Emanuela Audisio La Repubblica 20 novembre 2022
Oggi Qatar-Ecuador, Gara Inaugurale (Ore 17)
Eppur si gioca La Coppa per ora è un caso politico
Infantino al contrattacco per salvare il Mondiale: “Dall’Occidente solo ipocrisie”. Dopo la birra, il divieto delle fasce arcobaleno
Mai successo, si è rovesciato il mondo. Oggi inizia il Mondiale e il calcio è sparito. Via, sciò. Tattiche, fuorigioco, rigori? Non una parola. Ma siamo alla Fifa o all’Onu? C’è un coming out («Sono gay»), la dichiarazione di essere stato bullizzato da piccolo in Svizzera («Avevo i capelli rossi, le lentiggini, e in più ero italiano »), un’accusa di colonialismo al Vecchio continente («Per quello che hanno fatto gli europei nel mondo negli ultimi tremila anni, dovrebbero passare i prossimi tremila a scusarsi prima di dare lezioni alla gente »). E non finisce qui, c’è anche la critica all’Occidente ipocrita: «Quante delle aziende europee che guadagnano milioni dal Qatar hanno affrontato i diritti dei lavoratori migranti con le autorità? Nessuna di loro, perché se cambi la legislazione significa meno profitti».
Accidenti, niente male, per essere uno che un mese fa invitava tutti a concentrarsi sul calcio, e a non mischiarlo con altro. Bè il mondo è cambiato e questo altro ha preso il sopravvento. Gianni Infantino, presidente della Fifa, doveva presentare la festa del Mondiale, invece non si è sottratto al fuoco delle domande, e ha parlato di ingiustizie, di guerre, di false morali.
È stato diretto, ha citato l’omosessualità, grande tabù del calcio maschile, per dire che lui non ha paura a rappresentare simbolicamente tutte le minoranze. L’ha detto dall’alto della sua posizione, ma mai prima una conferenza del Mondiale aveva sentito queste parole. «Oggi mi sento qatarino, arabo, africano, gay, disabile, migrante, e anche donna, tra l’altro ho quattro figlie». Non gli ha creduto nessuno, anche se ha parlato di come ha sofferto da ragazzo la discriminazione, in Svizzera saranno contenti di avere la patente di razzisti. Ma gli va dato il merito: invece di difendersi, ha attaccato, non ha scantonato, sostenendo che la Fifa rappresenta tutti. Mancava aggiungesse: vittime e persecutori. Si capisce, il calcio ha un giro di affari di quasi 29 miliardi. Non è un gioco, è un’economia, la più grande organizzazione sovranazionale del pianeta, infatti la Fifa con 211 federazioni è più universale dell’Onu che ha 193 membri.
E per un presidente che non vuole mischiare calcio e politica, niente male volare al G20 di Bali per esortare a un cessate il fuoco temporaneo. Dal resto se l’aereo della nazionale polacca viene scortato in Qatar da due caccia militari che gli vuoi dire? Infantino sulla guerra all’alcol è stato anche ironico: «Si può sopravvivere tre ore senza birra». E ha ribaditoche la Fifa non silenzia nessuno, ma bisogna far parlare il pallone, unica arma, non l’ideologia. Bene perché mentre gli organizzatori hanno previsto fasce di capitano uguali per tutti, con un motto prestampato per ogni giornata, il portiere tedesco Manuel Neuer ha appena confermato che indosserà la fascia con il simbolo dell’arcobaleno e la scritta «One Love» nella partita di debutto, farà lo stesso Simon Kjaer, difensore della Danimarca e del Milan, anche a costo di una multa, lo ha promesso anche Harry Kane, attaccante inglese. Mentre il grande Gary Lineker, ora commentatore, ci ha tenuto a specificare che lui viene in Qatar «to report not support ».
Per segnalare, non per sostenere. È passato sottotono l’appoggio di David Beckham al Qatar («Il Mondiale può essere una piattaforma per la tolleranza»), forse perché gli è stato volgarmente fatto notare che gli sceicchi lo pagano 172 milioni di euro. Alla domanda di come si possa giocare Inghilterra-Iran mentre in quel Paese si muore per le violenze del regime, Infantino ha risposto che l’Iran ha 90 milioni di persone, non ci vivono solo i cattivi, e che il calcio deve cercare di unire. In sintesi: non si può giocare solo con chi ci sta simpatico. Intanto i giocatori iraniani stanno discutendo se cantare l’inno o restare platealmente in silenzio (l’hanno già fatto). Infantino ci ha tenuto a dire che è svizzero (in effetti le imposte le paga lì), peccato che da un anno viva stabilmente a Doha con la famiglia. Non una parola su Messi, Ronaldo, Mbappé, Benzema (infortunatosi in allenamento). Per la prima volta un Mondiale si apre senza che i suoi eroi vengano nominati. Michel Platini of course non è stato invitato, tanto per confermare quanto lo sport unisca.
Ah oggi ci sarebbe l’inaugurazione con Qatar-Ecuador. Interessa a qualcuno? La nazione ospitante non hai mai perso la partita di apertura e l’Ecuador non potrà godere del vantaggio che ha a Quito, quello dell’altura. L’Italia, assente, è presente con 65 giocatori che giocano nei suoi campionati. Non poteva mancare un coming out made in Fifa. Bryan Swanson, inglese, direttore della comunicazione, che sedeva a fianco di Infantino, ha preso il microfono per dire di essere gay. Forse per solidarietà con il capo o per tranquillizzare la comunità Lgbtq+. «Ho pensato a lungo se condividerlo o meno. Ma alla Fifa ci prendiamo cura di tutti, dovete credere a Infantino, siamo un’organizzazione inclusiva. Rispetto il diritto degli altri a pensarla diversamente, ma so anche per cosa stiamo combattendo». E siamo solo all’inizio. Che altro può succedere, che si spenga la luna?