Berlusconi: “Il primo errore di Giorgia”. La premier furiosa lancia l’offensiva in tv

Federico Capurso, Francesco Olivo La Stampa 13 gennaio 2023
Berlusconi: “Il primo errore di Giorgia”. La premier furiosa lancia l’offensiva in tv
L’ironia amara della presidente del Consiglio sugli alleati accusati di cercare rivincite: «Sono peggio di Fratoianni». Vertice con il direttore del Mes in missione a Roma per la ratifica: la Lega è pronta allo scontro con Fratelli d’Italia

 

Nella sua giornata peggiore a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni si ritrova da sola. Ha un consenso forte, ma in tempi mutevoli e nevrotici, basta un niente per far cambiare il vento. L’ondata di malcontento scatenata dagli aumenti, veri, percepiti o gonfiati che siano, rischia di interrompere, o per lo meno di macchiare, una luna di miele finora tutto sommato serena.

Lo sconto alle accise per ora non torna, al di là di quello che Giancarlo Giorgetti aveva ventilato, ma occorre spiegarlo anche ai telespettatori dell’ora di punta. Poi ci sono gli alleati che attaccano. Silvio Berlusconi non vuole guerre, ma fa una considerazione che ha un suo peso: «Quello sulla benzina è il primo errore della signora Meloni». Poi c’è Matteo Salvini che, occupato com’è dai cantieri del suo ministero, non spende una parola per difendere la leader in difficoltà. Il Carroccio poi aspetta al varco i Fratelli d’Italia, l’appuntamento è per la ratifica del Mes, il fondo salva Stati che nessuno vuole utilizzare, ma che andrà presto approvato dal Parlamento.

La premier sa riconoscere i segnali e sono negativi: «Sono peggio di Fratoianni», dice privatamente degli alleati, con ironia amara. Le tv del Cavaliere non fanno che mandare in onda servizi con automobilisti inferociti. È il caso di intervenire subito, ammesso che non sia troppo tardi, prima di essere travolta (in termini di consenso) da una misura che la premier continua a ritenere giusta. Serve una controffensiva.

Sin dalle prime ore del mattino i fedelissimi mandano alle agenzie dichiarazioni per giustificare le scelte dolorose del governo. Non basta, però, come non è bastato il video postato sui social mercoledì, e oggetto di critiche anche di molti fan, per le incoerenze rispetto alle promesse elettorali. Così, nel pomeriggio Meloni decide di concedere due interviste alle edizioni delle 20 dei tg di Rai e Mediaset. L’esigenza di dover spiegare, ancora una volta, la ragione per cui lo sconto deciso da Mario Draghi non sia stato rinnovato, è giustificata dalle prime rilevazioni nell’opinione pubblica.
C’è un’altra insidia poi: lo sciopero minacciato dai benzinai. Oggi le categorie saranno a Palazzo Chigi per scongiurare quello che un dirigente di Forza Italia definisce «il primo sciopero della storia indetto su una norma che nessuno ha capito», ovvero la cosiddetta operazione trasparenza che obbligherebbe i gestori a esporre cartelli con i prezzi medi del carburante. Una trovata che il responsabile Energia di Forza Italia, Luca Squeri, in un’intervista a La Stampa, ha definito «populista».

Da Arcore si fanno diverse critiche alla gestione di questa prima piccola crisi. L’aumento così repentino dei prezzi poteva essere evitato, ragionano i berlusconiani, magari rendendolo più graduale di quanto è stato fatto o con una misura specifica nella manovra, quando era chiaro che il calo del prezzo del petrolio, previsto da Giorgetti, non sarebbe stato così consistente. «Un errore», ripetono gli azzurri, che si sono scagliati contro chi, anche da Palazzo Chigi, aveva addossato la colpa degli aumenti a una fantomatica speculazione.

In Fratelli d’Italia c’è molto nervosismo per l’atteggiamento di Lega e Forza Italia. Questa fase, si ragiona in via della Scrofa, andava gestita insieme, mentre è stata l’occasione per una sorta di rivincita contro gli alleati più forti. Una dinamica che dopo le Regionali, in caso di successo delle liste di FdI a danno del resto della coalizione, potrebbe diventare ancora più evidente. Meloni ha convocato per lunedì i vertici del suo partito per trovare una linea per i prossimi mesi. Mentre sul fronte della comunicazione la premier ha pensato di imbarcare nella sua squadra il giornalista Daniele Capezzone, che però sarebbe contrario da accettare. l’offerta.

Altre inquietudini arrivano dalla questione del Mes, il Fondo salva Stati, che praticamente solo l’Italia non ha ratificato. È un passaggio formale con un suo peso politico. Meloni ha fatto capire nei giorni scorsi che il Parlamento darà il via libera. Ma intanto si prende tempo. Ieri la premier ha incontrato, alla presenza di Giorgetti il direttore del Fondo, Pierre Gramegna. L’obiettivo era ascoltare i dubbi della presidente del Consiglio, ricordando però l’impegno che l’Italia ha preso, assieme a tutti i partner dell’Eurozona, di approvare la riforma pensata per rendere più semplice il funzionamento dell’ex fondo salva-Stati. Nel comunicato di Palazzo Chigi non si fa riferimento alla ratifica. Quel passaggio prima o poi però dovrà avvenire. Ed è proprio a quel varco che la Lega aspetta Meloni. Per il Carroccio la lotta al Fondo salva Stati è una bandiera identitaria. E il terreno su cui aprire un nuovo fronte interno alla maggioranza.

 

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