Giovanna Vitale La Repubblica 8 dicembre 2022
Pd, la corrente del “Boh”. Orlando, Bettini, Boccia: ecco chi non si schiera
Prodi, Amendola Zingaretti, Madia. In tanti non prendono posizione per nessuno dei tre candidati ufficiali in corsa per la segreteria
C’è chi lo fa per tattica, chi per alzare il prezzo, chi invece perché a oggi non ha ben capito quali siano i programmi dei candidati e vuol vederci chiaro, prima di schierarsi. Fatto sta che – al netto di alcuni posizionamenti già emersi – sono davvero in molti, tra parlamentari ed esponenti di primo piano del Pd incluso qualche padre nobile, a non aver ancora deciso (o dichiarato) chi appoggiare al congresso avviato per scegliere il nuovo segretario. I più buoni li chiamano “non allineati”; i perfidi “quelli che boh”.
I cultori delle dinamiche dem spiegano che c’è più d’una ragione se mai come stavolta gli incerti sono così tanti. In parte dipende da come sono state composte le liste elettorali: nessuna corrente, a differenza di quanto accaduto nella scorsa legislatura, quando nei gruppi gli ex renziani erano maggioranza, prevale numericamente sull’altra e talune – vedi quella di Orlando – non si sono sin qui espresse. In parte deriva dalla sconfitta alle Politiche, che ha scompaginato le componenti interne, facendo emergere equilibri inediti. In parte, sebbene minima, dagli eletti in quota Letta: la scelta di chiamarsi fuori dalla corsa ha innescato la diaspora dei suoi. Disorientati e disposti in ordine sparso – in particolare gli esterni, da Carlo Cottarelli ad Anna Maria Furlan – rispetto agli aspiranti leader del Pd scesi finora in campo: Stefano Bonaccini, Paola De Micheli ed Elly Schlein.
Il risultato è che, allo stato, nessuno dei tre sa – posto che rimangano tali – su quali truppe può realmente contare. Quelle che, in virtù del legame con i territori, potrebbero orientare il voto nei circoli, determinante per stabilire la coppia regina: ossia i due sfidanti alle primarie del 19 febbraio. Fra i personaggi che non hanno ancora detto una parola il più illustre è Romano Prodi. Il rapporto con la ex vicepresidente dell’Emilia è noto, ma quando gli hanno attribuito un endorsement in suo favore, il fondatore dell’Ulivo s’è affrettato a smentire: “Il Professore non partecipa al congresso del Pd con il sostegno ad una specifica candidatura”, ha precisato l’ufficio stampa. Neutralità confermata dalla storica portavoce Sandra Zampa: “Voglio aspettare che si concluda la fase costituente, che per chi vuol guidare il nostro partito dev’essere un banco di prova”, ragiona la senatrice. “Vorrei difatti capire quali sono le loro idee e valori, da cui poi discendono le politiche da attuare. Mi pare che ancora ne sappiamo troppo poco”.
Chi sta invece predisponendo una piattaforma da sottoporre ai candidati su alcune questioni cruciali – sanità, scuola, Lep, assunzioni nella P.A. al Sud – sono i governatori De Luca ed Emiliano. In base alle risposte, decideranno chi appoggiare, anche se entrambi sembrano pendere verso Bonaccini. Lo stesso schema di Enrico Borghi e Lia Quartapelle, un tempo esponenti di Base riformista ora tuttavia emancipati, pronti a lanciare un appello partendo dalla guerra in Ucraina per chiedere “una presa di posizione chiara sulla politica estera e il ruolo dell’Italia”. Tema dirimente, sul quale chi intende pilotare il Pd deve esporsi.
Più confusa la situazione a sinistra, che prova a stare insieme ma fa parecchia fatica. Oltre a Orlando, a non aver per adesso stabilito da che parte stare sono Nicola Zingaretti, Enzo Amendola e Gianni Cuperlo, tutti con le bocche cucite e nessuna voglia di schierarsi, al momento. Come Francesco Boccia. E Goffredo Bettini, per il quale “la priorità è definire identità e contenuti politici, perciò non mi sono ancora espresso. I nomi sono tutti validi, ma devono darsi dei traguardi e se saranno anche miei, allora entrerò in campo”, annuncia. “Fermo restando che c’è bisogno di una forza di sinistra in grado di contrastare questa destra che non vede i poveri”. E in vigile attesa c’è pure l’ex ministra Marianna Madia: “Dobbiamo anzitutto preoccuparci di un processo che si sta avvitando in modo pericoloso”, dice sibillina. Tradendo un’ansia piuttosto diffusa perché stavolta è vietato sbagliare: in gioco c’è l’esistenza stessa del Pd.