Siamo tutti narcisisti, chi più, chi meno

Paolo Crepet La Stampa 9 dicembre 2022
Cristiano Ronaldo e l’elogio del narcisismo
Non so cosa esattamente sia accaduto tra Cristiano Ronaldo e l’allenatore della sua squadra, certamente ciò che ha portato l’allenatore, Fernando Santos, a “esiliare” il grande campione dai titolari e a permettergli di giocare solo uno scampolo di partita quando il Portogallo era già ampiamente in vantaggio e il passaggio ai quarti del Mondiale ormai assicurato.

 

Non deve essere di poco conto, tanto è vero che i media si sono subito accaniti ad analizzare facce, ammiccamenti, smorfie dei contendenti. Buona parte dei commentatori si è espressa cristallizzando il comportamento stizzito di Ronaldo colpevole di sentirsi vittima di “lesa maestà”. Ovvio che più lunga è la carriera di un personaggio, più è doloroso e vistoso il suo commiato, forzato o meno che sia. In realtà quella dei media è una reazione prevedibile: come non tenere conto dell’invidia che suscita chi assume il carattere e la fisionomia, la gloria e la maledizione di un’esistenza considerata, a torto o a ragione, una leggenda vivente?

Ciò che incuriosisce in questa vicenda, non del tutto conclusa, è però una parola che subito è stata interfacciata al declino – guarda caso – del protagonista: il narcisismo. Come se lui, proprio lui, ne rappresentasse l’esempio più lampante e sgradevole. Si fa così presto a oltrepassare il segno che porta dalla celebrità all’invadenza, dal culto alla nausea? Cessata la liturgia non si perdona l’evidenza della sua traccia: perfino la ricchezza, fino a un attimo prima osannata, diventa segno del disincanto. Basta un gesto di rifiuto, magari evidente e maleducato, uno sguardo di sfida e tutto viene rubricato come narcisismo, eccesso di autostima, strabordante e intollerabile amor proprio.

Un giorno uno studente mi chiese se “l’ambizione potesse essere una psicopatologia”. Chi lo teme, risposi, fa parte di una cultura che vede nel voler eccellere il sintomo di un vizio esistenziale, un rischio, non l’esordio di un naturale talento. Il mondo iper-narcisista tende ad accusare chi lo è un po’ di più, magari per virtù e valore, utilizzando l’arma della categoria patologica, ma così ci distacchiamo dal mito, non dall’eccesso sintomatico.

Che ne sarebbe di una donna o di un uomo se non fossero narcisisti? Francamente non conosco molti/e che non lo siano, anch’io so di esserlo e non me ne vergogno affatto, anzi ci ho messo settant’anni per accettarlo senza sentirmi in colpa come una certa declinazione della cultura cattolica avrebbe voluto.

Giudicare negativamente il narcisismo è come condannare lo stress: chi ha scalato una vetta o girato il mondo o provato a innamorarsi di ciò che è difficile, senza sentire la fatica, financo il dolore di quel tentativo? Eppure così si cresce. Tutto può diventare patologico anche l’acqua, ma non per questo smettiamo di bere.

Ronaldo ha toccato il cielo con molte dita e non ha capito che la scena è ora per e di altri, ma perché rimproverarlo e non ringraziare ciò che quel narcisista ha fatto per incantarci, commuoverci? Della mediocrità parliamo poco, forse perché non fa ombra, il narcisismo inquieta chi sa di esserlo ma non perché.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.