Se stiamo a Zelensky e Putin, la guerra non finirà mai

Andrea Nicastro Corriere della Sera 2 dicembre 2022
La guerra in Ucraina «finirà nei prossimi mesi»? Quanto è realistica la previsione di Zelensky
La statistica sarebbe a favore della brevità perché negli ultimi due secoli la maggioranza delle guerre è finita nell’arco di appena tre o quattro mesi. Ma per Foreign Affairs questa rientra nella fattispecie delle guerre lunghe
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato al New York Times di credere che la «guerra finirà nei prossimi mesi». Lo pensa davvero? Che cosa intende? E’ possibile abbia ragione?

 

 

«La guerra finirà», dice Zelensky, quando si avvererà almeno una di due condizioni. La prima è «quando vinceremo noi» ucraini. La seconda, «quando la Federazione Russa lo vorrà», vale a dire quando «si sentirà debole perché isolata o senza alleati» che è un altro modo per dire quando «perderanno loro». Per il presidente di Kiev, in sostanza, la guerra finirà con Putin sconfitto. Perché ciò accada la sua ricetta è la stessa dai primi giorni dell’invasione e ancora di più ora dopo le clamorose riconquiste: più sanzioni economiche e più isolamento internazionale per Putin e più armi per l’Ucraina.

Zelensky sente che il trionfo si sta avvicinando? E’ realistica la sconfitta di una superpotenza nucleare come la Russia? Ha sentito il capo degli Stati Maggiori unificati americani, Mark A. Milley, sull’impossibilità di una «soluzione militare al conflitto»? E’ forse questo il modo di Zelensky di preparare l’opinione pubblica?

Sono tanti a volerlo credere. «Wishful thinking», direbbero gli anglosassoni. Dai manifestanti del 5 novembre a Roma («Dov’è la diplomazia?» si leggeva su un manifesto) agli imprenditori strozzati dai prezzi dell’energia fino ai lavoratori impoveriti da crisi e inflazione. Persino il presidente cinese Xi Jinping e il francese Emmanuel Macron dicono di credere ancora a una soluzione negoziata. «Combattere e trattare» dovrebbe essere la norma ricordano alla Rand Corporation, Think Tank americano. Per il momento, però, il tentativo di mediazione di maggior successo è stato quello del turco Erdogan , capace di far passare il grano ucraino e russo dalla rete di mine che paralizza il Mar Nero. Stop. Tutti gli altri respinti prima ancora di cominciare a parlare compreso Elon Musk e il suo piano di pace via Twitter.

La statistica sarebbe a favore del desiderio di pace perché negli ultimi due secoli la maggioranza delle guerre è finita nell’arco di appena tre o quattro mesi. Nel caso ucraino siamo già entrati nel nono mese. Christopher Blattman, su Foreign Affairs, ha gelato le speranze sostenendo che l’aggressione russa (e la resistenza ucraina) rientrano nella fattispecie delle guerre lunghe. Purtroppo. Sono destinati a trascinarsi i conflitti che hanno, ad esempio, una radice ideologica. Nel caso ucraino la difesa del «mondo russo» per Putin e il tandem indipendenza-democrazia per Zelensky. Durano a lungo anche le guerre in cui un leader teme per il suo potere (Putin in caso di sconfitta), quelle in cui le forze in campo non sono ben identificate (la determinazione ucraina ha stupito tutti e le armi occidentali cambiano continuamente l’equilibro al fronte) e, infine, quelle in cui i contendenti non si possono fidare l’uno dell’altro, che è esattamente il caso ucraino. Zelensky è convinto che Mosca prima o poi cercherà di riconquistare la sua influenza e Putin è altrettanto certo che la Nato voglia erodere il suo «spazio vitale».

A guardare quel che accade sul terreno è difficile pronosticare una fine in tempi ragionevoli. Entrambe le parti si stanno attrezzando per continuare a combattersi a lungo. Kiev addestra nuovi soldati in Occidente, Mosca (dicono fonti di Intelligence al Corriere) è pronta a varare un nuovo reclutamento o addirittura la legge marziale, comunque le 300mila reclute dell’estate non sono ancora entrate pienamente in azione. Gli ottimisti indicano agli arsenali che si stanno svuotando e dicono che la guerra dovrà fermarsi per mancanza di munizioni. Al momento però le armi migliori per Putin sono il buio e il freddo dell’inverno e per questo bombarda le infrastrutture energetiche dell’Ucraina. Da mesi qualche analista dice che Mosca stia finendo i missili e ogni settimana ne arrivano di più sull’Ucraina. Nebbia di guerra.

Zelensky confida nella determinazione della sua gente (90% a favore del prosieguo del conflitto secondo i suoi sondaggi) e sulla precisione dell’artiglieria e dell’antiaerea occidentale tanto che dopo Kiev, Kharkiv e Kherson, progetta di riprendere l’offensiva per liberare altri territori. E non importa se la gente ha freddo e non ha elettricità. C’è anche chi crede che la pace arriverà grazie al crollo dei due fronti interni. Un golpe al Cremlino contro lo zar oppure una rivolta per ragioni economiche nel fronte occidentale che sostiene l’Ucraina. Tutto può essere, ma non ci sono segnali che una delle due condizioni possa avverarsi presto.

La guerra ha ancora tutta l’energia materiale e ideologica per continuare a lungo. La scelta però non è obbligata. Entrambi gli schieramenti possono fare scelte diverse da quelle attuali e sia Putin sia Zelensky potrebbero accontentarsi di qualcosa di meno di una vittoria. A convincerli saranno le vittorie sul terreno e la profondità delle finanze a disposizione. Da una parte l’Occidente se resterà unito ha una forza economica virtualmente illimitata, dall’altra la Russia avrebbe impiegato appena il 5% del proprio Pil per sostenere la guerra. Per delle democrazie convinte della bontà dell’obbiettivo non è un problema continuare a finanziare il conflitto, per un’autocrazia radicata nella storia neppure.

 

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