Voli dalla Cina l’Ue si divide sui test

Elena Dusi La Repubblica 31 dicembre 2022
Voli dalla Cina l’Ue si divide sui test.
Sì di Parigi e Madrid ma Berlino dice no
Tamponi e sequenziamento, anche il Regno Unito segue l’Italia

 

Mentre la Cina si precipita a comprare biglietti aerei, il resto del mondo cerca di proteggersi dal virus. L’Italia, che prima fra i paesi occidentali mercoledì aveva imposto i test Covid per i voli dalla Cina, ha visto calare attorno a sé lo scetticismo iniziale delle altre nazioni. Gli Stati Uniti mercoledì sera, poi ieri Spagna, Israele, Francia e Gran Bretagna hanno preso provvedimenti simili. In buona parte d’Europa — la principale eccezione è la Germania — chi proviene dal paese asiatico dovrà mostrare un tampone negativo risalente a meno di due giorni prima della partenza, o eseguirne uno in aeroporto. India, Giappone e Taiwan avevano preso misure simili in precedenza. La Spagna, in alternativa al test, chiederà il certificato vaccinale. Il suo ministro della Salute, Carolina Darias, ha annunciato che continuerà a spingere per un provvedimento comune europeo. Israele ha escluso dall’obbligo i cittadini con il suo passaporto. Gli Stati Uniti fra le loro motivazioni hanno citato la mancanza di informazioni affidabili dalla Cina, paese che eliminerà ogni restrizione per i viaggi all’estero dei suoi cittadini l’8 gennaio.

A poco sono valse sia la raccomandazione negativa dell’Ecdc (European centre for disease control), che giovedì aveva giudicato inutili i test per i viaggiatori, sia la mancata decisione del Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Ue, che sempre due giorni fa si era riunito senza prendere provvedimenti. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha definito «comprensibile» la scelta dei test ai viaggiatori.

Non sono tanto le curve dei contagi a spaventare gli stati europei, nei quali le infezioni sono per lo più statiche. Ovunque la scelta di imporre i test ai viaggiatori è accompagnata dalla misura del sequenziamento dei tamponi positivi. L’obiettivo più importante in questa fase è capire quale variante del virus esattamente alberghi nei contagiati provenienti dalla Cina. Tutte le informazioni che Pechino si trattiene dal fornire, gli altri paesi cercano di ricavarle dalle mucose dei suoi viaggiatori, con una sorta di “intelligence nasale” che già a Milano Malpensa ha dato risultati eclatanti: quasi un passeggero su due da Pechino e da Shanghai è infettato dal Covid (e l’altra metà lo è probabilmente diventata durante un volo così lungo). Perfino la Germania, il paese al momento più riluttante a seguire la linea dei test ai viaggiatori, ha comunque detto per bocca del suo ministro della Salute di voler mettere a punto un sistema coordinato per monitorare le varianti attraverso gli aeroporti europei (cosa che può essere ottenuta solo facendo tamponi).

Mentre la decisione italiana è entrata subito in vigore, l’obbligo di tampone diventerà operativo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dal 5 gennaio. La Francia invece non ha annunciato una data. Il paese che quest’inverno ha visto i suoi ospedali sommersi dai casi di influenza e virus respiratorio sinciziale, oltre al Covid, e che ha meditato il ritorno alle mascherine obbligatorie, pubblicherà un decreto ad hoc, per il quale «sarà necessario un po’ di tempo».

Parigi affiancherà al requisito del test negativo due misure ben pensate: l’obbligo di tenere la mascherina durante il volo e tamponi molecolari a campione sui viaggiatori che pur presentano un test negativo eseguito prima della partenza (questo provvedimento sarà in vigore anche in Gran Bretagna). Contagiarsi in aereo dopo una convivenza di molte ore non è improbabile senza mascherine e rende inutile qualunque tampone antecedente. I test antigenici rapidi richiesti ai viaggiatori, poi, sono capaci di rilevare solo il 55% dei positivi asintomatici e il 75% di quelli sintomatici secondo una revisione del gruppo Cochrane pubblicata a luglio. Il tampone molecolare, o con pcr, oltre a essere più preciso offre anche più chance di contenere quantità di virus sufficienti per il sequenziamento.

I laboratori capaci di eseguire queste operazioni, essenziali per capire a quale variante appartiene il virus nel tampone, si erano nel frattempo un po’ adagiati, adattandosi al clima di imminente fine pandemia. La Gran Bretagna, che da sola ha pubblicato un quarto delle sequenze del mondo, è passata dai 100mila campioni a settimana di un anno fa ai 6mila attuali. L’Italia a dicembre del 2021 includeva nel suo bollettino mensile sulle varianti 14mila campioni, mentre la versione pubblicata ieri arrivava a 4mila. La Francia aveva in programma di chiudere alcuni dei suoi laboratori proprio la settimana prossima. C’è da aspettarsi che anche su questo i governi europei facciano retromarcia.

 

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