Jeffrey D. Sachs La Repubblica 10 gennaio 2023
Brasile, Lula uscirà rafforzato. Ora la vera sfida è salvare l’Amazzonia
Nel mondo multipolare in cui siamo entrati, il Brasile sarà centrale nella lotta per l’ambiente e nelle nuove tecnologie
Il Brasile riparte, con l’insediamento del presidente Lula da Silva. I suoi sostenitori in tutto il Paese sono espressione di una nuova speranza per il Brasile dopo quattro anni di governo disastroso sotto il suo predecessore di destra, Jair Bolsonaro, fuggito in Florida alla vigilia dell’insediamento di Lula.
Bolsonaro si è lasciato alle spalle una massa di facinorosi che hanno preso d’assalto le sedi delle istituzioni prima di venire arrestati in gran numero dalla polizia. È una strategia che non fermerà Lula, né avrà impatto a lungo termine negli Stati Uniti, dove manovre del genere da parte di Donald Trump il 6 gennaio 2021, sono state bloccate. In entrambi i casi, politici demagoghi hanno usato i social media per aizzare la folla, che, in entrambi i casi, è stata sedata in giornata.
Il vero problema, a mio avviso, non sono i facinorosi, ma i cambiamenti più profondi che sono fonte di crescenti tensioni in ambito politico ed economico a livello mondiale, cambiamenti che non possono essere fermati da queste masse. La vera sfida che dobbiamo affrontare è comprendere i cambiamenti in atto in modo da poterli gestire per il bene comune. Capire, è questo l’obiettivo dei miei futuri articoli.
Il più grande degli sconvolgimenti ha carattere geopolitico. Non viviamo più in un mondo guidato dagli Stati Uniti, e neppure diviso tra gli Stati Uniti e la rivale Cina. Siamo già entrati in un mondo multipolare, in cui ogni regione ha problemi propri e un proprio ruolo nella politica globale. Nessun Paese e nessuna regione possono più determinare, da soli, il destino degli altri. È uno scenario complesso e tumultuoso, in cui nessun Paese, regione o alleanza è in grado di controllare il resto del mondo.
Uno dei motivi per cui il ritorno di Lula alla presidenza riveste tanta importanza è che il Brasile sarà un attore chiave a livello regionale e globale nei prossimi anni. Lula lavorerà a stretto contatto con i presidenti progressisti come lui in Cile, Colombia, Argentina e altrove in Sudamerica. Nel 2024 la presidenza del G20 andrà al Brasile nell’ambito di un quadriennio in cui saranno le principali economie emergenti a rivestirla (l’Indonesia nel 2022, l’India nel 2023 e il Sudafrica nel 2025).
La gestione di un mondo multipolare è irta di difficoltà. Abbiamo urgente bisogno di intensificare il dialogo con gli altri Paesi e di andare oltre la propaganda semplicistica dei nostri governi. Qui in Occidente siamo bombardati quotidianamente da narrazioni ufficiali ridicole, per lo più provenienti da Washington: la Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci. Queste dabbenaggini, imbastite all’infinito dal Dipartimento di Stato americano, sono di grande ostacolo alla soluzione dei problemi globali. Ci intrappolano in mentalità sbagliate e persino in guerre che non avrebbero mai dovuto verificarsi e che devono essere fermate con i negoziati piuttosto che con l’escalation.
Quando accetteremo la realtà di un mondo multipolare, saremo finalmente in grado di risolvere i problemi che finora ci sono sfuggiti. In primo luogo, capiremo che le alleanze militari come la Nato non danno risposta alle vere sfide che dobbiamo affrontare. Le alleanze militari sono infatti un pericoloso anacronismo, non una vera fonte di sicurezza nazionale o regionale. Dopo tutto, è stato il tentativo degli Stati Uniti di espandere la Nato alla Georgia e all’Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi). Né il bombardamento di Belgrado da parte della Nato nel 1999, né i quindici anni di missione fallita in Afghanistan, né il bombardamento della Libia nel 2011 hanno centrato reali obiettivi.
Neppure la Cina è una grave minaccia come viene dipinta oggi in Occidente. Gli Stati Uniti cercano di dare a intendere che viviamo ancora in un mondo guidato dagli Usa e che la Cina è un pericoloso contendente da bloccare. Ma la realtà è diversa. La Cina è un’antica civiltà di 1,4 miliardi di persone (quasi un individuo su cinque nel mondo è cinese) che punta a sua volta ad alti standard di vita e all’eccellenza tecnologica. Non risolveremo i nostri problemi globali tentando invano di “contenere” la Cina, ma attraverso il commercio, la cooperazione e, sì, anche la concorrenza economica con quel Paese.
Altre grandi sfide globali ci attendono in altri campi: i gravi rischi di catastrofe ambientale, le crescenti disuguaglianze nelle nostre società e l’incalzare di nuove tecnologie in grado di sconvolgere il mondo se non adeguatamente sfruttate e controllate.
Il Brasile è l’epicentro della sfida ambientale. È possibile salvare l’Amazzonia, che costituisce la metà delle foreste pluviali del mondo? Lula è salito al potere promettendo di fare proprio questo. Ha conquistato i voti degli Stati amazzonici del Brasile. A livello globale, l’Europa è all’avanguardia in campo ambientale con il Green Deal europeo. La principale opportunità geopolitica che ha l’Europa è di incoraggiare altre regioni, tra cui l’Unione Africana, la Cina e l’India, ad adottare proprie coraggiose iniziative per la neutralità climatica. Questo compito è molto più importante per l’Europa dell’espansione della Nato, della guerra infinita in Ucraina o del confronto con la Cina.
Il Brasile è anche un epicentro della disuguaglianza, registrandone uno dei livelli più alti al mondo. Tale disuguaglianza è frutto dell’imperialismo europeo, che ha soppresso le popolazioni indigene e ridotto in schiavitù milioni di africani. I loro discendenti continuano a pagarne il prezzo. La giustizia sociale è la missione di Lula e la nostra missione globale, dopo secoli di ingiustizia razziale e sociale.
Il Brasile può essere epicentro di nuove tecnologie, ad esempio un Paese leader nella nuova bioeconomia in cui le meraviglie della biodiversità dell’Amazzonia e del territorio brasiliano non vengano distrutte per aumentare gli allevamenti di bestiame, ma utilizzate per produrre nuovi farmaci salvavita, alimenti ricchi di proprietà nutritive (come l’açaí, ora in pieno boom mondiale) o biocarburanti avanzati per l’aviazione “verde”.
Il cambiamento tecnologico è forse il motore più potente del cambiamento globale. Abbiamo bisogno delle nuove tecnologie per affrontare le crisi del cambiamento climatico e della fame nel mondo.
Tuttavia, le nuove tecnologie digitali producono effetti negativi se utilizzate in modo improprio, come nel caso della mobilitazione delle masse di facinorosi o dei droni killer in Ucraina. Il virus all’origine del Covid-19 potrebbe essere stato frutto di biotecnologie avanzate (ancora non lo sappiamo). Ogni giorno ci confrontiamo con gli sconvolgimenti e le disuguaglianze causati dall’intelligenza artificiale, dalla robotica e dalle rapide mutazioni del mercato del lavoro.
Assistiamo a una sorprendente convergenza di cambiamenti, sconvolgimenti e pericoli globali. Le soluzioni risiedono nella comprensione, nella cooperazione e nella risoluzione dei problemi. Capire meglio la Nuova economia mondiale sarà l’obiettivo di questa rubrica nei prossimi mesi.
Traduzione di Emilia Benghi
Jeffrey D. Sachs, economista e saggista statunitense, comincia con questo articolo la sua collaborazione con “Repubblica”