Meloni spinge a destra: “Presidenzialismo e riforma del Fisco”

Francesca Schianchi La Stampa 30 dicembre 2022
Meloni spinge a destra: “Presidenzialismo e riforma del Fisco”
La premier alla sua prima conferenza stampa di fine anno, durata tre ore: «Mi fido degli alleati. Andrò alle celebrazioni del 25 aprile. A Kiev entro il 24 febbraio. In Iran repressione inaccettabile»


La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni alla conferenza stampa di fine anno alla Camera
«Non mi torna il gioco al rilancio eterno per cui non va mai bene, si deve sempre cancellare di più». È quando arriva la domanda sull’Msi che Giorgia Meloni, fin lì sorridente, si fa seria, abbassa il tono di voce, risponde innervosita. È la sua prima conferenza stampa di fine anno, il tradizionale incontro del presidente del consiglio in carica con la stampa parlamentare, «forse più una conferenza stampa di inizio mandato», esordisce la premier da poco più di due mesi: all’attivo un paio di decreti, la Finanziaria appena approvata, già qualche polemica da affrontare e qualche marcia indietro da giustificare, ma è presto per essere sulla difensiva, è ancora tempo di rallegrarsi dei compagni di strada – «mi fido dei miei alleati» – e promettere di fare «tutto quello che è utile a questa nazione».

Toni distesi fino a quando non le vengono ricordate le critiche di questi giorni al presidente del Senato Ignazio La Russa, per quel suo post di commemorazione della nascita del Movimento sociale italiano, quell’accusa di «nostalgismo» arrivata dalla Comunità ebraica: «Un dibattito che mi ha colpito», commenta lei, prima di lanciarsi in un’accorata difesa del partito guidato da Almirante ai limiti del revisionismo storico. «Il Msi è stato un partito della destra democratica e repubblicana, ha traghettato verso la democrazia milioni di italiani che erano usciti sconfitti dalla guerra. Ha avuto un ruolo importante nel combattere il terrorismo e la violenza politica, ed è stato chiaro sulla lotta all’antisemitismo», sostiene dimenticando dettagli come le origini legate alla Repubblica di Salò. «È stato presentabile per decenni – è l’opinione della premier – non capisco perché oggi sia impresentabile», e in quelle parole c’è tutta la sua irritazione per «il gioco al rilancio» di chi le chiede massima chiarezza sul tema delle radici: «La maggioranza degli italiani non considera quella storia impresentabile»: la solita conclusione, il voto popolare che vorrebbe stoppasse tutte le polemiche. Tre minuti e mezzo di difesa dell’Msi, un solo secondo per rispondere con fastidio alla domanda se parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile: «Sì». «Doveroso che partecipi, ma rifletta sull’Msi», accoglie la notizia il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.

È il passaggio più nervoso delle tre ore di conferenza – «ormai possiamo dirci buona sera, tipo maratona Telethon…», risponde ridendo quando ci si avvia ampiamente oltre le due ore e mezzo: è stata criticata in passato per non aver dato la possibilità ai cronisti di farle domande, ora si mostra disponibile, «c’è una fine? Al vostro buon cuore…», scherza.
Sa di dover dare risposte sul Covid, «in Italia finora l’incidenza è sotto controllo», ma le notizie dalla Cina non sono rassicuranti: la linea è quella della prevenzione – «tamponi, mascherine», comunque sia «il modello della privazione delle libertà non mi è parso così efficace e lo mostra la Cina. Vogliamo lavorare prioritariamente sulla responsabilità dei cittadini piuttosto che sulla coercizione». E i vaccini? «La campagna del governo invita alla vaccinazione soprattutto anziani e fragili. Per tutti gli altri, invito a chiedere al medico che ne sa più di me».

La manovra di bilancio è appena stata approvata e la presidente del consiglio ne difende tempi e contenuti – «rivendico tutto quanto fatto finora»; per il futuro, promette la riforma del fisco – «da questo governo non partirà mai un aumento della tassazione sulla casa» – e quella della giustizia: «Tra i capisaldi, la separazione delle carriere. Le intercettazioni sono uno strumento straordinario, ma ne va limitato l’abuso». Ma, soprattutto, il presidenzialismo: lo aveva annunciato già nel discorso di insediamento in Parlamento, «mi do come obiettivo di riformare le istituzioni di questa nazione in questa legislatura», annuncia ora: punto di partenza è il semipresidenzialismo alla francese, «perché è quello su cui storicamente c’è stata più convergenza», ma «modelli ce ne sono diversi, se ne possono persino inventare». La ministra delle Riforme Casellati ha già incontrato esponenti della maggioranza, «entro gennaio parlerà con le opposizioni poi decideremo come procedere. Vorrei una riforma il più possibile condivisa, ma non sarò così sprovveduta da non capire eventuali atteggiamenti dilatori».

La staffetta col suo predecessore, Mario Draghi, «ha funzionato», dice, e per lui non lesina complimenti: «Ne sento il peso e mi fa piacere. Misurarsi con persone capaci e autorevoli è stata la sfida di tutta la mia vita». Da lui ha ereditato il Pnrr: «Sono contenta dei 55 obiettivi raggiunti, ma ora si entra nella parte difficile del piano: fin qui erano tutti sulla carta, ora devono diventare cantieri». Non rinuncia a qualche attacco alle opposizioni, e lo dichiara: «Nota polemica: la morale da chi quando era al governo ha liberato boss mafiosi al 41 bis con la scusa del Covid e approvato il condono di Ischia, non me la faccio fare». D’altra parte, insiste che il Qatargate non andrebbe ribattezzato, come qualcuno ha fatto in Europa «Italian Job»: ma «Socialist job».

Risponde a una giornalista russa, e ribadisce la posizione sulla guerra: «Non può passare che chi è militarmente più forte può invadere il suo vicino, questo per noi è inaccettabile. Manca il turismo russo, certo, ma ci sono cose che non si possono piegare ai desideri». Il tema armi – «l’Italia deve andare avanti con l’impegno del 2 per cento del Pil: in quanto tempo ci arriveremo non sono in grado di definirlo» – è l’occasione per la premier per dedicare un malizioso complimento a Giuseppe Conte: «Lo ringrazio per il suo coraggioso impulso, che ha aumentato di tre miliardi le spese militari». «Sì ma in tre anni!», la pronta risposta dell’ex premier. Dopo aver annunciato di voler andare presto a Kiev, dà anche una deadline: «Entro il 24 febbraio», anniversario dell’inizio dell’aggressione russa, «per quella data credo si possa prendere qualche iniziativa». Tra le 43 domande ce n’è una anche su quello che sta succedendo in Iran: «Quel che sta accadendo è inaccettabile. Fin qui l’approccio è stato dialogante, ma se la repressione non dovesse cessare, l’atteggiamento dell’Italia dovrà cambiare completamente. Come? Sarà oggetto di interlocuzione con gli alleati a livello internazionale». Abbastanza per far infuriare il governo iraniano, che nel pomeriggio convoca l’ambasciatore italiano.

Dopo tre ore, dopo aver spaziato dal fastidio di quando «nel passaggio di consegne qualcuno si è adoperato per coprire spazi nella macchina pubblica» al Trattato del Quirinale con la Francia «che non mi pare sia pienamente operativo», finisce l’incontro coi giornalisti. Giusto una battuta finale, sulle donne e la leadership: «Se vuoi essere leader non devi essere indicato da sopra, ma da sotto». Parla in generale, pensa a se stessa

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