Bruxelles, la città crocevia di agenti segreti. Attenti ai bar

Francesco Grignetti , Francesca Sforza La Stampa 16 dicembre 2022
Bruxelles, la città delle spie: “Attenti quando parlate in bar e ristoranti”
La città è un crocevia di agenti segreti. Quella missione del Copasir in Belgio

Un’unica grande conversazione a cielo aperto, la Bruxelles di questi giorni, dove la frase ricorrente è: «Si sapeva che prima o poi qualcosa sarebbe uscito». E chi lo sapeva? «Un po’ tutti». Con le sue 300 missioni diplomatiche, per un totale di circa 26 mila diplomatici registrati, le numerose stanze delle istituzioni europee e della Nato, e oltre 100 organizzazioni internazionali registrate, la capitale belga è un crocevia di spie paragonabile alla Berlino della Guerra Fredda. I primi avvertimenti della sicurezza del servizio esterno europeo risalgono al 2019: tutti i funzionari erano pregati di fare molta attenzione – si consigliava – ogni volta che si esprimevano in un caffè o in un ristorante del centro, e di preferire gli spazi aperti per le conversazioni di lavoro. L’allarme era riferito in particolare alla presenza di agenti cinesi e russi, che secondo fonti diplomatiche tedesche arrivavano a toccare quasi quota 500. Ma come ha detto recentemente a Politico un funzionario del servizio segreto belga: «Se qualcuno ha il numero preciso delle spie presenti in città faccia la cortesia di comunicarcelo».

Negli ultimi quindici mesi ai russi e cinesi si sono aggiunti i rappresentanti delle monarchie del Golfo, in particolare Qatar, Arabia Saudita e Emirati arabi uniti. «Sono in molti a vedere nella fuga di notizie uno sgambetto del controspionaggio saudita», ci dice un lobbista che preferisce non essere citato. E fa notare che comunque i funzionari del Qatar si sono mostrati incompetenti, oltre che fraudolenti: «Senza l’approvazione del Consiglio tutto quello che fa il Parlamento non è mai vincolante, in altre parole non conta».

Il problema delle spie esiste, tanto che si moltiplicano le voci che reclamano una euro-Cia, un’organizzazione cioè che coordini i 27 servizi di spionaggio nazionali come fa Europol per le forze di polizia. Le resistenze però sono diverse, ed equiparabili a quelle sollevate sul tema della difesa europea: «Non tutti hanno voglia di mettere in comune informazioni riservate e di consegnare il proprio capitale di conoscenze a un’istituzione terza», spiegano funzionari Ue.

Un passo indietro, anzi due. Che il Qatar si stesse muovendo in maniera un po’ troppo spregiudicata, a Bruxelles lo avevano capito in diversi. Quale sia stata la fonte iniziale dell’indagine non è chiaro, ma i servizi segreti del Belgio a un certo punto iniziano un’attività classica. Pedinamenti, intercettazioni, perquisizioni clandestine. Lungo la strada, visto che l’inchiesta si stava strutturando su più piani e in diversi Paesi, come è d’uso, i belgi hanno chiesto la collaborazione ai Servizi collegati. Lo hanno fatto alla maniera degli 007, cioè senza raccontare più del necessario. Per parte italiana collaborano sia l’Aisi sia l’Aise, cioè l’Agenzia interna e l’Agenzia esterna, non prima di avere avuto il via libera dal governo.

Chi doveva sapere, insomma, sapeva. Anche ai piani alti del Parlamento europeo. Tra 2020 e 2022, è al lavoro una commissione presieduta dal socialista francese Raphael Glucksmann sulle ingerenze straniere nei processi decisionali europei. Procedono con molte audizioni e tanto lavoro di analisi. Guarda caso, quando nel marzo scorso sintetizzano i loro lavori, il Qatar è uno dei Paesi citati espressamente come esempio di ingerenza malevola. Scrivono: «Paesi come la Cina e la Russia, ma anche il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia hanno investito pesantemente nelle operazioni di lobbying a Bruxelles».

C’è da considerare che queste Relazioni vengono edulcorate fino all’inverosimile. È quello che c’è dietro, che conta. Glucksmann, per dire il giorno di marzo in cui si vota la sua Relazione, dice: «Chiediamo alle istituzioni di adottare delle raccomandazioni prima che scoppi una crisi», è ora di «mettere fine all’indolenza colpevole e all’ingenuità dei dirigenti europei».

Qualche settimana dopo, arrivano a Bruxelles i membri del Copasir italiano, presieduto in quel momento dal senatore Adolfo Urso, FdI. Anche loro stanno approfondendo il tema delle ingerenze. Ascoltano i responsabili di alcuni uffici molto particolari della Commissione europea; poi incontrano i colleghi della commissione Glucksmann. Tornano a Roma ed ecco che cosa scrivono nella loro ultimissima Relazione: «I principali attori ostili sono, come è noto, la Russia e la Cina che fanno un uso ampio dei vari strumenti di disinformazione e di ingerenza sia sul fronte interno che all’estero nei Paesi considerati nemici. Anche altri Paesi più o meno estesamente sfruttano tali strumenti. Vi sono attori che svolgono una pesante attività di lobbying presso l’Ue, come la Turchia, il Qatar, gli Emirati arabi uniti e l’Azerbaigian».

Rieccolo, il ricchissimo arrembante Qatar. Dice a denti stretti uno dei membri del Copasir: «Ovviamente, prima di prenderci la responsabilità di citare un Paese estero in un nostro documento, qualche riscontro lo facciamo». Intende dire che non si fidarono a occhi chiusi dei lavori della commissione Glucksmann, ma sentirono anche l’opinione della nostra comunità di intelligence. Le informazioni arrivarono. E a quel punto andarono avanti.

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