L’ incoscienza in fiale per la notte di San Silvestro

Michele Serra La Repubblica 1 gennaio 2023
Incoscienza ed ingenuità per guardare al futuro
Esistesse l’incoscienza in fiale, ne vorrei subito una dose, da consumare la notte di San Silvestro per entrare con il giusto spirito nel 2023.

 

Non credo esista un’altra maniera per ricominciare a rivedere il futuro come uno spazio sgombro e luminoso, una nuova giornata che comincia vergine, al riparo dai cattivi pensieri: non ne sappiamo ancora niente, ed è per questo che possiamo fidarci di lei. Sarebbe bello, insomma, che il futuro fosse davvero ciò che dovrebbe essere, un libro nel quale nulla è ancora stato scritto. Purtroppo non funziona così. Siamo al corrente di troppe cose guaste, abbiamo fatto troppe esperienze, già consumato gran parte del nostro patrimonio di buoni propositi, e il futuro ci si presenta già minacciato, se non minato, dalle sconfitte e dai traumi del passato. Lo vediamo come un puro prolungamento del presente, già carico, sul nascere, di cicatrici e ansie. Vale per noi che abbiamo parecchi anni sulle spalle, ma vale anche, negli ultimi tempi, per molti ragazzi che sono malinconici come vecchi, e dicono: noi il futuro proprio non lo vediamo. Come se il lungo spazio che hanno davanti non fosse, per la sua quantità, in grado di dare loro l’energia, la speranza, la voglia del viaggio. Già sfiduciati in partenza? E dove è finito, dunaue, il futuro?

Non è coerente che lo dica uno che scrive sui giornali da 46 anni (santo cielo…), ma la civiltà dell’informazione è greve. Ci costringe a sapere anche troppo del mondo, di ogni sua rovina e sperpero, la guerra in Ucraina, la crisi energetica, la minaccia atomica, il martirio delle ragazze e dei ragazzi in Iran, le epidemie, le tirannie, la rovinosa sovrappopolazione, la povertà, le migrazioni disperate. A meno che si appartenga alla schiera, spero ristretta, dei menefreghisti e degli imbecilli, questo sapere è una soma tremenda da portare in spalle. Poi la diffusione capillare delle reti sociali ha di molto incrementato, per giunta spesso nella forma sciatta e deformante della diceria, questa sorta di condanna a sapere che il mondo è un posto pericoloso e ingiusto; e la coscienza della quantità di male e di ingiustizia è direttamente proporzionale all’impotenza che ne consegue.

Con la sensazione che possiamo fare ben poco per cambiarlo. Se vi sembra troppo (e lo è) approdare nell’isola dei Lotofagi, come Ulisse nel Libro nono dell’Odissea, e a differenza di lui decidere di rimanerci, e consegnare per sempre all’oblio tutto quello che sapete del mondo; potete più verosimilmente fare come Giorgio Gaber nell’Illogica allegria. “Lo so, del mondo e anche del resto”, cantava Gaber in quel piccolo capolavoro. Sapeva tutto, ma in un breve momento incantevole (“da solo, lungo l’autostrada”) veniva colto da una inspiegabile felicità. Stava bene, diciamo, nonostante sé stesso, e nonostante la coscienza dei mali del mondo. Non saprei augurare altro, a tutti noi, che questo stare bene nonostante. Non abbiamo il diritto di invadere il futuro con bagagli troppo ingombranti.

Per questo, dicevo, ci servirebbe una dose di incoscienza. Dico l’incoscienza dei bambini e degli animali, quel magnifico lasciarsi vivere che poche volte, da adulti, arriva a risollevarti dai cattivi pensieri. Se incoscienza è una parola che vi disturba, o vi fa paura, provate a sostituirla con ingenuità. Sono concetti apparentabili, entrambi stati d’animo nativi che poi la vita si incaricherà di intaccare e smentire. Auguratevi, per il 2023, un poco di ritrovata incoscienza/ingenuità, la più dimenticata delle virtù nell’epoca cinica e stracca del tramonto occidentale. E vedrete che vi sembrerà davvero un anno nuovo.

 

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