Santalucia: “Stravolgere la nostra Costituzione è un colpo alla democrazia”

Dario Del Porto La Repubblica 7 dicembre 2022
Santalucia: “Stravolgere la nostra Costituzione è un colpo alla democrazia”
«Se il governo vuole separare le carriere dei magistrati e limitare l’obbligatorietà dell’azione penale deve cambiare profondamente la Costituzione. Può farlo, naturalmente. Ma non renderà un buon servizio alla nostra democrazia».

È preoccupato, il presidente nazionale dell’Anm Giuseppe Santalucia, dalle parole del Guardasigilli Carlo Nordio e dalla piattaforma programmatica dell’esecutivo in materia di giustizia.

Cominciamo dalle intercettazioni. Per il ministro, che è anche un suo collega in pensione, vengono utilizzate in modo spesso «eccessivo e strumentale». Lei come risponde?

«Non posso condividere un approccio di questo tipo. Siamo un Paese dove la criminalità organizzata è estremamente radicata, le intercettazioni rappresentano uno strumento di contrasto importantissimo».

Però incidono oggettivamente sulla privacy dei cittadini.

«Siamo tutti d’accordo sul fatto che la riservatezza vada tutelata. Ma per questo è stata approvata una legge qualche anno fa, perché il ministro non ci dice, prima di tutto, se hafunzionato o meno? E poi, vorrei fare un’altra considerazione».

Quale?

«Il governo dice di voler contrastare la corruzione. Poi però vuole limitare le intercettazioni».

Che pensa della possibilità di introdurre la non punibilità del corruttore che confessa?

«Nel nostro sistema esiste già un’attenuante speciale e non mi pare che abbia funzionato. Ma l’impunità assoluta non è prevista neanche per i collaboratori di giustizia di mafia, non vedo come si possa immaginare per la corruzione».

Un altro tema caldissimo è l’obbligatorietà dell’azione
penale. Secondo il ministro Nordio è «un intollerabile arbitrio».

«Davvero non riesco a comprendere un giudizio così pesante che, a questo punto, andrebbe almeno circostanziato. Senza dimenticare che è la Costituzione a prevedere l’azione penale obbligatoria».

Perché i magistrati sono tanto spaventati dalla separazione delle carriere tra giudicante e inquirente?

«È vero, siamo storicamente contrari. Ed è facile spiegare le ragioni: il pubblico ministero finirebbe per essere collocato sotto il controllo politico del governo. Tenere il pm all’interno della giurisdizione rappresenta una garanzia di tenuta dell’equilibrio dei poteri dello Stato. E anche la discrezionalità dell’azione penale amplierebbe la sfera di influenza della politica».

Che farà l’Anm se il ministro andrà avanti su questa strada?

«Rispettiamo sempre le determinazioni della politica, ma interverremo nel dibattito pubblico, che certamente ci sarà, con la forza dei nostri buoni argomenti».

Adesso diranno che i magistrati non vogliono le riforme, lo sa presidente?

«Me lo aspetto, ma è un mantra non porta da nessuna parte. I magistrati hanno dimostrato di essere favorevoli alle buone riforme e contrari a quelle cattive».

A suo giudizio il governo si sta muovendo così per sfruttare il momento difficile attraversato dalla magistratura italiana dopo gli scandali?

«Per abitudine giudico le cose solo per come sono oggettivamente.
Vedo una diversa cultura della giurisdizione, questo sì. Noi restiamo fortemente ancorati a quella prevista dalla Costituzione, perché siamo convinti che garantisca innanzitutto il cittadino».

 

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