L’Europa tra sanzioni e divieti con Cina e Russia, e concorrenza sleale Usa

Danilo Taino Corriere della Sera 2 dicembre 2022
Il triangolo delle potenze (Europa in mezzo)
Prove generali delle alleanze future, in questi giorni. Con la Cina che, per ora, divide i Paesi della Ue su come rispondere alla sua ricerca di egemonia. In questione è l’approccio di Washington, molto conflittuale, a Pechino: non tutti, in Europa, lo condividono.

 

 

Per molti, Germania in testa o almeno una parte di essa, perdere il mercato cinese è una prospettiva orribile, peggiore dell’avere perso il gas russo. Il decoupling in atto in alcuni settori – tecnologia e commercio – tra Usa e Cina mette a disagio, in Europa.
Il risultato è che il rapporto transatlantico è sotto tensione: anche per ragioni di protezionismo nazionalista e di concorrenza. Emmanuel Macron è negli Stati Uniti, dove è stato accolto con gli onori da riservare all’alleato europeo di più lunga data. Da lì, sottolinea i rischi che l’Occidente si divida, non solo per ragioni geopolitiche ed economiche ma anche su come affrontare i cambiamenti climatici.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è invece a Pechino, dove nell’incontro con Xi Jinping ha sollevato questioni di diritti umani, di lotta alla pandemia e di guerra in Ucraina. E in risposta ha ricevuto l’invito affinché l’Europa assuma «una percezione obiettiva e corretta della Cina». Più ancora che il contenuto del colloquio, è rilevante che Michel sia andato a Pechino: un modo per fare sapere ai governi della Ue e a quello americano che il gigante asiatico è nel cuore degli europei.

Non di tutti gli europei, in realtà. La Lituania, per dire, è ancora colpita dalle sanzioni economiche di Pechino perché ha osato aprire un ufficio di rappresentanza di Taiwan (e non di Taipei come la Cina pretende siano chiamati gli uffici taiwanesi nel mondo). Altri Paesi dell’Est europeo hanno rivisto negli ultimi tempi il loro rapporto con Pechino e oggi sono su posizioni più dure rispetto al passato. D’altra parte, a inizio novembre, il cancelliere tedesco Olaf Scholz era già volato da Xi, con una delegazione di imprese e banchieri della Germania, per parlare di politica e soprattutto di business.

Joe Biden, al contrario, ha sì incontrato per oltre tre ore il presidente cinese alla viglia del G20 di Bali, ma ha soprattutto dato il via libera ai divieti di esportazione in Cina di semiconduttori avanzati e di tecnologia per produrli: un provvedimento che ha l’obiettivo di mettere al tappeto gli avanzamenti cinesi in molti campi, a cominciare dai supercomputer e dall’intelligenza artificiale.

Oltre alla questione cinese, tra Ue e Usa stanno crescendo le tensioni commerciali. Bruxelles è sul piede di guerra contro il piano di Washington di aiuti ai suoi produttori di auto elettriche, che esclude le case automobilistiche europee. È una situazione che rischia di sfociare in uno scontro commerciale: dalla Francia arrivano segnali sulla necessità di rispondere agli americani con la stessa moneta, cioè destinando risorse pubbliche a settori industriali scelti. L’unità occidentale trovata sulla risposta all’invasione russa dell’Ucraina non basta a cementare le relazioni transatlantiche.

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