“I diritti umani non sono negoziabili”, Infantino al tappeto

Paolo Valentino Corriere della Sera 24 novembre 2022
Lo schiaffo della Germania alla Fifa d’Infantino: tanta fantasia ma poco coraggio?
Le bocche coperte. Un gesto coordinato con la Federazione. Sugli spalti la ministra dell’Interno Nancy Faeser con al braccio la fascia arcobaleno

 

La Germania ha perso la partita d’esordio col Giappone al mondiale qatariota, ma ha vinto quella della dignità e della fantasia. Sembrano allievi di Marco Pannella, quando si imbavagliava davanti agli schermi per protestare contro la scarsa informazione della Rai sui referendum radicali, i giocatori della nazionale tedesca, che poco prima del fischio d’inizio, hanno posato per la foto ufficiale mettendosi la mano davanti alla bocca.

È un metaforico schiaffo in faccia per Gianni Infantino, l’ineffabile presidente della Fifa presente in tribuna al Khalifa Stadium, che ha proibito alle squadre in lizza di scendere in campo con la fascia arcobaleno , un gesto di condanna delle leggi medioevali dell’Emirato, che fra l’altro considerano l’omosessualità un reato. L’azione dimostrativa è stata concordata e coordinata con la Federazione berlinese, che l’ha avallata in un tweet messo in rete non appena iniziata la partita: «Con la nostra fascia da capitano, volevamo dare l’esempio dei valori che viviamo nella squadra nazionale: diversità e rispetto reciproco. Essere rumorosi insieme ad altre nazioni. Non si tratta di inviare un messaggio politico: i diritti umani non sono negoziabili. Dovrebbe essere ovvio, ma purtroppo non è così. Per questo il nostro gesto è tanto più importante: proibire la fascia è come tentare di chiuderci la bocca. Noi confermiamo la nostra posizione».

Ma la protesta tedesca non si è fermata qui, coinvolgendo anche il governo federale: la ministra dell’Interno, Nancy Faeser, è infatti volata in Qatar e si è presentata sulla tribuna autorità con al braccio la fascia stupidamente proibita dalla Fifa. Eppure, la mano davanti alla bocca provoca reazioni negative fra i commentatori tedeschi. «Una protesta a metà strada tra il banale e il grottesco», titola il berlinese Tagesspiegel, secondo cui quella scelta dalla Mannschaft è una drammaturgia che di fatto accetta il diktat della Fifa e di Infantino, i quali continuano a mitizzare in modo insopportabile questi mondiali, segnati dai morti sul lavoro e dalla realtà di un regime oscurantista. Certo, più clamoroso ed efficace sarebbe stato sfidarli a viso aperto, indossando la fascia e rischiando le minacciate ammonizioni collettive che avrebbero potuto compromettere il percorso nel torneo (avrebbero avuto anche il coraggio di escludere l’intera squadra?). E sicuramente c’è voluto più coraggio e hanno preso molti più rischi i giocatori dell’Iran – un regime che arresta, tortura e uccide chi lo contesta – i quali si sono platealmente rifiutati di cantare l’inno nazionale e hanno reso pubblico il loro sostegno ai dimostranti.

«Quando si mettono a confronto queste due forme di protesta, l’azione della Germania appare priva di coraggio», scrive su ntv Tobias Nordmann. Ma per quanto minimalista, il gesto della nazionale tedesca non va comunque sottovalutato.

Soprattutto per la forza dell’immagine, quella di una foto che simbolizza condanna, presa di distanza e anche sberleffo. E anche per una certa creatività, insospettabile nei tedeschi, almeno stando agli stereotipi. D’altronde, temi come la diversità e il rispetto di tutte le minoranze sono ormai profondamente radicati in un Paese che non smette mai di fare i conti con le pagine più buie della sua Storia. E che ha approvato il matrimonio per tutti sotto una cancelliera cristiano-democratica, con una maggioranza trasversale.

Né è inutile ricordare che, prima che l’aberrazione nazista realizzasse i suoi piani omicidi anche contro ogni diversità, fu a Berlino che nei primi anni del Novecento nacque il movimento per i diritti degli omossessuali. Ed è nelle città tedesche che ogni anno il gay pride diventa una vera festa di popolo. Ma tutto questo Infantino non lo sa. O fa finta di non saperlo, per non imbarazzare e rovinare la festa ai suoi anfitrioni, gli emiri che si sono tanto spesi per avere il Mondiale nel loro deserto, di sabbia e di valori.

 

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