Covid, l’Italia ha la sindrome cinese: l’operazione test è un pasticcio

Brunella Giovara La Repubblica 30 dicembre 2022
Covid, l’Italia ha la sindrome cinese: l’operazione test è un pasticcio
Solo Omicron tra i positivi a Malpensa. La comunità del Dragone: “C’è aria di discriminazione”. L’avvio a macchia di leopardo. Il ministero chiede il tampone rapido, ma la Lombardia sceglie il molecolare. E in Toscana caccia anche a chi arriva con scalo

 

La giudiziosa Wushi Hui, commessa di 33 anni, racconta della Cina: «Prima c’era il lockdown, poi liberi tutti. Ma la gente ha paura, sta chiusa in casa. Tutti vogliono festeggiare il Capodanno…» e intende da vivi, e non in quarantena. Lei e altri 66 del volo da Tianjin appena arrivato a Malpensa, sbarca in un Paese che ha di nuovo paura del Covid e dei cinesi, allestisce al volo un’area tamponi nell’area Extra Schengen, e in una Regione che ha più paura di tutte le altre, poi, e con uno scatto in avanti decide il molecolare per tutti, subito. E un Covid hotel, in preparazione da qualche parte nella Brianza, «30-40 posti letto», dice il direttore generale del Welfare lombardo, Giovanni Pavesi, a Malpensa per l’evento.
E anche i cinesi arrivano, storditi da 10 ore low cost della Neos, i soldi in mano per pagarsi il tampone: 90 euro. Una protesta: la signora Milena, cinese con marito italiano: «Se il governo italiano vuole fare questa cosa, i tamponi devono essere gratis. In Cina li facciamo tutti i giorni, gratis». E tre italiani protestano e non pagano, ma il tampone glielo fanno lo stesso. E nelle stesse ore, a Fiumicino arrivano due voli diretti dalla Cina, e l’assessore D’Amato annuncia che su quello del pomeriggio c’erano 5 persone positive su 49. E come fa a saperlo già? A Roma fanno il test antigenico, poi il sequenziamento. In Lombardia bisogna aspettare il 2 gennaio, «a meno che la Regione non ci metta fretta», spiega Alberto Colombo, microbiologo della Asst Sette Laghi di Varese: «Siamo il centro di riferimento per le sequenze, abbiamo comprato per tempo i macchinari. Se siamo in allarme? Beh, i cinesi sono lenti a immettere i dati nel database internazionale… Non bisogna abbassare la guardia». E nel frattempo? Resteranno a casa in isolamento fiduciario.

E nella sindrome cinese che si diffonde come una serpe, e di nuovo, tra gli italiani che vedono passare le immagini di obitori pieni, arrivano le prime richieste di screening obbligatorio sui cinesi, come dice la deputata Mazzetti di Forza Italia, «soprattutto a Prato, dove la concentrazione è molto alta». A Milano, Francesco Wu, presidente onorario degli imprenditori Italia Cina, sente già «aria di discriminazione». Certo, allarmano i primi dati da Malpensa, sui due voli del 26 dicembre era positivo quasi un passeggero su due. E su questo? Gli sbarcati stavano tutti benissimo, la Ffp2 ben aderente al naso. Quindi, potrebbe finire com’è stato finora, che i positivi sono tutti «variante Omicron», e non ci sono varianti nuove.

E come dice un’impiegata della Air China, al telefono con qualcuno nel parcheggio, «a questi adesso li bombardano perché arrivano diretti da là, ma tutti gli altri voli che fanno il giro largo?». È una bella domanda. Il ministro Schillaci ha già detto che «il tracciamento è pressoché impossibile». Il governatore Zaia chiede «un cordone sanitario», annuncia «i sequenziamenti su 11 cittadini cinesi positivi residenti in Veneto e atterrati a Malpensa» (quindi l’esame lo fanno due volte, a Varese e in Veneto?). La Toscana ha preparato due postazioni sanitarie a Firenze e a Pisa (e due Covid hotel). Non tutto è chiarissimo, affiora una certa mancanza di linea comune, ogni Regione va per conto suo. E mentre si aspettava il volo cinese, il lombardo Pavesi spiegava che «non c’è ancora l’obbligatorietà del tampone, perché il decreto entra in vigore alle 20,30…».

E quindi? Tampone per tutti, in una Regione che conta 44.500 morti da inizio pandemia. La compagnia Neos, unica italiana a volare in Cina, ha messo un avviso sul sito: «La Lombardia ha dato indicazioni di sottoporre a tampone molecolare di screening tutti i passeggeri provenienti dalla Cina, fino al 30 gennaio». E i 67 tra cinesi e una decina di europei sbarcati ieri? Gli eventuali positivi dovranno fare un tampone “in uscita”. Il decreto Rave sopprime l’obbligo del test per uscire dall’isolamento di 5 giorni, ma la quasi contemporanea ordinanza del ministro Schillaci impone «l’obbligo di un ulteriore test antigenico o molecolare con esito negativo per porre fine all’isolamento». Qualcuno lo dica ai “cinesi”, in quanto arrivanti dalla Cina, ché ancora non lo sanno.

 

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