Gasolio a prezzi record: perché il diesel costa più della benzina

Fausta Chiesa e Andrea Ducci Corriere della Sera 8 gennaio 2023
Gasolio a prezzi record: perché il diesel costa più della benzina (e potrebbe salire ancora)
Tutta colpa delle accise. Il ripristino delle imposte sui carburanti sta creando qualche fibrillazione al governo: da gennaio gli automobilisti hanno visto lievitare in un colpo solo il prezzo di diesel e benzina di 18,3 centesimi al litro, ossia l’equivalente dello sconto sulle accise previsto per decreto fino allo scorso 31 dicembre.

 

 

Il ritorno alla «normalità» si è tradotto in prezzi alla pompa che oscillano, talvolta superandola, quota 2 euro al litro, quanto basta per alimentare la prevedibile protesta dei consumatori e dell’opposizione contro l’esecutivo Meloni, che si ritrova in mano il cerino lasciato in eredità dal governo Draghi. A «falsare» il prezzo dei carburanti per oltre nove mesi è stata la scelta, adottata all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, di raffreddare i prezzi dei carburanti tagliando di 25 centesimi (più Iva) le accise. Una misura rinnovata dall’ex premier Draghi per l’intero 2022, con la consapevolezza che, una volta scaduta, a farne le spese in termini di consenso sarebbe stato il governo. Uno scenario ben chiaro all’attuale premier Meloni, che, tuttavia, ha scelto di concentrare i 21 miliardi di euro del pacchetto Energia, previsto nella legge di Bilancio, su provvedimenti che non contemplano il prosieguo dei sussidi sul fronte delle accise di benzina e gasolio da auto trasporto. Le ragioni sono semplici, sebbene indigeste agli automobilisti. La prima è puramente contabile: il governo Draghi ha finanziato lo sconto sulle accise anche grazie all’extra gettito assicurato proprio dagli aumenti del prezzo dei carburanti.

Il nodo coperture
Un meccanismo di copertura che non vale più dato che nel settembre scorso, con la nota di aggiornamento al Def, si è stabilito di considerare l’extragettito non tanto un maggiore incasso quanto un incasso ordinario, dunque non utilizzabile per finanziare gli sconti. La seconda ragione discende dalle raccomandazioni di Bruxelles: superata l’emergenza, i bonus generalizzati vanno sostituiti con misure più selettive e mirate. Un quadro che spiega il mancato rinnovo al taglio delle accise e il conseguente rialzo dei prezzi alla pompa. Il guaio, fa notare Assoutenti, è che così facendo l’Italia è tornata a piazzarsi tra i Paesi più cari d’Europa sul fronte dei carburanti. Attualmente il nostro Paese, con una media di 1,891 euro al litro, occupa la terza posizione in Ue per il prezzo più alto del gasolio, dietro a Svezia e Finlandia, mentre per la benzina (1,827 euro/litro) risulta il quarto mercato più costoso. Prima del rialzo delle accise l’Italia era al dodicesimo posto in Europa per il diesel, al decimo per la benzina.

Italia prima per tassazione sul gasolio
Se si considerano le sole imposte, l’Italia occupa il primo posto per la tassazione sul gasolio, con 0,958 euro di imposte su ogni litro di diesel. Rispetto alla media europea, gli italiani pagano un litro di benzina 24,8 centesimi di euro in più, un differenziale che nel caso del gasolio si traduce in 24,2 centesimi. In particolare, è l’aumento del diesel – che prima della crisi con la Russia era meno caro della benzina e che ora, secondo il Codacons, potrebbe salire a 2,5 euro al litro in autostrada – a sollevare le preoccupazioni maggiori. Secondo l’associazione in autostrada, in modalità servito, la benzina è arrivata a costare 2,392 euro al litro sulla A1 Roma-Milano, e il gasolio 2,479 euro.

Il doppio embargo sulla Russia
A far salire i prezzi è anche il «doppio» embargo europeo imposto al petrolio russo: quello sul greggio importato via nave scattato lo scorso 5 dicembre e quello imminente sui prodotti raffinati russi che decorrerà dal 5 febbraio. In base a dati Unem (quella che una volta era l’Unione petrolifera), l’Europa importa complessivamente circa 80 milioni di tonnellate di gasolio, di cui 25 dalla Russia. Sui mercati europei mancherà, dunque, circa il 30% di prodotto. Volumi che non sarà facile sostituire. Inoltre, sono aumentati i costi di produzione delle raffinerie che lavoravano greggio russo e che hanno dovuto adattare la raffinazione agli altri tipi di greggio. Ma non solo. Sempre secondo l’Unem si potranno avere tensioni sui prezzi anche per i timori di un calo di offerta dovuto alla fermata di alcune raffinerie europee, come, per esempio, in Francia per gli scioperi dei lavoratori del settore. Un fenomeno a cui si aggiunge, d’altro canto, una «corsa» all’acquisto per le forniture necessarie ad affrontare l’inverno in previsione di un utilizzo del gasolio per usi industriali (in caso di interruzione o razionamento nelle forniture di gas).

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