Manovra, l’opposizione protesta e guadagna un giorno

Andrea Colombo il Manifesto 28 dicembre 2022
Manovra, l’opposizione protesta e guadagna un giorno
Occupata la commissione bilancio. Il voto finale slitta da oggi a domani

 

Un ultimo scacco, però rimediabile. La premier ci teneva molto ad arrivare alla conferenza stampa di fine anno, domani, con la manovra già approvata. Per questo il voto di fiducia al Senato era previsto per stasera alle 20. L’opposizione però si impunta e occupa l’aula della commissione Bilancio.

Gli occupanti si immortalano, con i telefonini, seduti ai banchi della presidenza fra i richiami dei commessi: «Senatori, sarebbe proibito». Alla fine il voto slitta a domani: le dichiarazioni inizieranno questa mattina alle 9 e a seguire le votazioni. Ma dopo il taglio dei parlamentari i tempi a palazzo Madama sono diventati fulminei. È probabile che Giorgia Meloni inizi il suo incontro con la stampa con la manovra già in cassaforte, ma se anche così non fosse il sospirato varo arriverà comunque prima la conferenza stampa termini.

Il rinvio, ammette Raffaella Paita del Terzo Polo, «è una magra consolazione». Scheletrica sarebbe più preciso. Non solo perché la marcia resta a tappe forzate ma perché la discussione generale di oggi – al termine della quale, dopo le sei ore e mezza previste, il governo porrà la questione di fiducia – è completamente inutile. Serve a segnare il punto e nulla di più. La legge di bilancio non cambierà di una virgola. Emendare vorrebbe dire sforare i tempi e sfidare l’esercizio provvisorio. Al Senato restano i compiti di una segreteria ma del resto non è una novità apportata dalla destra. L’uso di discutere le leggi in una sola Camera è già prassi consolidata.

Nonostante il passaggio al Senato sia poco più di una formalità burocratica, ieri non è mancata la solita marcia a singhiozzo fatta di ritardi e rinvii. In partenza slitta la seduta della commissione Bilancio, perché manca la Relazione tecnica di passaggio del provvedimento. Per lo stesso motivo l’aula apre e subito richiude i battenti. Dopo un paio d’ore la scena si ripeterà: la relazione ancora latita. Nel frattempo il termine per la presentazione degli emendamenti viene fissato per le 19, con un anticipo di oltre 12 ore, sempre perché c’è di mezzo quella conferenza stampa e il ritorno d’immagine di cui la premier è in cerca.

Insomma a palazzo Madama va in scena una pantomima, una guerra per finta a solo uso delle telecamere e dei titoli di prima pagina. L’attenzione del governo, ma anche quella dell’opposizione, è già puntata sulla prossima scadenza: fra tre mesi, quando sarà necessario procedere con una nuova “manovrina” che sarà probabilmente più combattuta, anche all’interno della maggioranza, di quanto non sia stata questa legge di bilancio, in larga misura già scritta in anticipo. Per Giorgia Meloni il vero primo banco di prova sarà quello.

È un passaggio potenzialmente molto rischioso per il governo, perché i ristori saranno di nuovo necessari ma senza più fondi a disposizione e perché molte voci oggi inevase, prima fra tutte la sanità, finiranno lì. Alcuni elementi, però, autorizzano l’ottimismo di palazzo Chigi: i dati della crescita, superiori di sei decimali a quanto previsto in settembre, dal 3,3% al 3,9%, e il calo del costo del gas. Senza brutte sorprese nei prossimi tre mesi, la prova potrebbe rivelarsi meno difficile del previsto.

 

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