Meloni, “sul gas faremo da soli”. Auguri

Ilario Lombardo La Stampa 14 dicembre 2022
Gas, Meloni attacca l’Europa: “Risposte inutili, faremo da soli”
Domani la premier debutta al vertice dei Ventisette. Bruxelles non boccia la manovra, ma critica evasione e pensioni


La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha rilasciato alla Camera dei deputati comunicazioni sul prossimo Consiglio Europeo
Per il suo primo Consiglio europeo Giorgia Meloni ha coniato uno slogan dal vecchio sapore sovranista: «Il nostro obiettivo -ha detto ieri durante le comunicazioni alla Camera- non è più Europa in Italia, ma più Italia in Europa». Cosa vorrà dire concretamente lo si capirà dall’azione del governo italiano nei prossimi mesi, ma il primo test per la premier sarà domani, al debutto in un vertice dei Ventisette a Bruxelles. L’agenda è piena. Meloni atterrerà in Belgio oggi, per il primo summit ad alto livello tra Ue e Asean, il blocco che racchiude dieci Paesi del sud-est asiatico. Ad accogliere la presidente del Consiglio ci sarà la pagella della Commissione europea sulla manovra di Bilancio. Non sarà una bocciatura, anche se saranno confermati i dubbi sulla sostenibilità della riforma delle pensioni (Quota 103), e saranno presentati rilievi sui ritardi nell’attuazione della riforma del fisco, e sulla lotta all’evasione (con un riferimento indiretto alla soglia Pos).

Domani si entrerà nel vivo del confronto tra i leader. E Meloni avrà la sua prima occasione per dimostrare con quale strategia il governo si presenterà al tavolo dei negoziati con i partner più riluttanti. L’energia è il primo banco di prova. Stamattina, prima di partire per il Belgio, la premier bisserà le comunicazioni in Senato, e avrà modo di commentare il risultato del Consiglio europeo straordinario dei ministri dell’Ambiente e dell’Energia, di ieri. Un nulla di fatto. Resta il target di un tetto al prezzo del gas cosiddetto “dinamico”, ma senza un accordo sulla soglia di prezzo. Troppe, ancora, le distanze tra i Paesi. Meloni si prepara al brutto finale delle trattative e dall’aula del Parlamento definisce «insoddisfacente e inattuabile la risposta della Commissione Ue», annunciando che «se le misure europee dovessero tardare o essere inefficaci» il governo è pronto «a intervenire a livello nazionale».

Per capire la dimensione del problema bisogna entrare più nel dettaglio dei negoziati lunghi oltre otto ore. La terza proposta di compromesso sul price cap porta la firma della Repubblica ceca, presidente di turno dell’Ue. Nelle bozze, la soglia di attivazione del meccanismo di correzione dei prezzi sul mercato Ttf di Amsterdam scenderebbe, rispetto agli originari 275 euro a megawattora proposti dalla Commissione, a 180-220 euro, se i picchi fossero raggiunti per un periodo tra tre e cinque giorni o se il prezzo salisse fino a 35 euro in più rispetto all’indice di riferimento mondiale del gas naturale liquefatto (Bruxelles si era fermata a 58 euro). Ed ecco le reazioni opposte. Per il fronte del No, guidato da Germania e Olanda, terrorizzate dall’eventualità di un effetto negativo sulle forniture, le soglie sarebbero troppo basse. Di contro, secondo il fronte guidato da Italia, Francia e altri tredici Paesi, l’asticella è troppo alta. «Servirà più tempo» ha ammesso la commissaria Ue per l’Energia Kadri Simson. Se come pare prevedibile, il Consiglio dei capi di Stato e di governo di domani non produrrà nulla di diverso, il prossimo appuntamento per sperare in un miracolo sarà il vertice ministeriale del 19 dicembre. «Andare in ordine sparso di fronte a queste sfide, pensando che chi è più forte economicamente faccia da sé, e quelli con maggiori problemi di spesa vengano lasciati indietro – ha argomentato ieri Meloni – non solo penalizzerebbe il mercato unico, ma comprometterebbe l’intera Europa».

Ma non c’è solo l’energia, nei pensieri e nelle parole della premier, rivolte a Bruxelles. Meloni torna sui migranti, ed è un assaggio della campagna che il governo prepara per il 2023: «Bisogna passare dal dibattito sulla redistribuzione a quello sulla difesa comune dei confini esterni dell’Ue». Niente di nuovo. È la ricetta di sempre della destra italiana. Meloni risponde anche a chi in questi giorni sostiene che il fronte Est stia portando più profughi in Europa rispetto alla rotta mediterranea, ribadendo il concetto di una netta separazione tra profughi, riconosciuti dal trattato di Dublino, e «migranti economici», che lei definisce «illegali»: «L’Italia quest’anno ne ha fatti entrare 94 mila, e meno del 30% di queste persone avrebbe diritto a essere ricollocata». Argomento che, rispondendo a M5S e Pd, le permette anche di lanciare una frecciata alla Francia, sul meccanismo volontario di redistribuzione: «Hanno ricollocato solo 38 persone entrate in Italia. E in cambio di cosa? Della previsione che l’Italia sia l’unico porto di sbarco possibile». Secondo la premier, lo proverebbe la reazione francese alla prima nave di migranti, la Ocean Viking, sbarcata in Francia dopo le tensioni con l’Italia. La frattura diplomatica ha fatto scendere il gelo con Emmanuel Macron. Nessun bilaterale di chiarimento è all’orizzonte. «In Europa – dice Meloni – devono valere gli stessi doveri e gli stessi diritti per tutti».

 

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