La sfida di Cospito: “Pronto a morire in cella, il corpo è la mia arma”

Francesco Bei La Repubblica 13 gennaio 2023
La sfida di Cospito: “Pronto a morire in cella, il corpo è la mia arma”
L’anarchico è in sciopero della fame da 86 giorni contro il 41 bis: “No al carcere duro, vado avanti anche se sarà la mia ultima battaglia”

Alfredo Cospito è un duro. La sua carriera militare (e criminale) parla per lui. Ha gambizzato un dirigente di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, attentato per cui ha già scontato dieci anni in carcere ed è stato condannato per strage per due bombe piazzate nel 2006 davanti alla Scuola carabinieri di Fossano, anche se in quell’occasione, fortunatamente, non ci furono vittime ma solo danni materiali. Da 86 giorni l’uomo, che i giudici considerano il leader della galassia anarchica italiana, è in sciopero della fame contro il regime del 41 bis. Una misura di segregazione estrema, concepita dallo Stato per combattere la mafia, per spezzare i legami tra i boss reclusi e i loro clan, che viene per la prima volta applicata a un anarchico. Cospito è un duro, dicevamo, è così si presenta subito alla delegazione del Pd che è andata a trovarlo ieri nel carcere di Bancali, a Sassari.

L’ultima battaglia

“Non dico niente, non parlo con voi se prima non parlate anche con gli altri detenuti”, questo il benvenuto ai parlamentari dem Debora Serracchiani, Andrea Orlando, Silvio Lai e Walter Verini, volati in Sardegna per verificarne le condizioni di salute. Gli altri tre detenuti, con cui Cospito divide la sezione di massima sicurezza, sono due mafiosi e un camorrista. Carcerati che hanno alle spalle chi 30, chi 20, chi 15 anni di questa “non vita”, fatta di limitazioni severe ai rapporti con gli altri “ospiti” della struttura, regole stringenti per i colloqui, l’ora d’aria, le letture, persino divieti alla televisione.

La porta della cella non si apre nemmeno per la visita di controllo dei parlamentari, che dialogano con il detenuto attraverso lo spioncino. Cospito appare smagrito, ha già perso 35 chili da quando ha iniziato la sua lotta contro l’ergastolo ostativo e il 41 bis, un regime a cui è sottoposto dal maggio dello scorso anno. È ancora un omone da un metro e 90 per 85 chili, ma i medici che lo seguono iniziano a riscontrare alterazioni nelle analisi del sangue. “Io so che se non risolvono questo problema morirò. Sarà la mia ultima battaglia – sussurra dalla cella, alzandosi dal letto con una tuta e uno zuccotto di lana in testa – ma andrò comunque fino in fondo. Ho solo questa arma, ho solo il mio corpo”.

Lo Stato nemico

Cospito combatte dal carcere e non rinnega nulla, non si pente e non si arrende. Anzi, conferma la sua sfida alle Istituzioni: “Io sono un sovversivo, sono sempre stato un ribelle, fin da quando ho rifiutato la naja. Non ho mai accettato di servire lo Stato”. Cospito considera lo Stato italiano un nemico da abbattere, ma può lo Stato italiano considerarlo alla stessa stregua? Il tema, dunque, non è la legittimità della condanna, ma il confine di una detenzione che, scontata in questo modo, rischia di vanificare i principi costituzionali sulla pena e sul carcere. L’anarchico al momento è tagliato fuori da tutto, perché i giudici sospettano che dal carcere possa dirigere ancora la federazione anarchica che guarda a lui come a un leader.

Una valutazione che il detenuto contesta radicalmente: “Io sono un anarchico, per definizione l’anarchia non ha una struttura formale, non ho reti cui impartire ordini. Noi combattiamo lo Stato ma non ci sono legami di questo tipo, per questo non merito il 41 bis”. Cospito va anche oltre, trasforma la sua richiesta in un’istanza generale di ridefinizione del sistema di sorveglianza, “perché il 41 bis è disumano, andrebbe tolto a tutti, anche ai mafiosi”. Un solo esempio, anche piccolo, fa capire l’assurdità della misura vista con gli occhi di chi la subisce: “Non mi permettono di leggere i libri che chiedo ma solo quelli acquistabili nel supermercato qui vicino. Mi vietano i quotidiani nazionali, persino certi canali della televisione. Che senso ha?”.

L’ergastolo per strage

Cospito spera che intorno al suo caso si apra una discussione più grande di quella che riguarda il suo caso singolo. E così si rivolge a quelli che considera i rappresentanti dello Stato che vorrebbe abbattere: “Questi sono problemi che voi della politica dovete risolvere. Io sono costretto a usare lo sciopero della fame per farmi sentire, perché è l’unico mezzo che mi è consentito”. Il suo caso giudiziario è ancora aperto.

La Cassazione ha riqualificato il reato in “strage ai danni dello Stato” e ha rinviato gli atti alla corte d’appello di Torino, che deve rideterminare la pena: per lui l’accusa ha chiesto l’ergastolo. A sua volta, la corte d’Assise d’appello ha chiamato in causa la Corte costituzionale, che dovrò decidere sulla possibilità di concedere le attenuanti per “tenuità del fatto” a Cospito e alla sua complice Anna Beniamino. Ma sono decisioni senza una scadenza temporale, nel frattempo le condizioni di salute del detenuto potrebbero precipitare improvvisamente. A meno che il ministro Nordio, a cui è stato anche rivolto un appello firmato da decine di intellettuali e politici, da Massimo Cacciari a Gherardo Colombo, non decida autonomamente di revocare il 41 bis. “Io ancora reggo – dice Cospito prima di ributtarsi sul materasso – ma se continuo così so che tra poco non avrò più la forza per alzarmi da questo letto”.

 

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