Il direttore de L’Espresso licenziato per un’inchiesta sull’Amazzonia?

Andrea degl’ Innocenti  italiachecambia.org 22 dicembre 2022
Il direttore de L’Espresso licenziato per un’inchiesta sull’Amazzonia?

 

Il direttore del settimanale l’Espresso è stato licenziato. Il motivo? Alcune indiscrezioni dicono che sia legato a un’inchiesta che gettava delle ombre su un’azienda della famiglia Agnelli-Elkann, ex proprietaria del giornale.

 


 

Intanto è passato l’emendamento alla legge di bilancio che introduce la caccia selvaggia in città e nelle aree protette, mentre in Afghanistan i talebani vietano l’università alle donne. E il mondo scientifico torna a discutere di geoingegneria solare.

COSA SUCCEDE ALL’ESPRESSO?
Forse avrete sentito di sfuggita del gran casino che sta succedendo all’Espresso. Ma di sfuggita, perché se ne sta parlando davvero poco, ma credo che la questione meriti un approfondimento. Detta in brevissimo il nuovo direttore Lirio Abbate è stato licenziato dall’editore Danilo Iervolino, forse – ma poi lo argomentiamo meglio – per via di un’inchiesta che toccava gli interessi della famiglia Agnelli-Elkann.

Facciamo un po’ di storia, per capire meglio dove si colloca questo avvenimento. Il trambusto all’Espresso non è cosa recente, nel senso che il primo scossone era arrivato nel marzo 2022 quando l’allora direttore Marco Damilano aveva consegnato le sue dimissioni in seguito alla decisione del gruppo Gedi, di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, di cedere il settimanale al gruppo editoriale BCF, lo stesso che pubblica testate come Forbes, Asset Class, ITE (Investment & Trading Events), insomma roba per chi è interessato a far soldi, più che a fare inchieste.

Damilano se n’era andato allora sostenendo che questa decisione fosse scellerata e che tradisse l’identità del settimana, storicamente legato al giornalismo d’inchiesta. Al suo posto la nuova proprietà aveva scelto Lirio Abbate, giornalista d’inchiesta, noto per i suoi saggi e le sue inchieste sulla mafia che gli sono valsi sia diversi riconoscimenti che una scorta, per minacce ricevute.

Ed ecco che arriviamo alla notizia di più stringente attualità. Vi leggo come la racconta la redazione di Pressenza: “L’editore Danilo Iervolino, ha licenziato il direttore Lirio Abbate, che aveva assunto la guida de L’Espresso dopo le dimissioni di Marco Damilano.

A quanto pare la ragione del licenziamento sarebbe la pubblicazione come servizio di copertina sul numero dell’11 dicembre dell’inchiesta “Chi guadagna dai disastri”. Un’indagine senza sconti su varie situazioni emergenziali nel pianeta e in particolare sui ripetuti incendi che stanno da tempo devastando l’Amazzonia – e sugli interessi che ci stanno dietro, sui veri e propri finanziatori delle società agroalimentari sotto accusa.

Tra essi veniva citata anche la Cnh, società che fa capo alla Exor di John Elkann, proprietario del Gruppo Gedi (e quindi ex proprietario de L’Espresso, che come è noto continua ad essere distribuito come supplemento de La Repubblica ogni domenica).

Possiamo immaginare quanto John Elkann abbia gradito l’inchiesta: non a caso il giorno prima dell’uscita de L’Espresso, La Repubblica si era affrettata a pubblicare un’intervista a tutta pagina allo stesso Elkann.

Dall’articolo su Pressenza non è chiarissimo quale sia la fonte di questa ricostruzione dei fatti. Facendo una rapida ricerca ho trovato che i primi a proporre questa ipotesi del legame fra l’inchiesta sull’Amazzonia e il licenziamento di Abbate sono stati Paolo Biondani e Pietro Mecarozzi su Dagospia.

La pubblicazione di questo retroscena da parte di Dagospia, a sua volta, ha provocato la risposta di Andrea Griva, a capo della comunicazione del Gruppo Gedi, che ha detto: “Ho letto la Dagonota secondo cui la rimozione di Lirio Abbate dalla direzione de l’Espresso sarebbe stata richiesta da Exor o da Cnh Industrial. Sei fuori strada, e ti do una notizia: aspettiamo a braccia aperte il ritorno di Lirio nel Gruppo Gedi (controllato da Exor)”.

Questo è quello che sappiamo fin qui, e che probabilmente cointinueremo a sapere su questa vicenda, giudicate voi quanto ritenete probabile o plausibile la ricostruzione di Dagospia. Nel frattempo, l’Espresso è sempre più nel caos. Abbate aveva un piano piuttosto ambizioso, annunciano nel suo primo editoriale in cui parlava dell’Espresso del Futuro, un “Netzine (network+magazine), basato su multimedialità e coinvolgimento dei lettori caratterizzato da inchieste graffianti e però aperto anche al mondo della cultura e dell’economia, con uno sguardo particolare ai giovani.”

Fra l’altro, dopo l’inchiesta sull’Amazzonia l’ultimo numero in edicola – riporta ancora Pressenza – conteneva un lungo articolo su ben quattro pagine intitolato senza mezzi termini Spreco ad Alta Velocità, che riepilogava molto bene la trentennale opposizione al Tav Torino Lione, a firma di una giovane (e brava) Diletta Bellotti che si qualifica semplicemente attivista. Insomma, il settimanale sembrava aver imbroccato una giusta direzione per provare a rinverdire i vecchi fasti. Ma non è andata.

Nella sua lettera di commiato ai lettori Abbate scrive: “Quando ho iniziato a dirigere questo giornale ho chiarito che sarei stato al servizio dei lettori e non di questo o quel politico (…) Ho spiegato che L’Espresso è ‘un certo modo di fare giornalismo’, un metodo nel guardare al mondo, senza bavagli né pregiudizi (…) animato dallo spirito di libertà: L’Espresso si è sempre caratterizzato per le inchieste documentate ed esclusive che spesso disturbano i potenti, ledono gli interessi consolidati…”.

A prendere il posto di Abbate è stato colui che fino a ieri era direttore di Forbes Italia, Alessandro Rossi, descritto anche come “manager di alto profilo di BFC Media”, un fedelissimo della proprietà.

Intanto la redazione dell’Espresso ha scioperato due giorni fa e ha annunciato lo stato di agitazione. Leggo dal comunicato: “La redazione dell’Espresso, riunita in assemblea permanente, conferma lo stato di agitazione e proclama una giornata di sciopero per domani 20 dicembre 2022. L’improvvisa sostituzione del direttore Lirio Abbate vanifica il lavoro svolto in vista dell’imminente rilancio del giornale e pone gravi dubbi sul nostro futuro. Attendiamo di conoscere nel dettaglio il piano editoriale del nuovo direttore Alessandro Rossi, in maniera più completa di quanto appreso dalle sue interviste.

Ci preoccupa la sua scelta di non lasciare altre direzioni e la non meglio precisata volontà di integrare e “omogenizzare” L’Espresso con altre testate del gruppo che nulla hanno a che fare con la storia e l’identità del nostro settimanale. Siamo aperti al confronto con l’azienda e con il direttore su basi di chiarezza, trasparenza e reciproco rispetto, ma ribadiamo che saremo intransigenti e compatti nel difendere il prestigio e l’indipendenza del nostro giornale”.

Aspettiamo le evoluzioni di questa vicenda. E per quel che vale, ne continueremo a parlare, statene certi.

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