Orlando: «I veri amici di Conte sono quelli che vogliono un Pd centrista»

Andrea Carugati il Manifesto 10 novembre 2022
Orlando: «Moratti? Se il Pd sbanda al centro è finito»
L’ex ministro: «Bettini ha ragione, serve una critica al capitalismo Il partito vivrà solo se si trova una sintesi vera sui temi sociali»

 

Andrea Orlando. La questione di un vostro sostegno a Letizia Moratti sembrava chiusa. Ieri invece si è detto a favore un autorevole dirigente come Luigi Zanda. Questo sbandamento cosa dice sulla salute del Pd?
Rispetto l’opinione di Zanda, ma non ci sono i presupposti per un’operazione strumentale che si ritorcerebbe contro il Pd. La genesi del passaggio di Moratti dalla destra al centro è così evidentemente strumentale da rendere impraticabile anche una ardita operazione tattica. Però voglio distinguere tra chi, come Zanda, vorrebbe fare questo tipo di operazione – che non condivido- e chi arriva addirittura a scandalizzarsi perché il Pd dice no a Moratti. É chiaro che queste posizioni immaginano la trasformazione del Pd in una forza centrista, ben diversa anche dal suo progetto originale del 2007. Una deriva fatale per la sopravvivenza del partito.

Letta ha immaginato un congresso costituente in cui prima di decidere il leader si trovi un nuovo terreno comune di valori per tutti. Lo troverete?
Le condizioni per una sintesi ci sono. Mi preoccupa però che per alcuni questo percorso sia solo una perdita di tempo, un fastidio burocratico. Se vogliamo coinvolgere realtà esterne, non possiamo avere un atteggiamento di sufficienza. Io non penso che oggi possiamo bastare a noi stessi. Ma se la costituente deve essere vissuta con fastidio, allora è meglio lasciar perdere.

Nel frattempo siete sotto l’attacco di Calenda e Conte.
Ci sono due opa ostili, che giudico miopi, perché attaccando noi si indebolisce la prospettiva di una alternativa alle destre. Tra loro c’è anche un evidente gioco di sponda nell’accerchiamento. In questa fase servirebbe un fronte comune nel Pd, per rispondere all’aggressione che sta funzionando di più: quella di Conte. E la risposta possibile  è mettere a fuoco la posizione sulla guerra e chiarire la ricetta per rispondere alla crisi sociale. Solo un Pd con un posizionamento chiaro sui temi sociali può far fronte alla competizione del M5S e far esplodere le loro contraddizioni.

Sulla guerra Conte resta in vantaggio, nonostante la vostra partecipazione alla piazza si Roma.
La presenza a piazza San Giovanni è solo un primo passo nella direzione di una maggiore articolazione della nostra linea. Con la tradizione pacifista, che è quella di larga parte del nostro popolo, dobbiamo interloquire nella chiarezza, cosa che non sempre è avvenuta negli ultimi mesi. E non basta schierarsi in modo assertivo con l’Ucraina, occorre anche una proposta sul fronte politico-diplomatico.

Alcuni dem erano in piazza a Milano con Calenda e Renzi.
Un errore: quella manifestazione era stata convocata solo per mettere in difficoltà il Pd. Ripeto: la presenza a Roma è solo l’inizio, ora si deve andare avanti. Ma il punto dirimente è la nostra posizione sui temi sociali, su cui serve più chiarezza.

Goffredo Bettini ha detto che nel Pd convivono due culture: una che sposa l’attuale modello di sviluppo, l’altra propone una critica del capitalismo. Nel 2022 è solo un’utopia?
Solo in Italia questa discussione sul modello di sviluppo è considerata un tabù. Questo è il principale dei nodi che il Pd non ha sciolto. E non si tratta solo di un problema strategico, ma attualissimo: da questa riflessione derivano le ricette che proponi su temi come la tassazione degli extraprofitti, il salario minimo, le politiche industriali, il lavoro povero e precario. Su temi come l’Europa e i diritti civili il Pd ha trovato una sintesi vera, sull’agenda sociale spesso nell’azione quotidiana ci limitiamo a giustapporre ricette diverse e andiamo in tilt: questo produce un balbettio sull’oggi e il silenzio sul futuro. Sciogliere questo nodo è vitale per la sopravvivenza del partito.

Davvero ritiene che ricette così diverse possano ancora coabitare nella stessa casa?
Ci sono grandi difficoltà, e l’esito di una fase costituente non è scontato. Le condizioni per una sintesi ci sono, le critiche all’attuale modello di sviluppo arrivano da culture diverse: socialista, cattolica e ambientalista.

Chi potrebbe essere il candidato della sinistra interna?
Ci dovrà essere in campo una candidatura che espliciti questo punto di vista, è nell’interesse di tutto il Pd. Valuteremo insieme la proposta migliore. La cosa fondamentale è che i candidati si cimentino su questi temi, dicano cosa pensano. C’è un vuoto strategico che non si riempie con una gara tra aspiranti leader. Come sinistra, il nostro primo compito è portare un contributo di idee nella costituente.

Stefano Bonaccini, il principale candidato in pectore, dice che non si deve fare troppa filosofia e si concentra sul nuovo rigassificatore di Ravenna.
Il rigassificatore risponde a un’emergenza, ma non definisce un’identità politica. Non credo che una decisione del genere parli a chi è in difficoltà, al lavoro povero. Il pragmatismo è una condizione necessaria ma non più sufficiente a garantire un insediamento sociale.

Lei domani parteciperà alla presentazione del nuovo libro di Bettini con Conte. Già si parla della nascita di una forza di sinistra alleata col M5S.
Chi lo pensa mostra una certa pigrizia intellettuale. I veri alleati di Conte sono quelli che vogliono spostare il Pd al centro nel nome della guerra al M5S. Se dal congresso uscisse un Pd centrista, questo sarebbe un favore enorme e immeritato per Conte.

Quali alleanza alle regionali in Lombardia e nel Lazio?
Non dobbiamo rincorrere nessuno. Il Pd ha fatto i passi necessari, la risposta di Conte è preoccupante. Se alla caduta di Draghi alibi e ragioni tra noi potevano confondersi, nel Lazio c’era una coalizione unita su Zingaretti, e il M5S non ha subito alcuna penalizzazione. Per questo Conte deve spiegare perché rompe un’alleanza che era sopravvissuta anche alla vicenda del termovalorizzatore di Roma: se pensa di fare il bis e capitalizzare ancora una volta la rottura col Pd secondo me sbaglia.

E Calenda?
Per una questione di dignità, prima di sedersi ancora al tavolo con lui serve un chiarimento vero sulla rottura unilaterale di agosto. Non possiamo fare finta di niente, altrimenti non saremmo credibili.

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