Paolo Mastrolilli La Repubblica 16 novembre 2022
Dal G20 la condanna del conflitto in Ucraina. L’ambiguità della Cina
Xi ha detto a Macron che vuole un cessate il fuoco, però i missili di ieri hanno chiarito che il fuoco più pericoloso lo fa il suo alleato Putin
Ma quanti sono questi Paesi del G20, la maggior parte dice il comunicato finale che è stato approvato, che hanno “condannato con forza la guerra in Ucraina e sottolineato che sta causando immense sofferenze umane, esacerbando le fragilità esistenti nell’economia globale”? Perché dalla conta, destinata a diventare pubblica oggi alla fine del vertice di Bali, si capirà anche quanto isolata sia Mosca, e quindi quanto vicina una possibile soluzione diplomatica del conflitto. A maggior ragione urgente dopo i due missili atterrati ieri in Polonia, anche se per errore, che oggi domineranno la conclusione del G20 e potrebbero portare all’invocazione degli articoli 4 o 5 della Nato.
Ma quanti sono questi Paesi del G20, la maggior parte dice il comunicato finale che è stato approvato, che hanno “condannato con forza la guerra in Ucraina e sottolineato che sta causando immense sofferenze umane, esacerbando le fragilità esistenti nell’economia globale”? Perché dalla conta, destinata a diventare pubblica oggi alla fine del vertice di Bali, si capirà anche quanto isolata sia Mosca, e quindi quanto vicina una possibile soluzione diplomatica del conflitto. A maggior ragione urgente dopo i due missili atterrati ieri in Polonia, anche se per errore, che oggi domineranno la conclusione del G20 e potrebbero portare all’invocazione degli articoli 4 o 5 della Nato.
Il documento di sedici pagine riconosce che “esistono altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e le sanzioni”. Di sicuro abbiamo capito che la Cina continua a tenere il piede in due staffe, perché martedì aveva avviato il disgelo con gli Usa durante il vertice tra i presidenti Biden e Xi, ma ieri è tornata all’ambiguità, se non al sostegno aperto del suo “alleato senza limiti” Putin.
La discussione sul testo, secondo cui “l’epoca odierna non deve essere un’era di guerra”, dura da giorni. Ieri mattina un alto funzionario della Casa Bianca ha spiegato che l’obiettivo è isolare la Russia e condannare la sua aggressione dell’Ucraina, concentrando l’attenzione su due punti: “Primo, la sofferenza che sta infliggendo a tutto il mondo con la sua guerra, che è la causa principale dell’instabilità economica globale, l’emergenza alimentare e quella energetica; secondo, consolidare il consenso per intraprendere azioni concrete allo scopo di risolvere questi problemi”.
Essendo il G20 nato per focalizzarsi sull’economia, lo scopo della condanna è attribuire a Mosca tutti i problemi provocati dal suo attacco, che includono la crisi alimentare, quella energetica, e di conseguenza l’inflazione rampante in tutto il mondo. Nello stesso tempo, però, l’obiettivo pratico è avviare azioni concrete per rimediarvi, come ad esempio l’uso degli strumenti multilaterali per alleviare il peso del debito sui Paesi più poveri e in difficoltà. “Anche su questo – ha spiegato l’alto funzionario della Casa Bianca – diciannove Paesi sono d’accordo, mentre uno solo frena i possibili progressi”. Una chiara strizzata d’occhio ai Paesi poveri ed emergenti, su cui Cina e Russia puntano per costituire una coalizione alternativa a quella occidentale, se non apertamente ostile.
Il presidente indonesiano Joko Widodo ha aperto ieri il G20 ammonendo che “la collaborazione è necessaria per salvare il mondo. Essere responsabili significa mettere fine alla guerra. Se non finisce sarà difficile prendere decisioni per le generazioni future: non dobbiamo permettere al mondo di cadere in una nuova Guerra Fredda”. Il cinese Xi Jinping ha ammonito che “dobbiamo opporci fermamente alla politicizzazione, strumentalizzazione e militarizzazione dei problemi alimentari ed energetici”. Però non ha condannato chi ha provocato questi flagelli, unendosi alla Russia nell’opporsi all’uso della parola “guerra” nel comunicato.
Il ministro degli Esteri Lavrov, non boicottato dagli altri presenti, è arrivato alla provocazione di sostenere che “sì, c’è una guerra in Ucraina, una guerra ibrida che l’Occidente ha scatenato e preparato per anni”. Gli stessi Paesi che ora “hanno cercato in ogni modo di politicizzare la dichiarazione finale”. Poi però ha lasciato i lavori, forse anche per la gelida accoglienza ricevuta a Bali, mentre Biden ha saltato la cena di gala, ma non per problemi di salute o perché ha contratto il Covid.
La Russia non approverà il documento, mentre resta incerta la Cina. Xi ieri ha detto che bisogna “evitare la mentalità della Guerra Fredda e la divisione tra blocchi”, ma dopo il silenzio sull’uso delle atomiche seguito al vertice con Biden, è servito l’intervento del ministro degli Esteri Wang per chiarire che “la guerra nucleare non può essere combattuta”. Xi ha detto a Macron che vuole un cessate il fuoco, però i missili di ieri hanno chiarito che il fuoco più pericoloso lo fa il suo alleato Putin. E non è con l’ambiguità sull’uso della parola guerra nel comunicato finale che si arriva più facilmente alla pace.