Lorenzo d’Albergo La Repubblica 2 dicembre 2022
Il progetto della Lazio già bocciato dal Comune “42mila posti? Impossibile”
Nel 2012 la Fir chiese di poter ’aumentare le sedute ma la risposta del Campidoglio fu netta: “No
La sentenza sul Flaminio rischia di essere la pietra tombale sull’impianto. Nelle 33 pagine che inchiodano Sport & Salute alle proprie responsabilità, c’è un passaggio che minaccia di travolgere l’infinita trattativa sul futuro dell’impianto avviata – non senza intoppi e velenosissimi botta e risposta – tra il Campidoglio e la Lazio. Salto nel passato: nel 2012, il Comune cassò senza mezzi termini il progetto presentato dalla Federazione italiana rugby, un masterplan che prevedeva « l’ampliamento della capienzadell’impianto da 24 mila a 42 mila spettatori » . Esattamente la quota di seggiolini a cui oggi, a dieci di distanza, è interessato il presidente dei biancocelesti, il neosenatore forzista Claudio Lotito.
La proposta della Fir venne rispedita al mittente da Roma Capitale «in considerazione dei ritrovamenti archeologici, nonché del valore storico ed architettonico dell’impianto, progettato dagli architetti Antonio e Pier Luigi Nervi e dichiarato “opera di eccellenza” dal Ministero dei beni ambientali e culturali» , l’attuale Mic. Stop, quindi, alla proposta dei vertici del rugby italiano. Che il 12 giugno 2012, davanti al « no » di palazzo Senatorio dell’allora sindaco Gianni Alemanno, «comunicò a Roma Capitale che avrebbe rinunciato al progetto e che il torneo “ Sei Nazioni” si sarebbe disputato allo stadio Olimpico».
Arrivando ai giorni nostri, si torna all’idea di Lotito di trasformare il vecchio e malandatissimo Flaminio nella nuova casa della Lazio. Fin qui la trattativa si è arenata a causa della postura dei due protagonisti. Da una parte c’è il Campidoglio, nella persona dell’assessore allo Sport, Alessandro Onorato. Il Comune chiede da mesi a Lotito, dopo una serie di incontri riservati e sopralluoghi, di presentare finalmente un progetto. Dall’altra parte c’è il patron biancoceleste. Che vuole rassicurazioni sulla fattibilità dell’intervento e non pare aver alcuna intenzione di mettere a lavorare gli architetti di fiducia senza prima sapere di poter realizzare il nuovo stadio dei laziali.
Il Comune è sicuro che i vecchi vincoli ( almeno in parte, avendo già parlato con la Soprintendenza) siano superabili. Per questo gli ultimatum esplosi dal palazzo Senatorio verso Lotito sono diventati, uno dopo l’altro, dei penultimatum. La voglia di chiudere la partita con laLazio c’è, le promesse nei confronti dei tifosi non mancano. Ma la sentenza piombata martedì sui tavoli dell’avvocatura capitolina complica maledettamente l’operazione. E allo stesso tempo di aumentare considerevolmente il peso « no » dell’amministrazione Gualtieri al progetto della Roma Nuoto, che sul piatto metteva 80 milioni di euro, trasformandolo in un clamoroso autogol.
Guardando al futuro, se alla fine la trattativa Campidoglio-Lazio dovesse davvero risolversi con un nulla di fatto, il Comune ritiene di avere già in tasca un’alternativa. Si tratterebbe del progetto, per ora a uno stato più che embrionale, della Città dello Sport a cui stavano lavorando l’Istituto per il credito sportivo e Cassa depositi e prestiti. Sempre che i proponenti siano ancora interessati dopo essersi visti passare davanti la Lazio. E soprattutto dopo che il presidente dell’Istituto per il credito sportivo è migrato verso palazzo Chigi: Andrea Abodi, l’uomo che più aveva a cuore il progetto di riqualificazione lo stadio ( e dintorni) nel frattempo è diventato ministro dello Sport del governo Meloni. Che ne sarà del Flaminio?