Meglio Pelé o Maradona? Una parte della leggenda non si è mai vista in tv

Paolo Condò La Repubblica 30 dicembre 2022
Meglio Pelé o Maradona? Una parte della leggenda non si è mai vista in tv
Di molte imprese della Perla Nera abbiamo solo una narrazione eroica. Ma il duello infinito con Diego li divide e li unisce per sempre

 

Pelé non invecchiava mai, mantenne lo stesso fisico e la stessa faccia per almeno trent’anni filati. Così, ogni volta che accadeva di incrociarlo – ai Mondiali, o in qualche finale d’élite – veniva da chiedergli di tornare in campo per risolvere la vexata quaestio su chi fosse il migliore tra lui e Maradona.

Pelé e Maradona, amore e odio
I due si detestavano, prima ferocemente e poi più cordialmente, dopo la comparsata di O Rei alla Noche del Diez, lo show che Diego condusse nel 2005 su una televisione argentina. A dividerli, più che la naturale rivalità fra brasiliani e argentini, era appunto l’ambizione di definirsi – e ciascuno aveva le sue solide ragioni – il miglior calciatore della storia. All’epoca non si parlava ancora di GOAT, l’acronimo inglese (“Greatest Of All Time”) che da qualche tempo segna questi paragoni, peraltro sempre più frequenti, spia di un presente che evidentemente non ci basta più nelle nostre bulimiche discussioni. Pelé scompare meno di due settimane dopo il trionfo mondiale di Messi, e il rilancio del dibattito su chi sia meglio fra Leo e Maradona. Nulla di scandaloso: non solo questi confronti risultano inoffensivi, ma viceversa spiegano bene il successo del calcio, uno dei pochi campi nei quali sia possibile sostenere un’opinione senza preoccuparsi granché del proprio grado di competenza, visto che appunto non si fa male a nessuno.

Pelé il più grande di tutti i tempi: brasiliani sicuri
E quindi, se date un’occhiata ai giornali brasiliani online, scoprirete che nessuno è sfiorato dal dubbio antipatriottico che Pelé non sia stato il più grande; come voteranno per Pelé la gran parte degli anziani di oggi, perché le imprese di O Rei appartengono alla loro giovinezza, l’età più bella di ogni vita. Se chiedete a chi oggi è ragazzo chi sia il più bravo, vi risponderà Messi nella maggior parte dei casi, e fino a un mese fa l’alternativa – che ora è Mbappé – sarebbe stata Cristiano Ronaldo. Quando intervengono gli esperti il nome di Alfredo Di Stefano è un must basato ormai sulla fiducia, perché la Saeta Rubia si ritirò nel 1966: e qui il cerchio si chiude con i versi di Antonello Venditti, quando canta che in quell’anno “la regina d’Inghilterra era Pelé”.

Pelé, i film e il cinema
Per chi viene chiamato boomer dai propri figli, la meraviglia di veder giocare Pelé è datata 1970. Perché la verità sui confronti e sui GOAT è che Messi lo vediamo giocare in tv tre volte alla settimana, di Maradona ricordiamo gli highlight delle partite di campionato o di nazionale, di Pelé conserviamo in memoria esclusivamente il Mondiale del ’70. O meglio la finale, con la straordinaria elevazione per segnare l’1-0 sul salto disperato di Burgnich e i due assist perfetti per il 3-1 di Jairzinho e il 4-1 di Carlos Alberto. Una prestazione da 10, di numero e di fatto, che gli portava il terzo titolo mondiale in bacheca e la conferma visiva di ciò che in gran parte era tradizione orale. Il suo Santos, infatti, si vedeva in Europa soltanto in occasione delle coppe Intercontinentali (una la vinse sul Milan) e di qualche tournée di amichevoli in stile Harlem Globetrotters. Di tutti i filmati d’epoca che sono stati tramandati, il meno sgranato è certamente la rovesciata filmata da John Huston in Fuga per la vittoria.
Il mito di Pelé
È anche per questa scarsità di materiale che Pelé più di altri, e da ben prima di questo congedo, merita di essere definito una leggenda: perché è stato descritto, narrato e ammirato come se fosse circondato da una nebbiolina che ne rendeva labili i contorni ma eroici i gesti. E quindi oggi per noi “goat” vuol dire soltanto capra, che lasciamo brucare l’erba di un campo di calcio fino all’altezza giusta perché la palla scorra frusciante, e Pelé ne faccia ciò che desidera. Sarà comunque un’opera d’arte.

 

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