Tommaso Ciriaco La Repubblica 2 gennaio 2023
Presidenzialismo e partito dei Conservatori, il doppio asso di Meloni per resistere a crisi e alleati
Con riforme a costo zero la premier punta alle Europee del 2024 con l’obiettivo di neutralizzare Salvini e Berlusconi
“Ora inizia il difficile”, va dicendo da qualche giorno Giorgia Meloni, guardando all’alba del 2023. Perché è l’anno del dentro o fuori, “in cui ci giochiamo moltissimo”. “Possiamo risollevare insieme questa nazione. Vorrei che ci credeste con me”, è il messaggio lanciato sui social nel primo giorno dell’anno.
Si dissolve l’attenuante di un esecutivo catapultato al potere in pieno autunno, con una manovra senza risorse e neanche il tempo di godersi un assaggio di luna di miele. Niente più scuse, gli elettori chiederanno conto delle promesse elettorali, gli alleati proveranno a indebolirla, gli avversari si riorganizzeranno. Per questo, la premier ha deciso di giocarsi la partita della vita sul terreno della politica, visto che i soldi continuano a scarseggiare. E ha individuato con il suo stato maggiore due obiettivi, riforme a costo zero e dall’alto impatto simbolico: il presidenzialismo e la costruzione di un grande partito dei Conservatori. Se fallirà nell’impresa, difficilmente supererà l’ostacolo delle Europee 2024. Se dovesse riuscirci, avrà in mano il Paese e ridurrà all’irrilevanza Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.
Le stoccate del Quirinale
Un passo indietro, a due sere fa. Le parole di Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno non lasciano indifferente Palazzo Chigi. Il mondo di Meloni valorizza ovviamente il riconoscimento del passaggio storico di una prima donna premier. E sottolinea la totale sintonia sulla politica internazionale e sulla collocazione atlantica, almeno per quanto riguarda la guerra in Ucraina (sul rapporto con l’Europa, invece, non mancano le spine). E però, il capo dello Stato ricorda anche la bussola della Costituzione, proprio mentre la maggioranza ha in mente di mettere pesantemente mano alla Carta con una riforma presidenziale. E insiste sul valore civico del pagare le tasse, in netta distonia rispetto a una destra che ragiona di nuovi condoni e promette una flat tax che andrebbe a scontrarsi con la progressività fiscale.
Il presidenzialismo
Sono i due punti dolenti. Ma sono anche la ragione per cui Meloni – spiega chi ha avuto modo di parlarle – ha deciso di calare il doppio asso: presidenzialismo e partito conservatore come paracadute per superare indenne il 2023. Durante la conferenza stampa di fine anno, la presidente del Consiglio era certa di ricevere una domanda sul sistema istituzionale. E ha deciso di rilanciare, concordando la linea con il presidente del Senato Ignazio La Russa (il vero regista dell’operazione semipresidenziale). L’obiettivo è concentrare l’attenzione del 2023 proprio sulle riforme, molto probabilmente rilanciando l’opzione della bicamerale. Più semplice gestire un dossier del genere che andare al braccio di ferro con il Colle sul nodo della riforma fiscale, oppure sulle misure di sostegno alla povertà. Anche perché la premier sa bene – avendone discusso con i suoi uomini più fidati – che di risorse per una reale “tassa piatta” non c’è traccia nel bilancio asfittico dello Stato. E l’opzione di nuovi condoni, pure reclamata da Forza Italia e Lega, è terreno scivoloso. Senza dimenticare l’autonomia, che il Carroccio pretende e su cui potrebbe aprirsi un altro conflitto.
Il partito conservatore
Ma c’è anche altro. Attiene al rapporto con gli alleati. Ai vertici di Fratelli d’Italia si considera scontato uno scontro con Berlusconi. I segnali che arrivano da Arcore sono pessimi, la voglia di rivincita del fondatore di FI per il trattamento ricevuto durante la formazione del governo sembra concreta. La “corte” di Matteo Renzi al Cavaliere, inoltre, sembra il preludio dell’apertura di un fronte centrista. La promessa del leader di Iv, d’altra parte, è stata esplicita: “Faremo cadere Meloni entro il 2024”. Per tutte queste ragioni, la leader ha deciso di tentare la strada del rinnovamento, immaginando un partito conservatore italiano.
La strategia è ambiziosa, il bersaglio duplice. C’è innanzitutto la volontà di provare a cambiare gli equilibri in Europa, grazie a un’alleanza con i Popolari. Ma esiste anche una partita tutta interna. Meloni, assieme al suo stato maggiore, intende lanciare un’opa ostile sugli alleati, anticipandone eventuali ritorsioni sul suo esecutivo. Mira a svuotare Forza Italia e a marginalizzare la Lega, per paradosso spingendola verso destra. Per riuscirci, può contare sulle entrature continentali di Raffaele Fitto. E ha in mente di sfruttare il rapporto con Antonio Tajani, inviso ai falchi berlusconiani.
Sono sfide ad alto coefficiente di difficoltà. E che non possono tenere conto delle incognite del nuovo anno: l’evoluzione della guerra, il prezzo dell’energia, la spirale inflazionistica. È chiaro però che la sfida presidenziale può dare anima e senso alla corsa dell’esecutivo, e comunque agitare le acque per nascondere le difficoltà in economia. Quanto ai Conservatori, è la vera assicurazione sul futuro di FdI, perché capace di incidere sui rapporti di forza a Bruxelles, vero punto debole di Meloni. Ma è anche la ragione per cui Berlusconi potrebbe ribellarsi. “È convinta di poter fare a meno di me – ha confidato ad alcuni amici durante le feste – ma dovrebbe ricordarsi chi ha fondato il centrodestra e l’ha voluta per la prima volta ministro”.