Viviana Mazza Corriere della Sera 6 gennaio 2023
Usa, elezione dello speaker alla Camera. E ora che succede? Tre scenari per uscire dall’impasse
Cosa può accadere ora dopo la bocciatura per l’undicesima volta del repubblicano Kevin McCarthy. Aggiornata a oggi a mezzogiorno (le 18 in Italia) una nuova seduta
Lo speaker della Camera dei rappresentanti è una delle più potenti figure nella politica di Washington. Stabilisce il calendario del voto e conduce i lavori della Camera, è responsabile di tenere i membri del partito uniti, è al secondo posto in linea di successione per la presidenza dopo la vicepresidente Kamala Harris. Senza la sua elezione la Camera non può insediare i nuovi membri né iniziare i lavori. Dopo l’11esimo voto fallimentare, che supera il record dei 9 che furono necessari nel 1923, la Camera senza speaker si riunisce oggi per riprovarci a mezzogiorno ora di Washington (le 18 in Italia).
1) Kevin McCarthy ce la fa con l’appoggio del Freedom Caucus McCarthy afferma che sta «facendo progressi». Ovvero alcuni dei «ribelli» sarebbero quasi pronti ad accettare un accordo e passare dalla sua parte. Anche così il deputato californiano potrebbe non ottenere subito tutti i voti necessari, ma potrebbe ricevere una spinta nella direzione giusta su cui poi lavorare nella «fase due». Alcuni dei repubblicani dicono che alla fine sarà meglio così: il dibattito è democrazia. Altri, anche nella destra, credono che ne verrà fuori uno speaker della Camera con «la camicia di forza» (definizione della presentatrice di Fox News Laura Ingraham), indebolito da tutte le concessioni che McCarthy sta facendo pur di ottenere i consensi necessari: poltrone nella Commissione che stabilisce le regole per il dibattito sulle leggi; l’impegno a non finanziare candidati moderati contro altri più conservatori nelle primarie repubblicane; una soglia di un solo deputato per poter votare per la rimozione dello speaker. Se diventa speaker, questo accordo renderà più facile rovesciarlo quando ci saranno le battaglie più dure, come quelle sul bilancio e il tetto del debito.
2) McCarthy si ritira e viene proposto dalla maggioranza un nuovo speaker. Non è detto che Steve Scalise, il numero due di McCarthy, considerato la più probabile figura alternativa, sarebbe accettato dai ribelli. Uno di loro, Matt Gaetz della Florida, che ha votato per Trump come speaker (per legge è possibile ma non è mai successo che venga eletto qualcuno che non è un deputato; comunque l’ex presidente non ha i voti), ha detto che il suo appoggio per Scalise non è escluso ma dipenderebbe dalle concessioni che è disposto a fare, mentre ha rifiutato categoricamente McCarthy di cui non si fida (una delle ragioni principali per i ribelli è che McCarthy ha aiutato i democratici, prima dell’insediamento del nuovo Congresso, ad approvare in modo bipartisan una spesa federale da mille e 700 miliardi di dollari). Un altro problema di questo scenario è che non è nemmeno detto che Scalise voglia la poltrona di speaker. E chi la vorrebbe a queste condizioni? (E’ anche il titolo di un commento del Wall Street Journal).
3) I repubblicani moderati fanno un accordo con i democratici. Questa ipotesi è stata ventilata dai sostenitori di McCarthy (sia alla Camera che su Fox news) come scenario da incubo, che al momento sembra più una strategia per convincere i ribelli a piegarsi. Il candidato comune scelto dai due partiti sarebbe un repubblicano moderato, ma ai democratici verrebbero offerte concessioni come la possibilità di introdurre proposte di legge o posti in alcune commissioni. Molti però non credono che un numero sufficiente di democratici sia pronto a un simile accordo: Gaetz ha detto ieri su Fox che è così certo che questo scenario sia impossibile che si dimetterà se succede. E anche i repubblicani disposti ad un accordo bipartisan verrebbero accusati di tradimento da molti colleghi conservatori.