Il Qatargate, e l’illusione dei parlamentari immuni ai lobbisti

Tonia Mastrobuoni La Repubblica 11 dicembre 2022
Il Qatargate, una macchia sull’ Europa
Non è un cinepanettone, anche se ne ha tutta l’aria. La vicepresidente socialista del Parlamento europeo Eva Kaili, accusata di aver preso soldi dagli emiri del Qatar, nascondeva sacchi di banconote in casa.

 

Suo padre è stato fermato con una valigia piena di soldi. Appena qualche giorno fa, l’ex anchorwoman della televisione greca aveva elogiato il Qatar persino nell’emiciclo di Strasburgo, definendolo “un faro dei diritti dei lavoratori bullizzato da una stampa alla ricerca di titoloni”.
Il presunto capo di un vero e proprio mini-clan di parlamentari e assistenti che secondo la magistratura belga si è fatto corrompere dai qatarini era Antonio Panzeri. Una vita nel sindacato, il parlamentare di Articolo 1 aveva fondato un ong dal titolo “Combatti l’impunità”. E non è una battuta. Anche la moglie, Maria Colleoni e la figlia Silvia Panzeri sono state arrestate perché accusate di favoreggiamento, perché “sapevano del trasporto di doni”, per esempio. E insieme al marito, con il quale organizzava vacanze da 100mila euro, Colleoni avrebbe approfittato di una carta di credito intestata a una terza persona battezzata “il gigante”.

Dalle intercettazioni sembra che Colleoni fosse consapevole dei traffici illegali del marito, che chiamava affettuosamente “intrallazzi”.
La procura belga indaga su corruzione e riciclaggio e sospetta che il Qatar abbia riempito di soldi il gruppetto che ruotava intorno a Panzeri per influire sulle decisioni e sull’umore intorno al Paese del Golfo che ospita i Mondiali.

Il colossale scandalo che ha travolto gli “onorevoli” e persino una vicepresidente del Parlamento non è solo una brutta pagina per i socialisti europei, che ieri hannofatto sapere di essere “sconvolti”. E non turba neanche tanto la mancanza di pudore di Kaili. Capace di elogiare pubblicamente un Paese dove negli ultimi anni oltre 15mila operai stranieri sono morti per regalare agli emiri il Mondiale più contestato della storia, e anche il più autoritario, dove le magliette arcobaleno e le fasce One Love sono bandite dagli stadi. Lo scandalo del mini-clan intorno a Panzeri è anzitutto uno smacco per il Parlamento europeo.

Biblioteche sono state scritte sugli eserciti di lobbisti che pullulano a Bruxelles e Strasburgo, sulle enormi pressioni che a volte vanno a segno a e a volte no — si pensi alle severe decisioni prese dall’Antitrust di Mario Monti, che incrociò le spade con i grandi oligopolisti americani. O al coraggio dimostrato più di recente dalla Commissione Ue con i Digital e Service Acts, che puntano a limitare lo strapotere delle Big Tech. Decisioni che sono state precedute dall’iper attivismo di finti think tank che hanno cercato di minare le norme paventando la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e miliardi di Pil.

Secondo gli studi più recenti, i lobbisti sguinzagliati nelle istituzioni europee da circa 600 imprese e associazioni per influire sulle scelte della Commissione Ue e dal Parlamento investono 100 milioni di euro all’anno per piegare le decisioni ai loro interessi. Ma un conto è il potere delle lobby, che si può e si deve regolamentare. Un conto è un parlamentare che guadagna oltre diecimila euro al mese ma sente il bisogno di farsi regalare sacchi di banconote dal Qatar.

Nell’emiciclo dove si difendono ogni giorno i valori europei è osceno pensare che siedano parlamentari corruttibili persino da regimi autoritari.

 

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