Maurizio Molinari La Repubblica 24 dicembre 2022
Joe Biden e Xi Jinping, una rotta comune
A dieci mesi esatti dall’invasione russa dell’Ucraina, Stati Uniti e Cina iniziano a muoversi insieme. Non è ancora un’intesa dichiarata e molti ostacoli possono far franare lo “spirito di Bali”, ma per la prima volta Zelensky e Putin sono obbligati ad ascoltare
Il presidente ucraino Zelensky aveva lasciato da poche ore il suolo americano, quando il Segretario di Stato Antony Blinken ha chiamato il parigrado cinese Wang Yi per coordinare un’accelerazione degli sforzi diplomatici per arrivare ad un’interruzione delle ostilità fra Russia e Ucraina. Dopo essersi incontrati al G20 di Bali per condividere la necessità di impedire l’escalation nucleare russa, i presidenti di Usa e Cina, Biden e Xi, sono dunque entrati, assieme, nella fase del tentativo diplomatico vero e proprio.
Ognuno gioca una partita diversa, ma se facciamo bene attenzione le mosse sono convergenti. Prima di Bali, Xi ha accolto a Pechino il cancelliere tedesco Olaf Scholz – alleato privilegiato nell’Unione Europea – per chiedere a “Germania ed Europa di facilitare i negoziati” Ucraina-Russia e poi, nell’occasione, ha ribadito alla volta di Mosca il “no” all’uso dell’arma nucleare.
Ovvero, Xi vuole creare un fronte Cina-Ue di pressioni su Putin per fargli capire che la sua via d’uscita dal disastro ucraino non è inviare al fronte altri 1,5 milioni di soldati o ricorrere alle armi proibite ma fermare i combattimenti e tentare di salvare ciò che resta dell’economia russa.
Biden, sul fronte opposto, abbraccia Zelensky nello Studio Ovale, gli consegna lo scudo dei Patriot per proteggersi dai missili russi ma poi gli chiede il coraggio di affrontare una “pace giusta” ovvero accettabile anche dalla controparte. Magari rinunciando alla Crimea.
L’assegno di quasi 45 miliardi di dollari in armamenti Usa in arrivo a Kiev giunge dunque con la richiesta di fermarsi sulle sponde del Dnipro ed accettare un congelamento dei combattimenti simile a quello che nel 1953 pose fine alla guerra in Corea e nel 1974 all’intervento turco a Cipro.
In questa dinamica di mosse a scacchiera da parte di Washington e Pechino – quasi da evocare alla lettera i suggerimenti affidati da Henry Kissinger al suo ultimo libro Leadership – spicca la scelta di Xi di alzare il profilo della scommessa negoziale.
“Siamo sempre stati dalla parte della pace e vogliamo adesso giocare un ruolo costruttivo”, ha detto Wang Yi ad Antony Blinken usando toni e termini che portano alle estreme conseguenze il “disappunto” sull’andamento della guerra espresso da Xi a Putin questa estate durante l’incontro in Uzbekistan.
Dunque, a dieci mesi esatti dall’invasione russa dell’Ucraina le due ultime superpotenze del Pianeta iniziano a muoversi su una rotta comune. Non è ancora un’intesa dichiarata e molti ostacoli strategici – da Taiwan a TikTok – possono far franare lo “spirito di Bali” ma per la prima volta Zelensky e Putin sono obbligati ad ascoltare perché senza le armi Nato l’Ucraina non può continuare a difendersi e senza lo sbocco economico cinese il crollo dell’economia russa nel 2023 diventerebbe una catastrofe.
Tanto Biden che Xi hanno bisogno che tacciano le armi lungo il Dnipro per consentire all’Europa di iniziare a rimarginare profonde ferite geoeconomiche, per far ripartire la globalizzazione dei mercati – magari con regole migliori – e per dedicarsi alla sfida frontale del XXI secolo sulla leadership nella ricchezza e nell’innovazione.
Una sfida nella quale anche l’Europa potrà svolgere la sua parte se riuscirà a contribuire alle precondizioni per il primo, e forse decisivo, incontro fra Biden e Putin.
È di questo che ha parlato il presidente Emmanuel Macron alla Casa Bianca durante la recente visita di Stato ed è sempre di questo che Scholz ha parlato con Xi a Pechino. Per gli altri partner dell’Ue, Italia inclusa, è un momento decisivo per sostenere gli inediti – e non dichiarati – sforzi Usa-Cina.
Al fine di far comprendere al leader del Cremlino che l’unica maniera che ha per restare al potere è decidere di far tacere le armi perché nessuna guerra è uguale a quella precedente e questa volta neanche il generale Inverno può riuscire a rovesciare a favore della Russia le sorti della più umiliante delle sconfitte.
Joe Biden e Xi Jinping, una rotta comune che ridimensiona Zelensky e Puin
Maurizio Molinari La Repubblica 24 dicembre 2022
Joe Biden e Xi Jinping, una rotta comune
A dieci mesi esatti dall’invasione russa dell’Ucraina, Stati Uniti e Cina iniziano a muoversi insieme. Non è ancora un’intesa dichiarata e molti ostacoli possono far franare lo “spirito di Bali”, ma per la prima volta Zelensky e Putin sono obbligati ad ascoltare
Il presidente ucraino Zelensky aveva lasciato da poche ore il suolo americano, quando il Segretario di Stato Antony Blinken ha chiamato il parigrado cinese Wang Yi per coordinare un’accelerazione degli sforzi diplomatici per arrivare ad un’interruzione delle ostilità fra Russia e Ucraina. Dopo essersi incontrati al G20 di Bali per condividere la necessità di impedire l’escalation nucleare russa, i presidenti di Usa e Cina, Biden e Xi, sono dunque entrati, assieme, nella fase del tentativo diplomatico vero e proprio.
Ognuno gioca una partita diversa, ma se facciamo bene attenzione le mosse sono convergenti. Prima di Bali, Xi ha accolto a Pechino il cancelliere tedesco Olaf Scholz – alleato privilegiato nell’Unione Europea – per chiedere a “Germania ed Europa di facilitare i negoziati” Ucraina-Russia e poi, nell’occasione, ha ribadito alla volta di Mosca il “no” all’uso dell’arma nucleare.
Ovvero, Xi vuole creare un fronte Cina-Ue di pressioni su Putin per fargli capire che la sua via d’uscita dal disastro ucraino non è inviare al fronte altri 1,5 milioni di soldati o ricorrere alle armi proibite ma fermare i combattimenti e tentare di salvare ciò che resta dell’economia russa.
Biden, sul fronte opposto, abbraccia Zelensky nello Studio Ovale, gli consegna lo scudo dei Patriot per proteggersi dai missili russi ma poi gli chiede il coraggio di affrontare una “pace giusta” ovvero accettabile anche dalla controparte. Magari rinunciando alla Crimea.
L’assegno di quasi 45 miliardi di dollari in armamenti Usa in arrivo a Kiev giunge dunque con la richiesta di fermarsi sulle sponde del Dnipro ed accettare un congelamento dei combattimenti simile a quello che nel 1953 pose fine alla guerra in Corea e nel 1974 all’intervento turco a Cipro.
In questa dinamica di mosse a scacchiera da parte di Washington e Pechino – quasi da evocare alla lettera i suggerimenti affidati da Henry Kissinger al suo ultimo libro Leadership – spicca la scelta di Xi di alzare il profilo della scommessa negoziale.
“Siamo sempre stati dalla parte della pace e vogliamo adesso giocare un ruolo costruttivo”, ha detto Wang Yi ad Antony Blinken usando toni e termini che portano alle estreme conseguenze il “disappunto” sull’andamento della guerra espresso da Xi a Putin questa estate durante l’incontro in Uzbekistan.
Dunque, a dieci mesi esatti dall’invasione russa dell’Ucraina le due ultime superpotenze del Pianeta iniziano a muoversi su una rotta comune. Non è ancora un’intesa dichiarata e molti ostacoli strategici – da Taiwan a TikTok – possono far franare lo “spirito di Bali” ma per la prima volta Zelensky e Putin sono obbligati ad ascoltare perché senza le armi Nato l’Ucraina non può continuare a difendersi e senza lo sbocco economico cinese il crollo dell’economia russa nel 2023 diventerebbe una catastrofe.
Tanto Biden che Xi hanno bisogno che tacciano le armi lungo il Dnipro per consentire all’Europa di iniziare a rimarginare profonde ferite geoeconomiche, per far ripartire la globalizzazione dei mercati – magari con regole migliori – e per dedicarsi alla sfida frontale del XXI secolo sulla leadership nella ricchezza e nell’innovazione.
Una sfida nella quale anche l’Europa potrà svolgere la sua parte se riuscirà a contribuire alle precondizioni per il primo, e forse decisivo, incontro fra Biden e Putin.
È di questo che ha parlato il presidente Emmanuel Macron alla Casa Bianca durante la recente visita di Stato ed è sempre di questo che Scholz ha parlato con Xi a Pechino. Per gli altri partner dell’Ue, Italia inclusa, è un momento decisivo per sostenere gli inediti – e non dichiarati – sforzi Usa-Cina.
Al fine di far comprendere al leader del Cremlino che l’unica maniera che ha per restare al potere è decidere di far tacere le armi perché nessuna guerra è uguale a quella precedente e questa volta neanche il generale Inverno può riuscire a rovesciare a favore della Russia le sorti della più umiliante delle sconfitte.