SkyTg24 14 novembre 2022
Chi sono i curdi, storia di un popolo e di uno Stato mai nato
Sono circa 35-40 milioni e vivono nel Kurdistan, a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia. Dopo la prima guerra mondiale venne disattesa la promessa degli alleati occidentali di creare una nazione. Da allora i vari gruppi sono diventati minoranze in diversi Paesi
Rappresentano il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente, la loro popolazione è stimata in circa 35-40 milioni di persone, ma non hanno mai ottenuto uno Stato nazionale permanente. I curdi sono distribuiti tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia nel vasto altopiano del Kurdistan che racchiude i confini dei cinque Paesi. Anche se comunità curde vivono anche in Europa, soprattutto in Germania. Il sogno del Kurdistan non si è mai materializzato e la questione curda resta sempre aperta.
Il Kurdistan: lo Stato mai nato
Dopo la prima guerra mondiale e la sconfitta dell’Impero ottomano, i vincitori alleati occidentali avevano previsto la creazione di uno Stato curdo nel Trattato di Sevres del 1920. Una promessa che venne disattesa 3 anni dopo, quando il Trattato di Losanna ha fissato i confini della moderna Turchia senza definire confini geopolitici per il Kurdistan. Così i curdi sono rimasti una minoranza nei diversi Paesi in cui si sono ritrovati a vivere. Finora qualsiasi azione dei curdi per creare uno Stato indipendente è stata sempre repressa.
Le differenze fra i vari curdi
I curdi sono a maggioranza musulmana sunnita e formano una comunità distintiva, unita attraverso cultura e lingua, anche se non hanno un dialetto standard. Ogni gruppo nazionale, però, si differenzia l’uno con l’altro per priorità e alleati. I curdi turchi, i curdi siriani e i curdi iracheni, che insieme hanno combattuto contro l’Isis, sono i gruppi finiti nel mirino di Erdogan. I curdi iracheni hanno da tempo una loro regione autonoma all’interno dell’Iraq (il Kurdistan iracheno), mente i curdi siriani soltanto di recente hanno ottenuto il controllo della regione che abitano, il Rojava.
I legami tra curdi siriani e Pkk
Il Partito dell’Unione Democratica (la sigla in curdo è Pyd), assicura il governo dei territori sotto il controllo curdo attraverso l’ala militare dell’Ypg, unità di protezione popolare. Il Pyd ha espresso un’idea di società socialista-libertaria, un modello raro e innovativo rispetto alle tradizioni islamiche, un modo di pensare vicino a quello espresso dal Pkk, partito dei lavoratori del Kurdistan, di Abdullah Öcalan. Ed è anche per questa sintonia fra Pyd e Pkk che la Turchia ha fatto partire l’offensiva nel Nord-Est della Siria. Ankara considera infatti il Pkk un’organizzazione terroristica e il leader del partito Öcalan è in carcere in Turchia dal 1990.
La lotta contro l’Isis e il supporto degli Usa
Dei curdi siriani negli ultimi anni si è spesso parlato in Occidente anche per la loro battaglia contro l’Isis. L’Ypg ha anche ricevuto il supporto degli Stati Uniti, che individuarono come propri alleati sul terreno nella guerra contro l’Isis i curdi siriani. Nel corso del 2015 i guerriglieri curdi, con il sostegno Usa, riuscirono a riconquistare i propri territori (noti anche come Rojava, o Kurdistan siriano) che erano stati occupati dall’Isis e riuscirono anche ad espandersi in aree abitate da popolazioni arabe. Negli anni successivi, 2016 e 2017, i curdi-siriani rafforzarono il proprio controllo sul Rojava e contribuirono in modo determinante alla sconfitta finale dell’Isis.
I curdi e l’Occidente
La causa curda dell’Ypg ha suscitato negli anni simpatie presso l’opinione pubblica occidentale. Non solo per il contrasto all’Isis, ma anche per l’ideologia espressa dal movimento. In un’ottica post-marxista, alle donne vengono riconosciuti gli stessi diritti che agli uomini. Esistono inoltre anche milizie curdo-siriane composte da donne, come ad esempio l’Ypj, Unità di protezione delle donne, che combattono spesso a capo scoperto contro gli estremisti islamici dell’Isis. Il Rojava, poi, è stato anche un esperimento politico-sociale, con l’adozione di una Costituzione di stampo democratico, pluralista e liberale, che enfatizza l’ambientalismo e il ruolo delle comunità locali nella gestione del potere. Le simpatie di vari Paesi occidentali nei confronti dei curdi non piacciono agli Stati che da sempre fanno da antagonisti al Kurdistan. La questione è stata discussa ad esempio nel 2022, quando Svezia e Finlandia hanno annunciato di voler aderire alla Nato. Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Erdogan, ha accusato i due Paesi europei di permettere al Pkk di avere una presenza “forte, aperta e riconosciuta” sui loro territori. Ankara, ha continuato, non è contraria all’ingresso tra gli Alleati di Helsinki e Stoccolma, ma queste “devono smettere di consentire ad attività, organizzazioni, individui e altri tipi di presenza del Pkk di esistere in quei Paesi”.
I “tradimenti” dei curdi
Le pretese turche verso Svezia e Finlandia per non osteggiare il loro ingresso nella Nato hanno riaperto la questione dei “tradimenti” dei curdi. L’espressione fa riferimento ad alcuni comportamenti ambigui tenuti dagli Stati occidentali nei confronti del popolo curdo. Tra gli eventi che si fanno rientrare tra i “tradimenti” dei curdi c’è ad esempio il sostegno contro l’Iran che il presidente Usa Ronald Reagan assicurò all’Iraq di Saddam Hussein negli anni ’80, nonostante più fonti parlassero delle sistematiche uccisioni del popolo curdo da parte di Baghdad. Anni dopo, dopo che con Obama gli Stati Uniti avevano di fatto protetto i curdi durante la loro lotta all’Isis in Siria, Donald Trump accettò la proposta di Erdogan di creare una zona di sicurezza nel nord della Siria, che sarebbe stata gestita da Ankara. Il territorio era occupato da molti curdi, che si ritrovarono così a dover fronteggiare le minacce turche.