Emanuele Lauria, Claudio Tito La Repubblica 17 dicembre 2022
Ospiti qatarini in aula per controllare il voto Così operava la “cricca”
Un Parlamento infiltrato. Ma non solo politicamente. Anche fisicamente.
Primo dicembre scorso. La Commissione Libe dell’Eurocamera – quella per le libertà civili – sta discutendo il provvedimento che liberalizza i visti di ingresso in Europa per il Qatar. È un appuntamento cruciale. Considerato fondamentale per la “cricca” ma anche per il governo qatarino.
La scena entro la quale si svolge la votazione è davvero impressionante. Dentro la sala della Commissione, oltre ai parlamentari, ci sono almeno altre quattro persone. Una è Francesco Giorgi, l’assistente arrestato di Andrea Cozzolino, il secondo è il policy Advisor del Gruppo S&D, l’iraniano Eldar Mamedov, e poi due uomini venuti direttamente da Doha. Sono seduti dietro le postazioni regolari dei deputati. E seguono i lavori. Non battono ciglio. Solo quando si arriva all’approvazione finale si alzano e se ne vanno. Esattamente come fanno Giorgi e Mamedov.
Con una piccola ma sostanziale differenza. Quando la “partita” è finita e il provvedimento è entrato in porto, l’assistente di Cozzolino esulta. Come se avesse segnato un gol. E “batte il cinque” con il suo vicino, il consulente del gruppo socialista.
Una scena che ha lasciato di stucco un po’ tutti. Mai si era assistito a una sorta di tifoseria durante l’esame del provvedimento. Soprattutto alla presenza di “osservatori” esterni che sembravano stare lì per controllare. Un “mistero” che nessuno è riuscito a svelare. E che è stato annotato dagli inquirenti belgi che stanno indagando sul Qatargate.
Nel Palazzo che prende il nome di Altiero Spinelli non è rara la presenza di ospiti che assistono ai lavori. Ma certo non in questo modo.
Del resto, da novembre, Giorgi appariva sempre più spesso nervoso. Le sue attenzioni erano rivolte esclusivamente a tre dossier: la risoluzione che si sarebbe poi votata a fine novembre all’assemblea plenaria diStrasburgo, il testo sui visti e l’accordo con la Qatar Airways. Molto agitato. Al punto di fare costantemente pressione su alcuni dei suoi “colleghi” assistenti. Anche sulla chat interna. E violando anche qualche ordinaria procedura. Nelle mail di convocazione del gruppo S&D, ad esempio, il nome di Giorgi ha iniziato a comparire insieme a quello dei parlamentari. Come se la sua presenza fosse obbligatoria anche a livello “politico”, e se quella venisse considerata la “partita delle partite” e forse anche “l’incasso degli incassi”. Basti pensare che proprio sulla misura relativa ai visti, dopo il conteggio dei voti, i funzionari si sono accorti che era spuntato un voto in più. Di chi? Di Eva Kaili, allora vicepresidente del Parlamento e compagna di Giorgi.
La “cricca” aveva accelerato le sua azioni proprio dalla fine di ottobre. Anche la risoluzione, poi approvata a fine novembre, sulle condizioni di lavoro nel paese del Golfo persico, si era trasformata in una gigantesca prova d’esame. E Cozzolino appariva come la testa d’ariete del fronte organizzato da Panzeri. Non solo aveva inviato una mail sponsorizzando la linea “morbida”. Ma nella chat dei deputati Pd ha iniziato a fronteggiare chi voleva inasprire il testo. «Vi siete persi la discussione di ieri nel gruppo.
C’è un lavoro da anni che è stato sciupato – scriveva Cozzolino -. Nel merito le accuse sono ridicole sulla corruzione. Come recita il testo. Comunque non abbiamo avuto tempo e stamattina ho avuto altri problemi, come sapete. Mi scuso con tutti se non ho avuto il tempo di informarvi». Quindi non solo contestava il rischio corruzione in Qatar ma addirittura parlava di un “lavoro sciupato”. Per poi ammettere – lui che era incaricato di seguire la vicenda – di aver nascosto ai “colleghi” i risultati dell’incontro con le altre delegazioni.
Il metodo della “cricca” era questo. Ruotava sulle capacità di Panzeri di organizzare e convincere. E di tessere relazioni. Come il viaggio compiuto nel Sahara Occidentale qualche anno fa, in qualità di presidente della Delegazione per i rapporti con il Maghreb. Una missione organizzata col benestare del Marocco, che pure combatte da decenni la locale popolazione Saharawi, ma che serviva a costruire un’immagine di imparzialità.
Per di più le attenzioni si aprono anche su un fronte spagnolo dell’inchiesta. Una possibilità messa a nudo martedì scorso a Strasburgo, durante la riunione dei parlamentari di S&D. Molti, infatti, chiedevano alla capogruppo Iratxe Garcia e all’esponente greco i motivi della candidatura di Kaili alla vicepresidenza. E la ricostruzione dei fatti faceva ricadere la vicenda ancora su Panzeri. E su un esponente spagnolo del Pse: il capo delegazione Javier Moreno Sanchez. Con lui, infatti, l’ex deputato italiano avrebbe trattato l’elezione di Kaili. Niente di illecito. Ma fa capire quanto larga fosse la rete di rapporti di Panzeri.