La banalità del malessere e gli alieni della porta accanto

Gianluca Nicoletti La Stampa 12 dicembre 2022
La banalità del malessere e gli alieni della porta accanto
Nulla come il condominio ci obbliga a mettere in atto strategie di convivenza, ma sempre più spesso diventa l’occasione per una resa dei conti


Sarà ricordata come «la strage della riunione di condominio». La carneficina in un bar periferico di Roma, che è costata la vita a tre donne e gravi ferite ad altre quattro persone, è intessuta di un così alto coefficiente di ottusa violenza, ignoranza e bestiale istinto di sopraffazione da non permettere eccessive astrazioni. È pur vero che è veramente difficile non rimandare al luogo comune di come, dietro al periodico rendiconto tra condomini, ci sia spesso la sensazione del possibile accendersi di un campo di battaglia.

La terrificante riunione di condominio bimestrale, che si svolgeva a turno nelle case dei condomini, presieduta da Fantozzi è, sotto l’intento satirico, la più cruda e realistica rappresentazione di quanto questo evento sia un momento di verità. Forse la resa dei conti più implacabile tra esseri umani, la cui convivenza è definita da un regolamento. Gli inquilini se le danno di santa ragione distruggendo il salotto di casa del ragionier Ugo, salvo poi congedarsi con i soliti rituali di ipocrita affabilità che le esigenze di facciata impongono anche a chi si odia di cuore. Forse può servirci riflettere sulla cronaca della mattanza di Fidene, assieme a quanto sia stato possibile immaginare, o ricordare di esperienza personale, riguardo al pregiudizio che ognuno ha radicalizzato nel tempo sulla riunione di condominio.

Il riunirsi per deliberare su interessi in comune dovrebbe essere, senza dubbio, un liberatorio rituale collettivo, in uno spazio e un tempo circoscritti, condivisi da persone che convivono. Molto più spesso però diventa l’occasione in cui ognuno è tentato a esprimere il disagio immancabile di ogni coabitazione. Alla riunione il condomino convocato va armato delle sue rivendicazioni, con la speranza, quasi sempre frustrata, di ottenere giustizia da una sorta di tribunale del popolo, costituito temporaneamente per l’occasione.

Nulla come la coabitazione condominiale ci mette di fronte alla necessità di mettere in atto strategie di convivenza con persone che non abbiamo scelto di incontrare ogni giorno nel nostro pianerottolo, con cui condividere ascensori, parcheggi, androni e scale. Nella convivenza condominiale abbiamo modo di sperimentare le nostre e altrui bassezze. Conosciamo l’invidia per chi pensiamo abbia più di noi senza meritarlo, la frustrazione di dover subire i suo malumori, le sue angherie, come pure i suoi piaceri e le sue fortune. Nel condominio ci si misura i centimetri di davanzale, i decibel di trambusto infantile come pure di affocamento sensuale. Gli afrori delle cucine, dei bagni, delle canne fumarie, delle caldaie, degli scarichi, dei cani, dei gatti. Solo attraverso la comunità condominiale misuriamo, ogni giorno, la nostra sopportazione di presenze aliene al perimetro sacro di casa nostra. La gestione del condominio esprime poi una gerarchia di figure simboliche che spesso contribuiscono a destabilizzare ulteriormente la nostra tenuta civica, messa a prova nel micro universo del convivere quotidiano.

C’è sempre un amministratore, che per qualcuno è un alleato in giochi di piccolo potere, per altri la testa di ponte di un complotto mirato a speculare, depauperare, svilire la nostra proprietà. Poi le classiche figure che esprimono ulteriori poteri abusivamente amministrati, come il portiere, l’umarell zelante che mette ovunque cartelli minatori. L’avvocato che minaccia citazioni, quello che non paga le quote e infine quello che alle riunioni litiga sempre con tutti perché la sua convinzione è avere tutti contro. È la concretizzazione di ogni odioso vicino allucinabile, colui che lamenta con insistenza di trovarsi in una cosmica congiunzione di circostanze avverse, accusando gli altri di appartenere al centro operativo di ogni ingiustizia e vessazione a suo danno.

Quando in questa crudele micro rappresentazione di ogni possibile distorsione del potere e del diritto, qualcuno va alla riunione di condominio portandosi in tasca una pistola, quel già instabile universo implode. Avviene, come si è visto, la più disastrosa apoteosi del banale malessere, oltre ogni dimensione della tragedia per cui possiamo esserci, nel tempo, allenati a saper gestire.

 

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