per il clima con i combustibili fossili o senza combustibili fossili». Sembra un paradosso logico, ma nelle politiche dei 193 paesi coinvolti nel negoziato non si vede una strategia comune per rinunciare a carbone, petrolio e gas.
L’Agenzia internazionale dell’energia, nel suo World Energy Outlook 2022, ha scritto che il picco è vicino (2025), che il gas non può essere considerato più una fonte di transizione e che la guerra può accelerare il cammino dell’energia pulita. Ma gli investimenti fossili continuano senza sosta, e anche i fragili risultati del patto per il clima di Glasgow sono impegni molto più teorici che concreti.
Secondo i dati dell’Onu la direzione oggi è fosca: con le attuali policy energetiche il mondo corre verso un aumento delle temperature globali di 2,8°C. Un numero che significa catastrofi, e non solo remote nello spazio e nel tempo.
L’altro grande tema di cui si discuterà a Sharm el-Sheikh è come affrontare i danni che la crisi climatica sta già facendo sui paesi meno responsabili e meno attrezzati ad affrontarla: il caso di studio è quello del Pakistan, con un monsone da migliaia di morti e un conto per la ricostruzione da oltre 40 miliardi di dollari. Il blocco G77 (guidato e spesso strumentalizzato dalla Cina) chiede risposte urgenti: è il capitolo che in diplomazia climatica si chiama «loss and damage» (danni e perdite, appunto).
A Glasgow durante il precedente vertice Cop26, la discussione su questo tema aveva fatto vacillare la fiducia e la cooperazione tra i paesi, in Egitto rischia di spaccarla del tutto, se non si arriverà a una definizione operativa su cifre e meccanismi.
Il rischio concreto è che il mondo, dopo le due settimane di negoziato, esca ancora più fratturato, proprio a causa dell’unico tema – il clima – che si provava a tenere isolato da ogni altra tensione geopolitica. Sarà anche la Cop dell’Africa, con il continente più contraddittorio alla ricerca di risorse per non trasformare ancora di più il suo sviluppo in una catastrofe ecologica. Per riuscirci servono i flussi finanziari evocati a Glasgow ma ancora non concretizzati.
Per l’Italia sarà il debutto sulla scena globale di Giorgia Meloni, che parteciperà al vertice con un intervento nel tardo pomeriggio di domani. Sarà accompagnata dal ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Il suo discorso sarà uno dei più ascoltati del vertice, perché, al di là della retorica, non è ancora chiaro come l’Italia deciderà di giocare questa partita.
Parleranno anche Scholz e Macron, assenze annunciate quelle di Modi e Xi Jinping, mentre Biden dovrà destreggiarsi tra il suo desiderio di leadership climatica e le contingenze domestiche delle elezioni di midterm, che si svolgono durante la Cop27 e rischiano di galvanizzarla o deprimerla, a seconda del risultato dei democratici.
Sullo sfondo c’è il ruolo dell’Egitto, paese ospite che da un lato sarà portavoce dei bisogni di un continente e dall’altro non sembra interessato a far svolgere questo vertice in un clima di partecipazione democratica.
Attivisti e società civile potranno manifestare il dissenso solo seguendo regole rigide da stato di polizia, in questo modo viene a mancare uno degli ingredienti fondamentali per la riuscita di una Cop: la pressione delle piazze, che in Egitto sono luoghi di paura e repressione.
