Chiara Saraceno La Stampa 14 novembre 2022
Falsa partenza per le famiglie
Il sostegno alla famiglia quale «nucleo primario della società», con particolare attenzione per l’incentivazione delle nascite è stato uno degli obiettivi indicati per il suo governo dalla Presidente del Consiglio Meloni nel corso delle dichiarazioni programmatiche alla Camera e al Senato.
Esso dovrebbe realizzarsi, sempre a detta della premier, con il passaggio dalla tassazione individuale al quoziente familiare, il potenziamento dell’assegno unico e una maggiore disponibilità e gratuità degli asili nido.
Dati gli attuali vincoli di bilancio e la necessità di fare fronte ai costi della crisi energetica per famiglie e imprese, è improbabile che questa agenda rientri tra le priorità del governo, che al massimo potrà intestarsi l’aumento nell’offerta di nidi prevista dal Pnrr e di quanto già previsto, anche per i prossimi anni, per i costi di gestione dalla legge di stabilità del 2022. Per altro, le prime mosse del governo sembrano segnalare che le priorità siano altre: un innalzamento fuori proporzione della soglia per accedere alla flat tax nel caso degli autonomi e la defiscalizzazione dei premi aziendali per i lavoratori dipendenti, oltre a quota 102 per le pensioni – tutte misure molto costose, con problemi non irrilevanti di equità, che sottraggono risorse alle misure promesse di sostegno alle famiglie con figli.
Anche queste ultime tuttavia vanno considerate con attenzione dal punto di vista sia dell’equità sia dell’efficacia. L’aumento dell’offerta di nidi (di qualità) e la loro gratuità va senza dubbio nella giusta direzione, perché consentirebbe a molte più madri di conciliare famiglia e lavoro, allo stesso tempo creando posti di lavoro buono.
Soprattutto allargherebbe a molti più bambini la possibilità di accedere ad esperienze educative extra-famigliari in un’età cruciale per lo sviluppo. Questo allargamento andrebbe completato con la diffusione capillare del tempo pieno nella scuola dell’infanzia e almeno primaria, anche questo gratuito, così come deve essere veramente gratuita (inclusi i libri e la mensa) l’istruzione. Anche il rafforzamento dell’assegno unico è una buona idea, ma se va in direzione del rafforzamento dell’importo base per renderlo davvero universalistico e ripensando il meccanismo di agganciamento all’Isee che, se ha legittime ragioni redistributive, contiene di fatto un disincentivo all’occupazione materna, specie nei ceti economicamente più modesti, con effetti negativi nel medio-lungo periodo (quando i figli diventano maggiorenni) sul bilancio familiare e sull’autonomia economica delle madri.
Questo effetto negativo è particolarmente presente nel caso della misura bandiera di FdI (e di alcune associazioni familiari): il quoziente familiare da applicare in sede di imposizione fiscale per ora anticipato per l’accesso al Superbonus. A prima vista è più equo della tassazione individuale, perché tiene conto sia dell’insieme dei redditi presenti in una famiglia sia di quante sono le persone che di esso vivono. L’esito sarebbe che, a parità di reddito famigliare complessivo, l’imposta dovuta calerebbe con l’aumentare del numero dei componenti della famiglia, come avviene in Francia, l’unico paese europeo che adotta, appunto, il quoziente famigliare a fini di imposizione fiscale.
La Germania ne ha una versione molto più ridotta, e opzionale (a differenza della Francia), lo splitting, che considera solo la coppia, non anche i figli eventuali. Questo modo di calcolare l’imposizione fiscale presenta tuttavia sia i rischi di equità tra famiglie di uguale ampiezza ma reddito diverso, favorendo di fatto le famiglie con redditi alti, cui abbassa sostanziosamente l’aliquota, sia di rafforzamento delle disuguaglianze di genere, perché favorisce le famiglie monoreddito e quelle in cui i redditi dei due partner sono molto asimmetrici.
Viene così, di fatto, scoraggiata del tutto o in parte l’occupazione femminile, di nuovo con effetti negativi sull’autonomia economica delle donne, delle madri, specie se a bassa qualifica. Uno scoraggiamento di cui non si sente la necessità in un paese a basso tasso di occupazione femminile e in cui è ampio il divario nella partecipazione al mercato del lavoro tra madri e non madri e tra donne ad alta e bassa istruzione.
Per aiutare a sostenere il costo dei figli, è meglio, accanto ad un assegno unico rafforzato, rendere davvero universali servizi per la prima infanzia e scuole, ed anche rendere economicamente accessibili a tutti i bambini e adolescenti musei, teatri, attività sportive.