Giovanna Vitale La Repubblica 11 novembre 2022
Lazio, il candidato sarà D’Amato: il Pd vira verso il Terzo polo
Ma in Lombardia la partita resta ancora aperta. L’appello di Moratti a Letta e forze alleate: “Incontriamoci”. Muro dem
Ora è ufficiale. Carlo Calenda, che lo aveva indicato per primo, ha avuto la meglio: sarà Alessio D’Amato il candidato del Pd alle regionali del Lazio. Mentre in Lombardia la partita resta aperta: Letizia Moratti, lanciata sempre dal Terzo Polo, propone “incontriamoci per parlare di temi concreti” alle forze di centrosinistra che “faticano ad accettarmi”. La stessa richiesta avanzata in mattinata dal leader di Azione ai sindaci progressisti, da Gori e Del Bono, per parlare di programmi. Secca la replica degli amministratori dem: per costruire una coalizione ampia bisogna prima levare dal tavolo i nomi. Poi, si può iniziare a discutere.
Segno che qualcosa si muove, anche se ancora molto rimane da definire. Al contrario di quanto avvenuto nel Lazio, dove invece l’assessore alla Sanità è stato incoronato dai vertici democratici giusto in tempo per evitare l’ennesima bancarotta politica. Pochi minuti prima che D’Amato riunisse i suoi sostenitori in un Teatro Brancaccio affollato all’inverosimile – prova di forza voluta per lanciare la sua corsa a dispetto di ras e correnti che hanno provato in ogni modo a fermarlo – il segretario Enrico Letta ha convocato i responsabili del partito, locale e nazionale, e acceso semaforo verde. Marcando una svolta in grado di indicare una rotta per il futuro: il Pd sceglie di virare verso il Terzo polo e di rompere una volta per tutte con il M5S proprio nella Regione-laboratorio del campo largo, quella in cui i giallorossi hanno governato insieme, resistendo anche alla caduta del Conte2 e alle liti furibonde fra alleati, ormai irrimediabilmente ex.
Non è allora un caso se fra il migliaio di partecipanti alla convention organizzata per celebrare i successi del candidato demo-azionista – l’uomo della lotta al Covid e dei 2 miliardi di buco ripianati nella Sanità – mancasse proprio Nicola Zingaretti. Fino all’ultimo il presidente fresco di dimissioni ha lavorato per tenere in piedi l’alleanza coi grillini, d’accordo con Dario Franceschini e di sponda con Goffredo Bettini: provando a tessere una tela che portasse all’investitura del suo vice, Daniele Leodori, o in alternativa di Enrico Gasbarra.
Sono loro i veri sconfitti di questa partita. Perduta insieme al progetto di un centrosinistra unito che da ieri, complice la strategia contiana di spolpare il Pd sfilandogli la bandiera progressista, sembra morto per sempre. Almeno a queste latitudini. Con gran sollievo della folta truppa di parlamentari e dirigenti pd – incluso il sindaco Gualtieri e il senatore Meloni, braccio destro di Letta al Nazareno – accorsi ad acclamare “l’ammazza-correnti” insieme a Calenda e Boschi. Schierato, D’Amato, al contrario dell’ormai ex presidente del Lazio, a favore del termovalorizzatore di Roma su cui Conte ha sfasciato l’alleanza: “Si deve fare”, non esita l’assessore. “Non dobbiamo lasciare la patente progressista e riformista a nessuno, men che mai a chi ha firmato i decreti sicurezza di Salvini”, attacca dal palco. Esortando il suo stesso partito, che martedì deciderà se tenere o no le primarie di coalizione, “a fare in fretta: non regaliamo la Regione alla destra”. Primarie che in Lombardia potrebbero svolgersi, se non si raggiungerà un’intesa con il Terzo polo, entro metà dicembre
Due sfide elettorali che potrebbero cambiare gli assetti del centrosinistra e dell’opposizione al governo Meloni. Sullo sfondo di un congresso, quello del Pd, che resta il convitato di pietra delle trattative in corso. Letta sta infatti lavorando per stringere i tempi e allestire i gazebo a febbraio. Ma non tutti sono d’accordo. Mentre nuovi candidati si scaldano a bordo campo. A iniziare da Elly Schlein, che nelle prossime ore annuncerà la sua iscrizione al partito. Per poi misurarsi alle primarie.