Il taglio dell’imposta su pane e latte fa infuriare i consumatori

Paolo Baroni La Stampa 20 novembre 2022
Iva, la mancetta: il taglio dell’imposta su pane e latte fa infuriare i consumatori
Per le famiglie previsto un risparmio di appena 21 euro all’anno. «È una presa in giro, il governo usi quei soldi per le bollettte»

 

«Una presa in giro dei consumatori», oppure «un bluff» o se vogliamo «una mancetta» per bottegai e panettieri. Conti alla mano i consumatori bocciano l’idea di cancellare l’Iva su pane, pasta e latte che dal 4% verrebbe portata a zero per un anno, grazie alla nuova legge di bilancio. L’azzeramento dell’Iva su questi prodotti, considerato che secondo i dati aggiornati dell’Istat la spesa annua per una famiglia media è pari a 261,72 euro per il pane, 142,08 per il latte, tra fresco e conservato e 140,40 per la pasta (sia secca che fresca), sarebbe infatti pari ad appena 10 euro e 7 centesimi per il pane, 5 euro e 40 per la pasta, 6 euro e 9 cent per il latte, per un totale di 21 euro e 56 centesimi in un anno, calcola il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimo Dona. Di fatto «un finto risparmio».

«Non solo sarebbe un’elemosina, ma sarebbe una farsa – prosegue Dona – visto che questa cifra irrisoria andrebbe nelle tasche dei consumatori solo nella fantasiosa ipotesi che i commercianti trasferissero matematicamente il taglio dell’Iva sul prezzo finale e non lo incassassero invece loro. Insomma, nella realtà sarebbe solo una mancetta a beneficio dei panettieri, visto che mai più ridurrebbero il prezzo per un ritocco matematico di appena lo 3,846%».

Per il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi, «il taglio dell’Iva su pane e latte è un bluff del governo, un provvedimento spot che non produrrà reali vantaggi economici per le famiglie, mentre la tassa sulle consegne a domicilio sarà senza dubbio scaricata sui consumatori attraverso un rialzo dei costi del servizio”. A suo parere “il taglio dell’Iva è un provvedimento utile solo se esteso ai prodotti più frequentemente acquistati dalle famiglie, come alimentari e generi di prima necessità: limitare l’azzeramento dell’imposta solo al pane e latte determina risparmi irrisori per i consumatori e non è di alcuna utilità in questo momento di grande emergenza».

Oltre a questo secondo Truzzi «appare poi addirittura dannosa la tassa sulle consegne a domicilio: siamo totalmente favorevoli a misure di sostegno per i piccoli negozi schiacciati dai giganti dell’e-commerce – spiega – ma il rischio concreto è che una simile tassa sia interamente scaricata sui consumatori finali attraverso un incremento dei prezzi dei generi consegnati o dei costi del servizio». Sulla stessa linea l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd): «Se le indiscrezioni di questi giorni fossero confermate – ha scritto ieri in un post su Facebook – il taglio all’Iva su pane e latte avrebbe solo un valore simbolico su cui si farà campagna propagandistica, una misura che inciderà pochissimo però sull’impatto dell’inflazione sui bilanci familiari, ma che verrà utilizzata per coprire gli altri interventi».

Il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, invece «ringrazia il governo» per aver accolto la richiesta che arrivava dai produttori perché in questo modo si può calmierare gli aumenti in modo da contenere l’effetto degli aumenti dei costi di produzione. A favore dell’intervento sull’Iva (e pure del taglio del cuneo fiscale) anche il presidente dell’Acri e della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, secondo il quale «con 5,6 milioni di poveri assoluti questi provvedimenti aiutano».

Per aiutare le famiglie secondo Dona «sarebbe decisamente meglio tagliare l’Iva sul gas e sulla luce, che invece sarebbe applicato sicuramente dai fornitori di energia, costretti a farlo per legge». Secondo le simulazione dell’Unc persino l’azzeramento dell’Iva al 4% su tutti i prodotti alimentari e le bevande analcoliche, «pur andando decisamente meglio, comporterebbe una minor spesa, sempre teorica, per non dire illusoria, pari ad appena 90 euro su base annua (90 euro e 3 cent) per una famiglia media che salirebbe al massimo a 146,64 euro per una coppia con 3 figli». Molto meglio, quindi, rinnovare magari il bonus di 200 euro fatto da Draghi, «non solo perché il bonus sarebbe in soldoni ben più consistente di 90 euro, ma anche perché può essere destinato al ceto meno abbiente, con un reddito annuo inferiore ai 35 mila euro lordi, mentre il taglio dell’Iva riguarderebbe tutti, anche chi può fare a meno di questo aiuto, disperdendo così risorse preziose e scarse».

 

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