La Stampa 6 dicembre 2022
Lollobrigida: “Sui contanti pronti a correggerci Pnrr, impossibile spendere i fondi”
Il ministro e numero 2 di FdI: «Nessuna critica sull’impianto della manovra. Piano Ue scritto senza strategia, la macchina dello Stato non è adeguata»
Le norme su Pos contante e possono essere riviste, quelle sul reddito di cittadinanza no. Francesco Lollobrigida, oltre che ministro dell’Agricoltura, è anche di fatto il numero 2 di Fratelli d’Italia.
Banca d’Italia, Cnel e Corte dei Conti criticano il tetto al contante e le misure sul Pos: credete che ci siano pezzi dello Stato ostili al governo?
«L’establishment aveva verso di noi un pregiudizio originario e naturale. Ma davanti a un consenso così ampio e a una coesione interna totale sono venuti meno quei sospetti. Poi è ovvio che ognuno fa il suo mestiere e noi rispettiamo l’autonomia di queste istituzioni. In una legge così ampia sarebbe anomalo se non ci fossero rilievi».
Il giudizio sulla manovra peserà?
«Sono critiche sui singoli aspetti della legge di stabilità. Non voglio dire marginali, ma sicuramente non centrali. I temi cardine quelli per i quali l’Italia viene giudicata sono in sicurezza. L’ossatura della manovra non è in discussione e anche i mercati stanno dimostrando di apprezzare. E questa è la cosa più importante per noi».
Dire che Pos e tetto al contante non sono aspetti centrali vuol dire che siete pronti a cambiarli?
«L’impostazione che Meloni ha dato è chiara: tutti gli aspetti non fondamentali della manovra, possono essere discussi e ridefiniti. Se ci chiedono di mantenere così com’è il reddito di cittadinanza noi diciamo di no. Ma su altre cose siamo disposti a ragionare con serenità».
Lei come lo paga il caffè?
«Sono piuttosto disordinato, e alla fine pago anche con la carta. Ma non mi piace questa idea secondo la quale chi usa i contanti è un evasore».
Sulla manovra si rischia l’esercizio provvisorio?
«No. Io sono ottimista. Tutti i parlamentari sanno che bisogna dare delle risposte al Paese. La maggioranza si mostrerà coesa e anche l’opposizione, sono certo, darà il suo contributo».
Dipende quale opposizione: il Terzo Polo collabora, mentre Conte agita la piazza.
«Io esprimo semplicemente un auspicio, per il momento non vedo segni di ostruzionismo. Certo, evocare la piazza è un atteggiamento che contrasta nettamente con quello che Conte fece quando era a Palazzo Chigi. E sottolineo che quando governava lui noi abbiamo fatto opposizione in un altro modo».
L’intervento sul reddito di cittadinanza può surriscaldare il clima nel Paese?
«Il M5S alimenta i discorsi di chi dice “se non avrò il reddito di cittadinanza, allora andrò a rubare”. Una cosa inaccettabile. Noi diciamo, “andrai a lavorare, non a rubare”. Non è vero che il lavoro non c’è. Il dibattito sul decreto flussi lo dimostra».
Vi siete resi conto che c’è bisogno di più immigrati?
«Il discorso è più complesso. È vero che il mondo dell’edilizia, il turismo, l’agricoltura chiedono centinaia di migliaia di nuovi ingressi. Una grande azienda non trova cinquemila addetti alla fibra. Ma ci sono molti italiani che quei lavori potrebbero farli, come dimostra il numero di percettori del reddito di cittadinanza. Noi vogliamo far incontrare domanda e offerta».
Pnrr: lei si iscrive tra i catastrofisti, “non ce la faremo mai”, o gli ottimisti, “l’Europa ci ascolterà”?
«Sono tra quelli che pensano che è interesse dell’Europa non disperdere le risorse».
Il Pnrr va ripensato?
«Il Piano è stato scritto rapidamente, in una situazione molto differente a questa. Questo ha fatto sì che i progetti non rispondessero a una strategia precisa. Spesso sono stati utilizzati progetti vecchi, perché subito “cantierabili”, che nel frattempo però erano diventati irrealizzabili, a causa degli aumenti dei materiali. L’obiettivo non è spendere i fondi, ma spenderli bene. Questi non sono soldi del Monopoli. Pongo una domanda».
Prego.
«Se l’Italia non è riuscita a spendere meno soldi in più tempo, come fa a spenderne di più in meno tempo? La macchina dello Stato è rimasta quella, nessuno ci ha lasciato un’organizzazione nuova».
Ci sono delle task force in tutti i ministeri.
«Sono proprio quelle task force a dire che sono indietro, che servono fondi e personale».
Sul ritardo dei progetti ha inciso il cambio di governo?
«Al contrario. Le critiche che faccio io le si potevano ascoltare già durante il governo Draghi, da parte delle persone che conoscono i dossier. Era comune che si dicesse che non tutto sarebbe stato realizzabile e speso. E che quindi andava ridiscussa la pianificazione. C’era però un governo che doveva sopravvivere, nonostante gli sforzi di Draghi».
Sull’autonomia differenziata Fratelli d’Italia ha imposto una frenata alla Lega?
«Non è questione di correre, né di frenare. Ma di fare le cose per bene. Noi crediamo nella sussidiarietà e l’autonomia differenziata fa parte del programma di governo. Bisogna allontanare i rischi che alcuni possano avere da questa riforma più vantaggi rispetto ad altri. Si andrà di pari passo ad altre riforme di pari dignità: l’elezione diretta del premier e i poteri di Roma Capitale».
Il fatto che l’autonomia si debba di pari passo al presidenzialismo vuol dire di fatto rimandarla?
«Non è così. Devono cominciare insieme, ma il percorso poi sarà necessariamente diverso».