Federico Capurso La Stampa 8 gennaio 2023
Caro benzina, il governo chiama la Finanza: “Controlli nei distributori”
La Gdf pronta ad avviare indagini sugli aumenti e il Garante dei prezzi farà rapporti periodici. Così Meloni con Giorgetti e Urso cerca di evitare che la colpa dei rincari ricada solo sull’esecutivo
Per un governo ancora in luna di miele, non c’è nulla di più impopolare di un aumento del costo della benzina. Specie se le opposizioni martellano sulle responsabilità dell’esecutivo, che ha deciso di non prorogare gli sconti sulle accise. Lo sanno bene a palazzo Chigi, così come nelle segreterie dei partiti di maggioranza, dove ora si cerca di costruire una contro-narrazione centrata sulla «speculazione» delle compagnie petrolifere, sui più poveri che «nemmeno usano la macchina», sull’aumento che «tecnicamente non c’è stato», visto che non sono intervenute nuove accise, ma sono semplicemente tornate in vigore quelle sospese.
Ovviamente, non basta. Anche perché proprio sui tagli alle accise la premier Giorgia Meloni e il vicepremier Matteo Salvini hanno costruito in questi anni una parte sostanziosa della loro propaganda politica. Si vuole, dunque, offrire anche un messaggio che dalle parti del governo chiamano «di operatività». E che per il momento, in mancanza di risorse da utilizzare per tamponare i rialzi, si baserà sui controlli. A partire da quelli della Guardia di finanza, a cui è stato dato mandato di intensificare gli sforzi per monitorare gli aumenti, vigilando su eventuali condotte illecite, in tandem con il Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo.
Un primo round di indagini è stato chiesto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alle fiamme gialle già qualche settimana fa e a breve verranno resi pubblici i risultati. Anche al Garante, altrimenti detto Mister Prezzi, il ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso ha chiesto di redigere dei rapporti «meno tecnico-burocratici» e di più facile pubblicizzazione. Insomma, di stringere sulla verifica dei prezzi per arrivare alla segnalazione di anomalie. Utili – sottolineano i più maliziosi – soprattutto a dar forza all’idea che ci siano delle speculazioni che non dipendono dall’operato del governo. In altre parole, trovare un altro responsabile a cui addossare la colpa. D’altronde, come la sintetizza un membro di peso del governo, «se passa il messaggio che siamo gli unici responsabili del rialzo del costo della benzina è un problema enorme».
Sarebbe difficile infatti sostenere la tesi secondo cui gli aumenti della benzina non colpiscono le fasce più deboli della popolazione perché prendono poco la macchina: «È esattamente il contrario – sostiene il membro dell’esecutivo a patto dell’anonimato –. Saranno infatti i meno abbienti a subire il danno più alto, perché per i ricchi non è certo un problema a pagare cinque o dieci euro in più alla pompa di benzina». Non solo. I rialzi, aggiunge, «finiranno per intaccare anche altri settori, come quello degli autotrasportatori o dei taxi. Nel medio periodo rischia di essere una zavorra pesante per la nostra economia».
Nel frattempo, mentre la Guardia di finanza e Mister Prezzi portano avanti i controlli, il ministero dell’Economia e Palazzo Chigi proseguiranno un monitoraggio per valutare il possibile effetto benefico dei 21 miliardi inseriti in manovra per contrastare il caro bollette. La speranza è quella di vedere un mercato raffreddato da questo intervento, che ha una scadenza prevista a fine marzo. Non è un caso che un primo bilancio verrà tirato a gennaio e l’ultimo proprio al termine del trimestre. Con un check a fine febbraio che si rivelerà decisivo, perché – come se non bastasse – dal 15 febbraio scatterà l’embargo europeo al petrolio russo. E anche se l’Italia ha una percentuale minima di importazioni di greggio da Mosca, preoccupa comunque il governo la possibilità che i rialzi negli altri Paesi europei finiscano per incidere indirettamente anche su di noi.
Insomma, è una scommessa complessa. Forse, difficile da vincere. Se entro l’inizio della primavera i prezzi della benzina non dovessero scendere, allora si valuterà un intervento, anche se questa è un’opzione che nessuno nei ministeri affronta con serenità. Ogni mese di sconto sulle accise, per come lo aveva congegnato il governo Draghi, costa alle casse dello Stato un miliardo di euro. Una spesa di fatto impossibile da affrontare senza fare ulteriore debito.