Aldo Fontanarosa La Repubblica 14 dicembre 2022
Illegittimo il caro bollette
Quasi tre milioni di cittadini “risarciti” dall’Antitrust. Aumenti vietati: affondo contro i big dell’energia
Da Enel a Eni e A2a, sette aziende hanno ignorato lo stop di legge. Istruttorie su omissioni e falsificazioni nei confronti dei clienti
I fornitori di luce e gas si sono dati una missione: rimpiazzare i contratti in vigore, ancora sopportabili per famiglie e imprese, con altri più remunerativi. E poco male se la missione degenera in azioni e omissioni gravi al punto da allarmare i garanti. L’Antitrust si muove per la quarta volta in 4 mesi a tutela dei consumatori. Stavolta il suo cartellino giallo sventola sotto il naso di 7 fornitori che, insieme, fanno l’80% del mercato. Sarebbero già 2,7 milioni i destinatari di aumenti indebiti.
Contro A2a, Acea, Edison, Enel, Engie, Eni ed Hera, l’Antitrust apre un’istruttoria riservandosi multe – per legge, lievi – già nel 2023. Ma da subito, questa la novità, l’Antitrust spazza via i comportamenti che le aziende – chi più, chi meno – avrebbero tenuto verso i clienti. Lettere aggressive, altre sdolcinate e beffarde, modifiche automatiche dei contratti: cose simili devono fermarsi immediatamente, perché l’Antitrust sospetta siano contrarie al Codice del consumo e alle norme primarie. Avrebbero leso, in particolare, ildecreto Aiuti bis del 9 agosto 2022, poi convertito in legge a settembre. Il decreto Aiuti bis stabilisce che i fornitori non potranno cambiare le tariffe di luce e gas fino al 30 aprile 2023. Sono ammessi i soli ritocchi che siano stati comunicati e poi perfezionati entro il 9 agosto 2022, prima che il decreto entrasse in vigore. La modifica è “perfezionata” – chiarisce l’Antitrust – se il consumatore la accetta in modo esplicito o anche tacito.
Pesante il quadro indiziario che grava su Acea, «aggressiva e ingannevole». Per l’azienda, il cambio dicontratto si perfezionava nel momento stesso in cui il cliente riceveva la raccomandata di avviso: apri la lettera e il contratto è già cambiato. Un secondo dopo. Sempre l’Acea ha scritto ai clienti che il cambiamento non era certo un’azione unilaterale (circostanza che aumenta le tutele di persone e imprese). Semplicemente i vecchi contratti erano scaduti: dunque era del tutto lecito cambiarli (così hanno agito anche Enel ed Eni). Ed è questa la linea difensiva che i fornitori oppongono, da ieri: è l’Antitrust – dicono – a sbagliare l’interpretazione delle norme.
Cambiare i contratti, ma di quanto? L’Antitrust dà credito alla segnalazione di un cliente di Acea che si è visto proporre un raddoppio delle tariffe. Sarebbero passate da 0,089 euro per Kilowattora a 0,164 e più. L’Antitrust cita anche un altro utente (stavolta di Enel): il suo aumento era motivatoda una lievitazione del 300% del costo della materia prima. Beffarda suona la lettera proprio di Enel che comunica così alcuni aumenti: «Siamo felici di averti con noi. Rinnoviamo l’impegno e la passione che da sempre ci guidano verso l’offerta di vantaggi creati su misura per te». Neanche Edison brilla nella comunicazione, soprattutto in caso di reclami. Ai clienti infuriati, spiega che sta attendendo «delucidazioni dai riparti» – dagli uffici, sembra di capire – «competenti ». A volte promette una cancellazione degli aumenti che poi, puntuali, fanno capolino in bolletta.
Spesso – è vero – i fornitori hanno ricordato agli utenti il loro diritto a rescindere i contratti senza spese se non accettavano gli aumenti. Ma il diritto appare compresso, se non azzerato, dal momento storico che viviamo. Spiega l’Antitrust – con la Direzione Tutela del consumatore di Giovanni Calabrò – che il cambio apriva alle persone delle opportunità di risparmio finché vivevamo un mondo pacificato e normale. Oggi chi cambia va sicuramente a peggiorare la spesa perché nessun fornitore offre più prezzi calmierati. Non è tutto. Spesso i fornitori impongono tariffe più alte, dalla firma e per i successivi 36 mesi. Non si sa bene perché, ma sono convinti addirittura certi – che la guerra in Ucraina e l’inflazione non si fermeranno prima di tre anni.