Invidie e ripicche poi il “no” di Conte così è fallita l’intesa

Lorenzo d’Albergo La Repubblica 6 gennaio 2023
Invidie e ripicche poi il “no” di Conte così è fallita l’intesa
C’è stato un tempo ( non troppo lontano, in realtà brevissimo) in cui l’accordo tra il Pd e il M5S per il Lazio sembrava cosa fatta. Ecco il nuovo patto per il Lazio, per non consegnare la Regione al centrodestra di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

 

Ma l’intesa nata per rinsaldare il patto di governo che tiene ancora oggi insieme assessori dem e grillini nella giunta Zingaretti è saltata con la stessa velocità con cui era stata trovata. Decisivo il «no» di Giuseppe Conte.

Ma com’è nata la presa di posizione che oggi promette di consegnare la guida della Pisana alle destre? Chi nel Movimento romano non avrebbe affatto disdegnato il bis dell’era Zingaretti e del matrimonio giallorosso oggi punta il dito contro il leader pentastellato e Paola Taverna. Non solo il nodo del termovalorizzatore. A non convincere i due, il capo politico e l’expresidente del Senato, è stata la modalità con cui è stato sancito l’accordo tra piddini e grillini. A trovarlo erano stati gli emissari del M5S laziale, gli stessi che oggi giocano a scaricabarile con il Pd sulle responsabilità del suo naufragio.

La cronaca è affidata a chi ha visto nascere e morire l’intesa: «A lavorarci sin dall’inizio sono state le assessore uscenti, Roberta Lombardi e Valentina Corrado. Hanno incontrato il Pd e i dem erano riusciti a convincere in fretta anche Alessio D’Amato, che pure non ha mai avuto un gran rapporto con l’ala pentastellata della giunta Zingaretti » . Poi è arrivato lo stop del Movimento. Un po’ per le divergenze sui rifiuti. Un po’ per lesa maestà. « Nessuno aveva mai dato un mandato ad alcun esponente regionale. La trattativa con il Pd è stata una decisione non condivisa con i vertici del Movimento», dicono oggi i big del Movimento nazionale.

Quello che non riportano è l’incrocio ( pericoloso) tra due delle stellate più in vista nella galassia capitolina. Da una parte Roberta Lombardi, a lungo paladina dei valori fondanti del M5S e arcinemica dell’ex sindaca Virginia Raggi. Dall’altra l’ex senatrice Paola Taverna. Due big unite dalla stessa maledizione: entrambe elette per due volte, per le regole grilline sul doppio mandato non possono più fare politica nelle istituzioni.

Con una differenza: un’eventuale patto tra Pd e 5S in Regione avrebbe riaperto a Roberta Lombardi le porte dell’assessorato allaTransizione ecologica, una nomina per cui non bisogna passare per le urne. Apriti cielo. A quel punto, come se non bastassero i dubbi di Conte sul termovalorizzatore di Roma, Paola Taverna avrebbe iniziato a farsi sentire con più decisione: «No, questa cosa non si può fare » . Per la serie: perché io non ho potuto e loro ( Lombardi e Corrado) invece possono?

Il resto è negli sviluppi delle ultime ore. Ritrovare l’armonia tra i due poli pare impossibile. La polemica la fa da padrona e ha assunto toni che minacciano di rimbombare da qui all’apertura delle urne. Ancora un mese abbondante da passare ad ascoltare appelli all’unità e a passare in rassegna i dati dei sondaggi. Rilevazioni che danno per vincenti il Pd e il Movimento 5 Stelle solo se mai decidessero di marciare uniti verso le urne del 12 e 13 febbraio.

 

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