Brasile, assalto alla democrazia

Alberto Simoni La Stampa 9 gennaio 2023
Brasile, assalto alla democrazia
I sostenitori di Bolsonaro occupano Parlamento e presidenza. La polizia sta a guardare, poi li disperde. Lula: vandali fascisti


Otto giorni dopo l’insediamento di Luiz Inacio Lula da Silva, il Brasile si trova a vivere il suo “6 gennaio”, con migliaia di sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro avvolti nei colori della bandiera carioca che hanno superato le barriere di sicurezza e assaltato i palazzi del potere – Parlamento, edificio presidenziale e sede del Tribunale supremo federale – a Brasilia.

La manifestazione dei sostenitori dell’ex leader della destra era iniziata dinanzi alla Piazza dei Tre Poteri in modo pacifico. È dal 30 ottobre, la data del ballottaggio che ha visto prevalere per appena il 2% Lula, che i supporter di Bolsonaro bivaccano e occupano la zona antistante al cuore politico del Brasile invocando a più riprese una rivolta e denunciando “l’illegittimità” delle elezioni.

Ieri però sono scoppiati dei tafferugli con la polizia che ha provato a disperdere i supporter di Bolsonaro con i gas lacrimogeni. La situazione è degenerata e in pochi minuti la folla – tra i 10 e 15mila secondo la stampa locale – ha sfondato i cordoni di sicurezza, è salita sulle rampe che portano al tetto e agli ingressi dei palazzi governativi.

Da lì, come un bis del 6 gennaio di due anni fa a Washington, è stato tutto un diffondersi sui social di video dei saccheggi e degli atti vandalici. Sono stati distrutti lo stemma della Repubblica, un crocefisso, il busto di Rui Barbosa che erano in alcuni uffici. Un uomo si è seduto al tavolo della presidenza dell’aula del Parlamento, altri hanno postato le immagini di uffici devastati, vetri infranti e la folla che nella spianata dinanzi agli edifici sventolava vessilli e urlava slogan pro-Bolsonaro e contro la polizia.

Il presidente Lula era nella città di Araraquara, Stato di San Paolo per una visita sui luoghi colpiti dalle ingenti piogge dei giorni scorsi. Da lì ha tenuto una riunione d’emergenza con alcuni esponenti del suo esecutivo, i ministri della Difesa, dei Rapporti istituzionali e della Giustizia. Pochi minuti dopo è scattata un’operazione della polizia per disperdere la folla e riprendere il controllo degli edifici che ha visto il coinvolgimento della polizia militare che ha sparato dagli elicotteri proiettili di gomma e gas stordenti. Nel tardo pomeriggio la Polizia e gli artificieri avevano ripreso il controllo della rampa di accesso, fatto i primi arresti e liberato il Tribunale supremo, ma dentro il Parlamento c’erano ancora alcuni rivoltosi. Anche se il loro destino, con la polizia in controllo di quasi tutti gli spazi adiacenti, sembrava segnato. «Nessuna cosa simile nella storia del nostro Paese», ha detto il presidente promettendo che i responsabili saranno «individuati e puniti» e denunciando l’attacco «vandalo e fascista». Quindi ha ordinato il dispiegamento delle forze federali a fianco di quelle di Brasilia per mettere fine al blitz.

Il presidente del Senato Rodrigo Pacheco poco prima del blitz della polizia aveva definito l’azione dei bolsonariani «un atto di terrorismo» e detto che i «golpisti avrebbero immediatamente sentito tutta la forza della legge». Gli aveva fatto eco prima di ritirarsi con Lula Flavio Dino, titolare della Giustizia: «Questo assurdo tentativo di imporre la volontà con la forza non prevarrà». Aveva quindi annunciato l’invio di rinforzi federali per la polizia di Brasilia.

L’ex presidente conservatore Jair Bolsonaro è dal 30 dicembre a Orlando, in Florida, Ha lasciato il Paese poche ore prima della fine del suo mandato, accompagnato da un aereo militare. Nei giorni scorsi Bolsonaro, che non ha mai fatto i complimenti al rivale e di fatto non ha concesso la vittoria, è stato visto in un supermercato della città. Sino a ieri sera da lui e dal suo più stretto entourage non sono giunti commenti.

Prese di posizione sono arrivate dagli Stati Uniti e dalla Ue. La Casa Bianca ha parlato di «attacco alla democrazia in corso». L’Unione europea ha «condannato l’assalto» e si è schierata «al fianco di Lula». Per il presidente argentino Alberto Fernandez quello «cui stiamo assistendo è un tentativo di colpo di Stato».

 

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