Quell’America al voto che non si fida più di sé stessa

Viviana Mazza Corriere della Sera 7  novembre 2022
Quell’America al voto che non si fida più di sé stessa
C’è una fetta della popolazione americana che non si fida più del sistema, e questo non cambierà chiunque vinca alle elezioni di midterm di domani.

 

Un sondaggio stima che si tratta del 66% degli elettori repubblicani. Dale e Melissa, che sabato scorso sono stati in fila per due ore con le migliaia di altre persone per entrare all’aeroporto di Latrobe per il comizio di Trump, vengono da Butler, sobborgo a nord di Pittsburgh a un’ora di distanza. Dicono che l’elezione del 2020 è stata rubata. Dale teme che l’elezione attuale verrà cancellata con qualche scusa, poiché «i democratici sanno che cosa li aspetta». Per loro era il primo comizio, ma sono saliti sul «treno di Trump» nel 2015. «Lui non era un politico, tutti i politici mentono», spiega Dale.

Nella stessa mattinata c’era stato un altro comizio a Pittsburgh, quello di Obama: «Non è un cittadino americano», afferma Melissa, che riconosce di non averne le prove ma spiega che è difficile trovarle, bisogna fidarsi. Oggi sono sempre meno interazioni tra le persone, sottolinea, e ormai stiamo tutti sempre sui cellulari. «Ma io ho fiducia in Dio». Passano i venditori di gadget e di cibo. Lei compra per 20 dollari una bandiera che dice: «Trump è il mio presidente, Gesù è il mio salvatore». Lui pretzel e una tazza di MyCoffee, il caffè di Mike Lindell, «l’uomo dei cuscini», il Ceo di My Pillow, che ha diffuso le accuse di Trump. Una donna chiacchiera con l’amica che ci regala un segnalibro con un passaggio della Bibbia.

Parlano di Mehmet Oz, il candidato repubblicano per il Senato e celebrità televisiva. «Non so cosa pensare di lui», dice la prima. «Andava sempre da Oprah, è un traditore», dice l’altra. C’è anche Oz a questo comizio, Trump sottolinea che bisogna farlo vincere, e lui ha bisogno dei voti dei sostenitori dell’ex presidente, ma anche dei repubblicani non trumpiani in altre zone della Pennsylvania. Durante quegli incontri — come la sera prima nel benestante sobborgo di Wexford — Oz non nomina l’ex presidente. C’è anche Doug Mastriano, in lizza per la poltrona di governatore, un poster della sua campagna elettorale spunta dalla spazzatura all’ingresso, accanto alle sedie pieghevoli che i proprietari hanno dovuto abbandonare davanti ai metal detector (fanno parte degli oggetti proibiti).

Durante le primarie repubblicane, i democratici hanno finanziato spot a favore di Mastriano e di altri candidati trumpiani in altri Stati, sostenendo che avrebbero perso, giudicandoli troppo estremisti per vincere. Ma che vincano o no, il loro messaggio e quello di Trump ha convinto molti cittadini. Anche l’autista Uber che ci riporta a Phoenix, in Arizona, nella notte crede che in Pennsylvania ci siano stati brogli nel 2020: «Trump è uno stronzo — dice —, non accetta merda da nessuno, ed è per questo che mi piace».

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