Marco Galluzzo Corriere della Sera 14 gennaio 2023
Meloni, la prima vera prova vinta dalla leader è anche un messaggio per gli alleati
La premier ai suoi: per me siamo tutti uguali, però…
A Palazzo Chigi, dopo una settimana di fibrillazioni, incomprensioni, persino stracci volati fra gli esponenti di FdI e gli alleati azzurri e leghisti, la mettono in questo modo: «Giorgia Meloni ha sempre detto una cosa, io sono leale e mi aspetto lealtà anche dagli altri, non ho mai usato il bilancino per governare e non comincerò ora a farlo, per me siamo tutti uguali, però…».
Il «però» è l’inizio di un’avversativa che nessuno in questo momento vuole prendere in considerazione. Nemmeno la presidente del Consiglio. Poco male se l’azzurro Giorgio Mulè l’ha definita «logorroica», poco male anche se Francesco Lollobrigida, del primo cerchio fra i ministri meloniani, non le ha mandate a dire, e sempre sul Foglio ha giudicato «illogiche» le uscite di Forza Italia sul caro carburanti, dichiarazioni che lo hanno fatto infuriare. Magari un pizzico si è infuriata anche la presidente del Consiglio, ma i suoi più stretti collaboratori alla fine fanno spallucce su tutta la vicenda.
Il caro benzina è stato il primo vero incidente del governo? È stato l’esempio di una piccola guerra di logoramento condotta dalla Lega e da una frangia di Forza Italia contro Giorgia Meloni? «Benissimo — rispondono — ma stiamo parlando di una dinamica miope, significa perdere consensi e non guadagnarli. Oggi i nostri elettori non vogliono vedere divisioni ma solo buon governo, e sanno benissimo fare due più due».
Insomma ci sarà anche la soddisfazione per uno sciopero sventato, ma al fondo c’è un’analisi politica che fa leva sulla forza elettorale di Meloni e sulla debolezza degli altri due leader di maggioranza. Non usa giri di parole un esponente del gabinetto della presidente del Consiglio: «Parliamoci chiaro, Salvini e Berlusconi sono due leader al capolinea e hanno di fronte un presidente del Consiglio che non accetta compromessi, che ha dettato le regole di ingaggio sin dai primi giorni della formazione del governo, tutto il resto è noia. Quello che abbiamo visto in questi giorni si chiama chiacchiericcio, magari pre elettorale, ma anche autolesionistico, visto che in Lombardia doppieremo la Lega e nel Lazio Forza Italia è data al 4%. Certo se un tentativo di logoramento, velleitario, si trasformasse in atto parlamentare sarebbe un’altra cosa, ma non succederà, non conviene a nessuno».
Eccolo dunque il «però» che avevamo lasciato in asso: Meloni può anche tollerare alcune fibrillazioni, fanno parte del gioco, ma sino a quando restano nel perimetro della propaganda politica e non compromettono l’azione dell’esecutivo. Una fonte di governo aggiunge altre considerazioni: «Alla Meloni non c’è alternativa e con un centrosinistra che è in una situazione disperata alla Lega e Forza Italia conviene solo lavorare in modo corretto nell’interesse del Paese, solo così possono arrestare un declino che viceversa finiranno con l’accentuare, facendosi del male da soli. C’è una parte del partito azzurro ancora avvelenata per la formazione del governo, per le richieste non esaudite, è comprensibile.
Così come anche l’arrabbiatura di Salvini, ma non credo che ci siano alternative, hanno avuto anche molto più di quanto pesano nelle urne». E qui si ritorna alla questione del bilancino: «Se vali poco conti poco è una logica che non appartiene al mio modo di pensare — è il ragionamento privato fatte tante volte dal capo del governo — l’azione di buon governo è collettiva e il risultato è di tutti». Ma questo, appunto, sino a un certo punto, ad un certo livello, che è quello degli atti formali. Quel livello non è stato superato.