Cuperlo si candida : “È in discussione l’esistenza del partito”

Giovanna Casadio La Repubblica 24 dicembre 2022
Cuperlo si candida alla segreteria del Pd: “È in discussione l’esistenza del partito”
Intervista al deputato dem: “Ci sarò con umiltà, nella chiarezza delle idee, fuori dai trasformismi che hanno impoverito l’anima della sinistra”. E ancora: “Temo che possiamo finire come i socialisti in Francia”

“Mi candido per la segreteria. Non mi sostengono potentati, ma la consapevolezza che è in gioco l’esistenza del Pd”. Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione dem e deputato, triestino, 60 anni, è stato l’ultimo segretario della Federazione giovanile comunista ma anche uno dei fondatori del Pd. Alle primarie già sfidò nel 2013 Matteo Renzi, ma perse. Adesso ha gettato di nuovo il cuore oltre l’ostacolo, come spiega in un’intervista a Repubblica, rappresentando l’area della sinistra poco convinta da Elly Schlein.

Cuperlo, ha deciso di candidarsi alle primarie per la segreteria del Pd?

“Ci sarò con umiltà, perché in discussione questa volta è l’esistenza del Pd. Non pesano solo la sconfitta e i sondaggi, ma il non aver mai voluto discutere la perdita dei sei milioni di voti dal 2008 a oggi. Vorrei aiutare a farlo nella chiarezza delle idee, fuori da trasformismi che hanno impoverito l’anima della sinistra”.

Perché si candida? Non ha ritenuto valide la proposta di Bonaccini, Schlein o De Micheli?

“Avrei voluto un congresso che non partisse dai nomi. In questi anni abbiamo cambiato nove segretari e vissuto tre scissioni, forse dovremmo riflettere sul perché. Stimo Stefano, Elly, Paola, solo penso che senza un confronto plurale e sincero i guasti di ora potrebbero riprodursi dopo”.

Eppure Schlein è una candidatura di novità e rottura, che dovrebbe raccogliere il consenso della sinstra dem, non crede? Cosa non l’ha convinta?

“Vorrei dirle cosa mi spinge a fare un passo in avanti anche contro il mio carattere: è il timore che il Pd non regga il peso dei suoi errori e possa finire come i socialisti in Francia. Quello sarebbe un danno irreversibile e se vogliamo evitarlo serve che più voci si confrontino. L’alternativa sarebbe l’ennesima conta sui nomi mentre il problema è tornare a pensare al mondo per come è stato stravolto e a una società impoverita non solo nel reddito ma in una domanda di senso. La destra ha vinto per una ideologia che ha cavalcato sofferenze e rabbia. Non la batteremo senza un impianto ideale e culturale più solido e credibile, che si parli di riscatto sociale o dei concetti di libertà e fraternità”.

Chi la appoggerà in questa sua sfida?

“So di non avere nessun potentato alle spalle, nessuna risorsa o promessa da fare, spero quanti pensano che la politica non può rinunciare a una dose di utopia e che non tutto si possa racchiudere in un decalogo di riforme”.

Ma Andrea Orlando, Goffredo Bettini saranno suoi supporter?

“Decideranno loro come stare nel congresso”.

È vero che una parte del Pd ha nostalgia di Pds-Ds come sostiene Arturo Parisi, e come temono alcuni cattolici democratici?

“Non ho nostalgie e so che se una sola delle culture che il Pd lo hanno fatto nascere, dovesse abbandonare la strada tracciata da Prodi e Veltroni semplicemente non esisterebbe più il Pd. Forse qualcuno sarebbe felice di tornare alle vecchie case. Io penso che sarebbe la fine dell’intuizione più coraggiosa che la sinistra, il cattolicesimo democratico, l’ambientalismo, il pensiero femminista hanno avuto negli ultimi cinquant’anni”.

La frammentazione delle candidature non aiuta un Pd in affanno.

“La prima fase del congresso vedrà il voto degli iscritti e di chi aderirà alla Costituente. Il mio appello è che siano in tanti perché la prima garanzia di una discussione vera è una partecipazione larga”.

Quali le priorità con cui si presenta?

“Il tema non è spostare il Pd più al centro o più a sinistra. La prova è restituire un’autonomia politica e di pensiero al nome che ci siamo dati, Partito Democratico”.

Prima le primarie e poi il manifesto dei valori o viceversa?

“I valori non si riscrivono ogni dieci anni e sono gli stessi di quando il Pd è nato. Il punto è che non sempre li abbiamo rispettati, ma se la sinistra non incontra i bisogni delle persone e rinuncia alla sua promessa, allora proclamare i valori non basta”.

Ma la Costituente degli 87 saggi (meno due, De Giovanni e Zanda che hanno lasciato) deve andare avanti?

“Dovrà proseguire e allargarsi per costruire l’alternativa culturale e sociale alla destra”.

Non è solo un refrain parlare di questione morale dopo che i buoi sono scappati?

“Se la politica si riduce a mestiere, se la si chiude nelle istituzioni e fuori non si ha voce né potere, può accadere che l’etica pubblica scivoli sullo sfondo e si tollerino comportamenti incompatibili con la biografia di migliaia di sindaci, amministratori, segretari di circolo. Discutiamo anche di questo a partire dall’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione sulla disciplina dei partiti”.

Lei ha detto che bastava poco per non avere la Fiamma a Palazzo Chigi, cosa bastava? L’alleanza con Conte?

“Temo che Conte voglia sfruttare le difficoltà del Pd piuttosto che unire le opposizioni nel contrastare una destra incapace e pericolosa. È il secondo tempo della campagna elettorale ed è un calcolo miope perché l’avversario non siamo noi, a partire dalle regionali nel Lazio e in Lombardia dove questa volta Majorino può vincere”.

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