Tommaso Ciriaco La Repubblica 20 dicembre 2022
La destra in retromarcia dai pagamenti alla flat tax le promesse annullate
Le poche risorse e gli stop di Bruxelles hanno costretto la maggioranza a cancellare dalla finanziaria le proposte bandiera fatte durante e dopo la campagna elettorale
Sotto l’albero, Matteo Salvini troverà qualche milione di «rompipalle » (cit.) arruolati nell’esercito del Pos. Sono quelli che pagano il caffè con la carta, nemici giurati del ministro leghista sedicente «liberale » che sognava liberi contanti in libero Stato e si rallegrava delle passeggiate alla ricerca di un bancomat: «Mi piace andarci». Perde malamente la destra di governo, piegata dal buonsenso e trafitta da Bruxelles. Ed è di certo questa, per Giorgia Meloni, la sconfitta più cocente di una manovra piccola piccola. Dove la moneta elettronica era l’alfa e l’omega degli “appunti di Giorgia”, sbianchettati in due settimane dalla lobby degli euroburocrati amici delle commissioni bancarie.
Una finanziaria striminzita, si diceva. Strizzata da tempi impossibili, lasciando senza soddisfazione e senza dibattito i parlamentari. Una legge di bilancio figlia di promesse radiose e ritirate strategiche. Flat tax, ma poco e piano. Pensioni minime, qualcosa e soltanto per i più anziani. Mega condono fiscale, ridotto a un sospiro. Opzione donna, che ancora non si capisce bene come finirà. Ma proprio per questo c’era il Pos, madre di tutte le battaglie, parafulmine per ogni recriminazione.
Meloni ci aveva messo la faccia. «Il sostegno all’economia reale – scandiva solo sette giorni fa – passa anche dalla possibilità che l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici sia previsto solo per quelli che superano una certa soglia», una scelta che «il governo rivendica». L’effetto era stato quello di illudere commercianti e operatori, fedeli alla linea di Salvini che intanto insisteva: «Il cittadino deve essere libero di pagare come ritiene. Un Paese libero non ti impone costrizioni». Ma alla fine la terra promessa del contante è finita per essere barattata con il via libera della Commissione, che ha ovviamente sentenziato: dovete rinunciare alla misura, perché nel Pnrr – che assicura all’Italia oltre duecento miliardi – c’è scritto il contrario di quello che intendete fare. E quindi addio alla «pacchia è finita» (sempre Meloni), ritirata strategica lungo una nuova linea del fronte: interverremo comunque sulle commissioni bancarie, «in qualche modo faremo».
Fa male il Pos, perché era forse l’unica promessa su cui Meloni aveva investito davvero in questa manovra. Sulle altre, ci avevano pensato Salvini e Silvio Berlusconi ad accendere sogni. Il leghista aveva in animo una rivoluzionaria flat tax: incrementale, poi al 15% per tutti. «Nel primo consiglio dei ministri la faremo per gli autonomi fino a 100 mila euro », giurava due mesi fa. E invece l’Italia si dovrà accontentare di un ritocchino per le partite Iva nella fascia tra i 65 e gli 85 mila euro.
Ma se Meloni davvero voleva dare un dispiacere – e negare un’altra delle promesse elettorali nate a destra – ha scelto di concentrarsi sul Cavaliere. Ancora pochi giorni fa, il leader azzurro chiedeva a Palazzo Chigi di osare: «È necessario fare il massimo sforzo possibile per aumentare le pensioni minime a mille euro». Saranno limate fino a seicento euro, e soltanto per gli over 75. Altra promessa infranta.
È tutta così, questa manovra. Perché Meloni – questo in effetti lo sostiene da mesi, e già in campagna elettorale – non ha alcuna intenzione di tradire il rigore promesso prima di apprestarsi a sostituire Mario Draghi. Se non fosse che con quei punti programmatici i partiti di governo hanno vinto le Politiche. Ovunque ci si volti, la scarsità di risorse genera confusione e produce caos: il superbonus sarà prorogato a fine dicembre, anzi no, e infine sembra di sì (ma chi ha da investire, attenda la versione finale, non si sa mai). E peggio va per opzione Donna, su cui gli uffici dell’esecutivo cambiano idea ogni 24 ore, senza chiarire se varrà anche per chi non ha figli. E anche qui, vale il consiglio di prima: studiare la versione che sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale.
Alla fine, queste settimane saranno ricordate soprattutto per due slogan. Uno sbriciolato dalle abitudini, quello sul pos. L’altro invece difeso strenuamente e portato a casa (e in cassa) per esplicito volere di Meloni: il reddito di cittadinanza varrà al massimo altri sette mesi. Qualcos’altro verrà, forse. O, per dirla come nella disfida sul bancomat, «qualcosa ci inventeremo».