Benzina e accise, il fantasma dei gilet gialli

Francesco Bei La Repubblica 11 gennaio 2023
Benzina e accise, il fantasma dei gilet gialli
Il governo, dopo la propaganda, ha partorito soltanto un monitoraggio dei prezzi alla pompa


Alla fine la montagna ha partorito un topolino. Un monitoraggio dei prezzi alla pompa, con esposizione del costo medio del carburante. Le accise restano alte. È il populismo che mangia se stesso, una volta raggiunto il potere. È una smentita delle parole d’ordine usate come arma di propaganda in quella campagna elettorale permanente che ha portato un piccolo partito sovranista a conquistare la guida di una grande nazione europea.

Parole come quelle usate da Giorgia Meloni nel 2019 sulle accise e che stanno riaffiorando in superficie in quel giacimento perenne della nostra memoria collettiva che sono diventati i social network. “Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite, perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia”, tuonava allora Meloni in un simpatico sketch alla pompa di benzina, con un funzionario del Fisco che “sequestrava” 35 euro dei 50 che la povera “Giorgia” voleva mettere nel serbatoio della sua Mini. Ma è quando il sovranista lascia il volante della city car per quello di palazzo Chigi che le cose diventano dolorose.

Si scopre che il provvedimento del governo Draghi, preso in un momento drammatico, con la necessità di raffreddare di 30 centesimi al litro il prezzo dei carburanti schizzati in alto per la guerra sporca di Putin, era popolare ma estremamente costoso. Chi dice 800 milioni, chi arriva a un miliardo al mese.

Costoso e magari necessario in quel frangente storico. Ma insostenibile nel lungo periodo per un Paese indebitato come il nostro e forse non così giusto se prolungato erga omnes, a favore di ricchi e poveri. Il problema è che su quella propaganda Fratelli d’Italia ha costruito parte del suo consenso e la retromarcia odierna sgretola uno dei capisaldi della narrazione della destra, quella del governo del popolo per il popolo. I paragoni storici sono sempre rischiosi, ma non sono passati molti anni da quando in Francia si alzò un’onda di mobilitazione antigovernativa proprio sulla questione del rialzo del prezzo del carburante.

Quei Gilet Gialli anti-elite, anti-Macron e anti-establishment urlarono la loro rabbia e bloccarono le strade di tutta la Francia per un aumento del carburante che oggi fa sorridere: appena 2,9 centesimi la benzina e 6 centesimi e mezzo per il “proletario” diesel. Cosa avrebbero fatto quei “patrioti” della Francia profonda, coccolati allora da Le Pen e Melenchon di fronte a un balzo dei prezzi da 25 centesimi e oltre come quelli che stiamo registrando in Italia in questi giorni? Le misure discusse ieri in Consiglio dei ministri per contrastare il caro carburanti sono dunque una dichiarazione di resa.

Benissimo invogliare la concorrenza mostrando il prezzo medio giornaliero e vigilare sui prezzi pazzi delle benzine in autostrada, eppure queste norme minime suonano come un’ammissione di impotenza di un governo che sa di non avere spazi fiscali per fare di più.

E qui si innesta la partita politica che si sta giocando in queste ore dentro la maggioranza. Perché Salvini, pur sapendo che il governo aveva margini di manovra inesistenti sulla riduzione delle accise, ha comunque alzato la bandiera dei consumatori vessati. Ha giocato il ruolo dell’opposizione interna a Meloni a costo zero.

Non ha ottenuto il provvedimento desiderato, ma può sempre dire di essersi battuto contro l’austerity di Meloni. La benzina resta cara, tuttavia il prezzo politico della mancata azione stavolta lo paga Fratelli d’Italia e non la Lega, nonostante sia stato il ministro dell’Economia Giorgetti a interpretare la linea del rigore.

È la prima volta, in questi tre mesi di governo, che Meloni si trova ad accarezzare contropelo il suo elettorato su un tema davvero sensibile. Non parliamo infatti della marcia indietro sul Mes, che forse molti elettori non hanno nemmeno capito bene cosa sia.

Il mancato intervento sulle accise, segnalano sondaggisti come Alessandra Ghisleri e Lorenzo Pregliasco, tocca invece i cittadini-consumatori da vicino, impatta sulle loro vite quotidiane in maniera evidente e tangibile. Non si discute di una vaga e lontana architettura europea, ma del portafoglio di chi la mattina è costretto a usare l’auto per recarsi al lavoro per mancanza di alternative.

Si capisce l’angoscia che in queste ore corre tra i responsabili del governo e che dovrebbe oggi portare Meloni, così dicono, a un’offensiva social per controbattere a chi la critica per l’incoerenza sulle accise. Perché la presidente del Consiglio si ispirerà pure ai Conservatori inglesi, ma è ancora lontana dalla schietta sincerità di Churchill che preferiva “mille volte avere ragione che essere coerente”.

 

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