“Stop al bonus cultura per i 18enni” La destra ci prova, esplode la protesta

Giuseppe Colombo La Repubblica 10 dicembre 2022
“Stop al bonus cultura per i 18enni” La destra ci prova, esplode la protesta
Un emendamento di maggioranza alla manovra cancella i fondi per libri, concerti, mostre. I 230 milioni andranno a finanziare anche il Vittoriano e i carnevali storici. I promotori: “Nascerà una nuova Carta anche per testi scolastici”. Renzi: “Farò ostruzionismo”

 

Le firme in fondo all’emendamento sono tre: Federico Mollicone per Fratelli d’Italia, Rossano Sasso in quota Lega e Rita Dalla Chiesa a rappresentare Forza Italia. Tutta la maggioranza vuole cancellare il bonus cultura per i diciottenni, la dote che ogni anno, dal 2017, permette ai neo maggiorenni di spendere 500 euro per andare al cinema o a un concerto, ma anche per comprare un libro invece che iscriversi a un corso di teatro o di lingua straniera. I dati di quest’anno dicono che sono oltre 441 mila i ragazzi che si sono registrati all’app per usufruire del bonus.
Un tasso di adesione importante, il più alto in sei anni, ma che evidentemente non ha convinto i firmatari dato che nella richiesta di modificamonstre alla legge di bilancio compare una lunga lista di nuove spese. I 230 milioni l’anno che sono impiegati per il bonus vengono indirizzati sempre all’ambito della cultura, ma se alcune misure, come l’incremento del welfare per i lavoratori dello spettacolo, sono concentrate su interventi strutturali, molte altre fanno riferimento a finanziamenti di specifici fondi, altre ancora a iniziative di carattere decisamente più tradizionale. C’è la rievocazione de “La Girandola” di Castel Sant’Angelo a Roma, ma anche l’istituzione della Fondazione Vittoriano per la gestione e la valorizzazione del complesso, ancora le celebrazioni per i 150 anni della nascita di Guglielmo Marconi. L’elenco include anche i carnevali storici.
Il dato che rompe la logica del bonus ideato dal governo Renzi è che i soldi passano dai diciottenni agli operatori del settore, oltre a perdersi in altri rivoli, come cori e bande musicali, e in norme che sono ancora più lontane dallo spirito iniziale della misura. L’esempio più eclatante sono le 750 assunzioni al ministero dei Beni culturali. Il leader di Italia Viva si scaglia contro la maggioranza: «Follia, dovranno fermarsi loro, non noi», dice per lanciare una petizione a difesa del bonus. Fa quadrato anche il Pd, con l’ex ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che chiede all’esecutivo di «fare marcia indietro», oltre a ricordare che Paesi come la Germania, la Francia e la Spagna hanno preso proprio il bonus italiano come ispirazione per adottarne uno in casa propria.
Sempre il Pd, attraverso la capogruppo al Senato Simona Malpezzi, prova a convincere il governo a fermare la maggioranza. Chiede che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano esprima parere negativo sull’emendamento che la maggioranza vuole portare sul tavolo delle votazioni in commissione Bilancio alla Camera.
Il ministro, però, rimette tutto alla decisione del Parlamento, mentre i firmatari difendono la norma e annunciano, per l’anno prossimo, la Carta cultura: «Il ministro è al lavoro», assicurano. La traccia è quella del lavoro congiunto con gli operatori del settore, l’obiettivo, viene spiegato, è anche quello di sostenere le famiglie nell’acquisto dei testi scolastici per i figli. «I 230 milioni della App 18 – dice Giorgio Mulè (Forza Italia) – non sono tolti alla cultura, sono soldi che restano tutti nel perimetro culturale che viene solo ridisegnato e saranno destinati a una nuova Carta della cultura che però sia in grado di evitare le truffe ai danni dello Stato per milioni di euro».
Sul fronte opposto, a criticare la mossa della maggioranza è anche l’Associazione italiana editori, con il presidente Ricardo Franco Levi che sottolinea come il bonus «rilancia i consumi culturali». Lo stop al bonus diventa un problema anche per la manovra. Renzi si dice pronto all’ostruzionismo, un grattacapo non di poco conto per Giorgia Meloni visti i tempi ristretti. La condizione per evitare l’esercizio provvisorio è un passaggio blindato a Palazzo Madama. Anche un piccolo rallentamento può far saltare i piani. L’ostruzionismo sarebbe ancora peggio, ma le opposizioni non ci stanno a far passare anche la cancellazione del bonus.

 

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