Grasso: La docuserie «Lotta Continua»: le voci fanno la differenza

Aldo Grasso Corriere della Sera 9 dicembre 2022
La docuserie «Lotta Continua»: un forte impatto emotivo
Tra fatti e memoria, il racconto della nascita e dell’evoluzione di un movimento politico che fa parte della storia recente dell’Italia, il destino dei suoi esponenti

Ho seguito con molta attenzione la docuserie, in 4 parti, «Lotta Continua», di Tony Santucci prodotto da Verdiana Bixio per Publispei con Luce Cinecittà, in collaborazione con Rai. Molto liberamente ispirata a «I ragazzi che volevano fare la rivoluzione» di Aldo Cazzullo (ma il libro va più in profondità), la docuserie ripercorre la storia del gruppo politico Lotta Continua a partire dall’incontro tra il movimento studentesco e quello operaio, avvenuto fuori dai cancelli della Fiat di Mirafiori, passando per la strage di Piazza Fontana, la morte dell’Anarchico Pinelli e l’assassinio del Commissario Calabresi, fino al congresso Nazionale di Rimini, che sancisce lo scioglimento del movimento. Avendo vissuti quegli anni tragici, l’impatto emotivo è stato forte, forte almeno quanto la delusione, per il solito errore di prospettiva: in Italia, i movimenti «rivoluzionari» di quegli anni non hanno aperto una strada nuova ma hanno annientato, con la loro pesantezza ideologica, con la loro illusione di sovvertire strutture ed equilibri, l’immaginario che gli anni Sessanta (The Fab Sixties) avevano creato con l’accumulo di sensazioni, di libertarismo, di film, soprattutto di canzoni.

Però la docuserie racchiude qualcosa di molto importante: il tono della voce dei protagonisti. Proprio il tono della voce (ciò che la pagina scritta non può riprodurre) è l’elemento che, al di là delle parole, testimonia stati d’animo e idee. Le testimonianze di Erri De Luca, Paolo Liguori, Marco Boato, Vicky Franzinetti, Marino Sinibaldi, Gad Lerner raccontano cose diverse, esprimono sentimenti, giustificazioni o critiche con ricostruzioni molto differenti, è vero. Ma tutte sono unite dal medesimo tono di voce: «siamo fieri di quello che abbiamo fatto», «eravamo dalla parte giusta». L’unico tono dissonante, non solo nei contenuti ma soprattutto nella voce, è quello di Giampiero Mughini , pietra d’inciampo del documentario.

 

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