Filippo Ceccarelli La Repubblica 4 dicembre 2022
Pd, il ritorno del tandem: il vecchio escamotage per spegnere la competizione
Bonaccini e Nardella alla conquista del Nazareno in nome dell’inesorabile retorica dei “territori”
Fiorenza dentro da la cerchia antica, ovvero ritorno sul luogo del delitto con inconfondibile sentore di giglio magico. O almeno: se il passato prossimo, o quel poco di cui resta memoria, ha ancora un senso, ecco che il tandem Bonaccini-Nardella evoca subito la figura di Matteo Renzi; così come, con un filo di malizia, lascia intravedere una compiuta rielaborazione del renzismo sotto mentite spoglie.
“Per essere credibili devono parlare male di me”
Naturalmente conviene adesso ai due promessi alleati negare l’ingombrante eredità e anzi diffondersi su pretese litigate con l’uomo che li ha scoperti e valorizzati. Sennonché il mese scorso, con la chiarezza che certo non gli fa difetto, lo stesso Renzi si è mosso per tempo: “Bonaccini è un amico e Nardella è un amico – ha spiegato – Ma per essere credibili nel Pd, in vista del congresso devono parlare male di me”. Con l’attuale sindaco di Firenze, al quale il leader di Italia viva aveva qualcosa da reclamare, le cose devono aver preso una piega non sai se più paradossale o sfacciata: “Quando è venuto a casa mia, mi ha detto chiaramente che aveva bisogno di litigare con me perché così nel Pd come minimo lo fanno segretario”.
Ora Matteo sarà anche parecchio auto-centrato e ego-riferito, ma l’impressione è che di questo genere di fiction viva la fase costituente dem, con le sue eterne chiacchiere, le comode ipocrisie, le vane dispute valoriali, i generici luoghi comuni sul riformismo e, da qualche tempo con una sintomatica insistenza, l’inesorabile retorica dei “territori” in nome dei quali il governatore Bonaccini e il sindaco Nardella muovono alla conquista del Nazareno.
Autostima e ubiquità
E tuttavia, siccome né l’uno né l’altro accennano a volersi dimettere nel caso fossero eletti, dopo l’infelice esperienza di Zingaretti è lecito pensare che abbiano un’enorme stima in se stessi, oltre al dono dell’ubiquità, costretti ad amministrare il Pd, l’Emilia e Firenze, dove sono stati eletti, a mezzo servizio e/o con doppio lavoro – anche questa pretesa, a pensarci bene, molto renziana.
Trasfigurazione da tronista over
Nel 2013, con qualche sorpresa, da uomo-macchina della ditta di Bersani, Bonaccini cambiò cavallo diventando il campaign-manager della corsa del giovane rottamatore al vertice del partito. Di lì puntò alla Regione. Per quanto ancora lontano dalla trasfigurazione per opera dello strategist Daniel Fishman e che oggi nel look lo fa somigliare a un tronista over, Bonaccini concluse la campagna su un palco ricalcato sul più tipico scenario da Leopolda: addio alle belle bandiere, una fiammante moto Ducati e una macchina da gelati Carpigiani, poi una quantità di prodotti d’eccellenza, prosciutti, mortadelle, piadine, vini e aceto balsamico, una specie di supermercato. Brani soul di Alice Keys e video emozionali. L’astensionismo fu terribile, però pazienza, lui fu eletto e anche nel 2020 rieletto. Bonaccini è comunemente ritenuto un abile amministratore, la questione è se questo sia un indispensabile requisito per resuscitare, sulla scia post-renziana, un Pd in stato preagonico abbandonato da elettori in fuga verso i cinque stelle.
“Il sì vincerà come Trump”
Creatura del Giglio magico ante-marcia, più o meno negli stessi anni Nardella ereditò Palazzo Vecchio. Posto che è difficile definire cosa sia oggi la sinistra e ancor più quale debba essere il suo mestiere, è altrettanto arduo pensare che in quella direzione siano andati gli attacchi mossi dal sindaco alla Cgil, la guerra iper-securitaria contro l’accattonaggio, le ruspe nei campi rom. Dopo aver dichiarato la morte della socialdemocrazia e prima del referendum con cui Renzi volle scavarsi la fossa, proclamò Nardella: “Con la stessa maggioranza silenziosa che ha fatto vincere Trump in America, vincerà il Sì in Italia”. Ma il ricordo è sfumato e la girandola di posizioni nel Pd sconsiglia qualsiasi controllo di coerenza.
In tutt’altro ambito, non particolarmente ascrivibile al renzismo, si può mostrare indulgenza, essendo lui un violinista, dall’aver accompagnato una cantata di Alessandra Mussolini in un tragicomico Sanremo per onorevoli.