E’ l’Italia fai-da-te, patriottica ma ancora una volta sotto schiaffo.

Andrea Malaguti La Stampa 10 novembre 2022
Volevamo spezzare le reni alla Francia
Interpretando il virile spirito dei tempi credevamo di avere spezzato le reni ai francesi. Peccato che adesso i francesi le spezzino a noi, con una “incazzatura” che a Paolo Conte gli fa un baffo. Il cortocircuito suicida della muscolarità parolaia di Meloni e Salvini sui migranti produce i suoi primi prevedibili effetti.

 

Parigi ci accusa, Berlino si accoda e l’Unione ci isola. È bastata una settimana per mandare in mille pezzi i propositi blandamente europeisti della destra di governo. Un disastro da Guinness dei primati che archivia l’era della pace-draghiana e apre quella del muro contro muro.

Difficile comprendere quale sia il patriottico vantaggio per tutti noi, inevitabilmente appesi alla possibilità di incassare aiuti e flessibilità da Bruxelles nelle ore definite dalla stessa presidente del Consiglio «le più dure nella storia della Repubblica». Inflazione, guerra, pandemia. Con quale criterio si decide di impegnarsi in un marginalissimo e insensato scontro su un pugno di esseri umani raccolti tra le onde del Mediterraneo, spappolando i rapporti con Macron e irritando Von der Leyen?

Convinta, come il selvaggio di Kant, che il sole sia sorto solo perché lei ha aperto gli occhi, Giorgia Meloni ha immaginato di cambiare arbitrariamente le regole di un gioco che fa litigare il Vecchio Continente da un paio di decenni e che ha prodotto accordi e trattati forse ingiusti, e certamente rivedibili, ma sottoscritti anche da Roma. E ha creduto in queste ore barbariche di profughi umiliati e di neonati inghiottiti dal mare, che fosse necessario affidarsi alla mediocre tracotanza da “pacchia finita” per chiarire all’Italia del caro bollette che è cominciata l’era del pugno duro contro i poveri della terra, confondendo giustizia e prepotenza. E sorvolando sul fatto che poveri, sulla terra, stiamo diventando anche noi.

La premier di ferro si è illusa di dare una spallata d’avvertimento a Bruxelles, senza capire che quando fai parte di un club non puoi irridere i soci senza che quelli ti presentino il conto.

Sostenuta dal tandem indistinguibile Salvini-Piantedosi è riuscita a vellicare il micragnoso orgoglio nazional-populista facendo finta di ignorare che anche i francesi ne hanno uno, uguale e contrario. Si è illusa, ostentando ironia sprezzate e passione gelida, che spedire la Ocean Viking al porto di Tolosa restituisse dignità e centralità all’Italia, finendo per sbatterla nuovamente in quell’angolo da cui il suo predecessore l’aveva faticosamente affrancata.

Parigi, apparentemente disposta a farsi complice di una trattativa discreta e sottotraccia per suddividere il peso dei nuovi arrivi, ha reagito alle pubbliche smargiassate tricolori con ritorsioni altrettanto violente e ugualmente infantili, congelando per il 2023 il ricollocamento di migliaia di migranti sbarcati sulle nostre coste, blindando i confini e chiamando in soccorso Berlino e Bruxelles.

Errori precoci, marchiani, scelte politiche inconcepibili per una premier che all’inizio del mese si è presentata decisa, ma conciliante davanti ai parigrado continentali. Colloqui franchi, apparentemente produttivi, che l’hanno spinta a dichiarare orgogliosa al suo uditorio adorante: «L’Europa ha capito che non siamo marziani». Ha ragione. Siamo decisamente umani, pur non sapendo cosa sia l’umanità. Ora l’epoca delle photo-opportunity Draghi-Scholz-Macron è definitivamente archiviata. Si ricomincia da capo con l’esecutivo turbo-reazionario e un’Italia fai-da-te ancora una volta sotto schiaffo. Non male come risultato per pochi giorni di lavoro.

 

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